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    Elezioni, necessarie almeno 36mila firme per le liste. C'è tempo fino al 20 agosto

    Almeno 36mila firme. E’ la soglia che consente di poter presentare le liste dei candidati e partecipare alle elezioni politiche; un numero che non vale però per tutti. A stabilirlo sono le norme che regolano le procedure elettorali e che sono state riviste alla luce della modifica costituzionale che ha ridotto il numero dei Parlamentari, portandolo a 600 e costringendo ad una revisione dei collegi elettorali.    Prima del deposito delle liste ci sarà però quello dei contrassegni elettoriali, che avverrà  dal 12 al 14 agosto al Viminale.

    Elezioni, le regole per il deposito dei simboli al Viminale

    La finestra per la presentazione delle liste con le candidature si aprirà tra le 8 del 20 agosto e le 20 del 21 agosto, presso le cancellerie delle Corti di appello. La legge – il Decreto del presidente della Repubblica 361 del 20 marzo 1957 – stabilisce però che prima di arrivare alla consegna dell’elenco dei candidati, i partiti devono raccogliere le firme da presentare insieme ai documenti per le liste. Una corsa contro il tempo, alla luce del fatto che tutto deve esser completato in pochi giorni. E il “quantum” delle firme è legato al numero di collegi plurinominali definiti nella legge elettorale e diminuiti dopo i tagli del numero dei parlamentari.    Prima del 2020 servivano, sia ad un partito che ad una coalizione, per i 63 collegi plurinominali alla Camera e per i 33 del Senato “almeno 1500 e non più di 2000″ sottoscrizioni da parte di elettori iscritti nelle liste elettorali di comuni compresi nel medesimo collegio plurinominale o, in caso di collegio plurinominale compreso in un unico comune, iscritti nelle sezioni elettorali di tale collegio plurinominale”. Dopo il voto referendario i collegi plurinominali per la Camera sono scesi a 49 e quelli per il Senato a 26.    Per potersi presentare su tutto il territorio nazionale servirebbero, quindi, circa 73.500 firme. La legge dice però che “in caso di scioglimento della Camera dei deputati che ne anticipi la scadenza di oltre centoventi giorni, il numero delle sottoscrizioni è ridotto alla metà”, dunque 750 firme per ogni collegio plurinominale. E’ necessario dunque raccogliere complessivamente 56.250 firme (36.750 per la Camera e 19.500 per il Senato); ma visto che chi firma per la Camera firma anche per il Senato, la soglia è di 36.750 persone che firmino le liste.    Sottoscrizioni che devono essere autenticate da funzionari pubblici o notai e avvocati.    Nel decreto Elezioni, varato dal Governo il 5 maggio scorso, sono previste delle esenzioni: l’articolo 6 bis del provvedimento stabilisce che possono presentare le liste senza raccogliere le firme “i partiti o gruppi politici costituiti in gruppo parlamentare in almeno una delle due Camere al 31 dicembre 2021”, dunque Pd, Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia, M5s, Liberi e Uguali, Italia Viva e Coraggio Italia.
    Un esonero che riguarda anche chi ha “presentato candidature con proprio contrassegno alle ultime elezioni della Camera dei deputati o alle ultime elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia in almeno due terzi delle circoscrizioni e abbiano ottenuto almeno un seggio assegnato in ragione proporzionale o abbiano concorso alla determinazione della cifra elettorale nazionale di coalizione avendo conseguito, sul piano nazionale, un numero di voti validi superiore all’1 per cento del totale”. E’ il caso, ad esempio, di +Europa.    

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    Elezioni: Salvini, a sinistra caos e tutti contro tutti

    “A sinistra caos e tutti contro tutti! Avanti compatti, Lega e Centrodestra, con il bene dell’Italia come unico obiettivo. Il 25 settembre si cambia!”. Lo dice il leader della Lega Matteo Salvini dopo le ultime parole di Carlo Calenda. Sopra la foto di Enrico Letta e Carlo Calenda di qualche giorno fa, mentre firmano il patto. E sotto le facce sorridenti di Stanlio e Olio. E’ la foto postata su twitter dal leader della Lega, Matteo Salvini.

    Elezioni: Salvini, a sinistra caos e tutti contro tutti

    “Nuovo colpo di scena nella telenovela del centrosinistra. Calenda ci ha ripensato e non si sposa più con Letta, forse scappa con Renzi. Letta mollato sull’altare pensa ora al suo vecchio amore, mai dimenticato, Conte. Il gran finale di stagione tra 7 giorni, quando scadrà il termine per la presentazione delle alleanze. Nel frattempo, nel mondo reale famiglie e imprese lottano contro crisi economica e caro vita”. Lo scrive su Fb, Giorgia Meloni.
      “Sembra di stare a Scherzi a parte. L’alleanza di sinistra va ancora una volta in frantumi. Litigano su tutto e non sono in grado di fare una proposta agli italiani. Unica cosa certa: vogliono aumentare le tasse”. Lo scrive su Twitter il coordinatore nazionale di Forza Italia, Antonio Tajani.

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    Appendino: “Mi metto a disposizione del M5s candidandomi”

    “Sono qui per dirvi che ho deciso di mettermi a disposizione della comunità del Movimento 5 Stelle e del progetto di Giuseppe Conte, candidandomi alle prossime elezioni politiche”. Così Chiara Appendino, ex sindaca di Torino, in un post sui social.
    “Il Movimento – aggiunge – è la mia casa politica e sono orgogliosa di farne parte. E quando sei parte di qualcosa devi avere il coraggio di metterti in gioco, anche nei momenti più difficili. Giustizia sociale, crisi economica e ambientale, diritti e donne, lavoro, giovani e precariato – prosegue – sono i temi principali per i quali continuerò a battermi insieme al Movimento. Con la forza dell’unico schieramento politico libero di portare avanti queste battaglie senza compromessi al ribasso”.

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    Migranti. Meloni: “Fermare i barconi è l'unica strada”

    “Fermare le partenze dei barconi, in accordo con le autorità nordafricane, è l’unica strada per ripristinare il rispetto delle regole e fermare le morti in mare. Siamo pronti a difendere i confini dell’Italia e dell’Europa”. Lo afferma la leader di Fdi, Giorgia Meloni su Twitter.
    Di migranti oggi parla anche, nella Lega, il governatore del Veneto Luca Zaia. “Si deve partire dai decreti sicurezza, poi Lampedusa è la porta d’Europa:l’Italia non si può far carico da sola di un problema europeo”, dice Zaia a “Mezz’ora in più”, su Rai 3.
    Il governatore sottolinea poi “il tema della regolarizzazione dei migranti, penso al lavoro. In Veneto i migranti si sono completamente integrati, poi serve il rigore del rispetto della legge, in modo da dividere la parte buona da chi si comporta male. Dobbiamo uscire dallo schema ideologico”.
    Sulla premiership, “Meloni la conosco, siamo stati colleghi ministri. Lei segue il suo partito, anzi lo ha fondato, e noi siamo la Lega, siamo un’altra cosa. Per noi l’autonomia non è un di cui. Dobbiamo vincere le elezioni e poi capiremo chi farà il premier”, sottolinea Zaia.

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    I concorrenti del Grande fratello a Gerusalemme nel bunker per i razzi da Gaza

    I razzi lanciati questa mattina dalla Jihad islamica da Gaza verso l’area metropolitana di Gerusalemme hanno costretto anche i concorrenti del Grande fratello locale a correre nel rifugio.
    Ignari – come vuole la regola del contest – della situazione al di fuori della casa e dell’avvio dell’operazione “Breaking dawn” da parte dell’esercito, i concorrenti, hanno fatto sapere i media, sono stati riportati bruscamente alla realtà dalla decisione del programma che, al risuonare delle sirene di allarme nella zona, li ha inviati nel bunker in dotazione alla casa stessa.
    Il luogo dove si svolge la competizione si trova a Neve Ilan, nei sobborghi di Gerusalemme, dove sono scattate le sirene di allarme per i razzi lanciati da Gaza e poi intercettati dall’Iron Dome. La direzione del programma – trasmesso su Reshet 13 – ha ora stabilito di informare i concorrenti della situazione in atto con Gaza.

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    Ecco il Rosatellum, la legge che spinge alle alleanze

    Nessuno lo voleva, ma alla fine si andrà al voto col Rosatellum. La convinzione che la legge elettorale fosse da cambiare era piuttosto diffusa nei diversi schieramenti politici. C’è ancora il ricordo del 2018, di quei lunghi 80 giorni necessari a far nascere una maggioranza, perché le urne non consegnarono una vittoria netta a nessuno.
    Nacque il governo gialloverde, frutto di un accordo fra Lega e Cinque Stelle, che dovettero ricorrere a un contratto scritto: più che un documento programmatico, un vero e proprio ‘atto notarile’ con l’indicazione dei precisi impegni firmati dalle parti. Senza considerare che la legislatura è finita con un voto anticipato dopo altri due governi sostenuti da due maggioranze diverse. La caduta precipitosa dell’esecutivo Draghi ha spento le iniziative di modifica della Legge elettorale. C’era anche una proposta di tipo proporzionale in commissione e, per la verità, non sembrava avviata al successo sicuro.
    Resta quindi il Rosatellum: 3/8 dei seggi di Camera e Senato assegnati in collegi uninominali e i restanti con metodo proporzionale. Il peso politico della legge è spostato soprattutto sulla parte maggioritaria. Col taglio dei parlamentari, la norma prevede che 147 dei 400 seggi della Camera e 74 dei 200 del Senato vengano assegnati negli uninominali. In quelli, quindi, vince chi prende un voto in più.    Per questo c’è un obbligo – o almeno una forte spinta – alle alleanze, alla luce del ragionamento che più ampia è la coalizione e maggiore è la possibilità di vincere il seggio.    Discorso diverso è per la restante quota proporzionale, dove ogni forza peserà il proprio consenso. Per quel che riguarda la porzione dei seggi che verrà assegnata con l’uninominale, secondo alcune proiezioni precedenti lo strappo di Lega, Fi e M5s dal governo Draghi, il centrodestra sarebbe stato nettamente favorito: con il 45% dei consensi, avrebbe raggiunto tra il 62 e il 66% dei seggi. E’ anche in questa ottica che rientrava la strategia di Enrico Letta di creare un campo largo, che tenesse insieme quante più forze possibili fra quelle che si oppongono all’alleanza fra Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi. Il Pd mirava a un patto che andasse dagli ex Leu a Renzi e Calenda. La caduta del governo ha rimesso in discussione tutto. Il centrodestra fa la sua corsa unitaria. La lite, semmai, è su chi guiderebbe il governo dopo la vittoria, ma è questione che nulla ha a che fare con questa Legge elettorale.    Il centrosinistra sta cercando di ricomporre le nuove alleanze: la frattura fra Pd e M5s sembra insanabile. Ma i giochi sono ancora da chiudere. C’è tempo fino alla metà di agosto, quando dovranno essere presentati i simboli. E le pieghe della legge offrono sempre qualche via di fuga.    

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    Lega: 'Con dl sicurezza già azzerati gli sbarchi'

    Fa discutere anche nel centrodestra la proposta dello strumento del blocco navale per fermare gli sbarchi ipotizzato dal leader di FdI Giorgia Meloni. “Noi al governo abbiamo già azzerato gli sbarchi e dimezzato i morti coi decreti sicurezza, che fra due mesi riproporremo identici. Possiamo quindi vantare risultati concreti, riconosciutici in tutta Europa, e ogni suggerimento degli alleati sarà per noi prezioso”. Così fonti Lega a commento dell’ipotesi mentre Meloni sottolinea su facebook: ‘Il blocco navale europeo in accordo con le autorità del nord Africa che da anni propone Fratelli d’Italia altro non è che l’attuazione di quanto proposto dall’Unione Europea già nel 2017 e ribadito numerose altre volte. Chi oggi blatera che ‘il Blocco navale non si può fare perché è un atto di guerra’ dimostra la sua totale ignoranza sul tema immigrazione”. E ricorda il titolo scelto dall’Unità il 26 gennaio 2017 per sintetizzare le proposte della Commissione europea per fermare i flussi migratori: ‘UE: Blocco navale in Libia contro le morti in mare’.

    Elezioni, Berlusconi: ‘Con noi al governo flat tax per tutti al 23%’

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    Panzironi fonda partito, parte la raccolta di firme

    Il discusso giornalista Adriano Panzironi, autore di un regime alimentare promosso in tv, composto anche da integratori venduti da una sua stessa società, e che promette di far vivere fino a 120 anni oltre che di curare diverse patologie. scende in politica e fonda un partito. Si chiama “Per Rivoluzione Sanitaria” ed è stato costituito oggi, nello studio romano del notaio Enzo Becchetti. “Dobbiamo essere promotori di una rivoluzione che decapiti letteralmente l’attuale dirigenza sanitaria, per sostituirla con persone finalmente capaci e coscienziose” ha detto, in una nota, Panzironi che attende “il suo primo banco di prova alle elezioni del 25 settembre prossimo”. Intanto, come annuncia lui stesso, si è già attivato per la raccolta delle firme a sostegno delle liste dei candidati, che scatterà il 10 agosto.    Il simbolo del partito di Panzironi è destinato a far discutere: un cerchio tricolore, sormontato dal nome del leader e con, al centro, una ghigliottina, la lama affilata pronta ad abbattersi sui “condannati”. E, sulla parte bassa del cerchio, il claim “Per Rivoluzione Sanitaria”. La ghigliottina secondo Adriano Panzironi “vuole evidenziare che non vi può essere rivoluzione e quindi vero cambiamento con le mezze misure, i compromessi e i pannicelli caldi: così come accadde con quella francese del 1789, “Per Rivoluzione Sanitaria” farà cadere molte “teste”, per permettere la crescita democratica delle istituzioni pubbliche dell’Italia attraverso l’applicazione di quello che, finora e a causa della classe politica, è rimasto lettera morta, ovvero l’articolo 32 della Costituzione italiana”.