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    Pnrr, guerra, manovra: i dossier per il nuovo governo

    Dalle scadenze del Pnrr alla guerra in Ucraina, dall’emergenza energetica fino alla prossima legge di bilancio. Il nuovo governo, appena insediato, avrà davanti diversi fronti caldi, tanto a livello economico quanto in politica estera. Una delle prime incombenze sarà la manovra, la legge che dà l’indirizzo all’azione dell’esecutivo. A dare il via libera alla nota di aggiornamento del Def, invece, ci penserà ancora il Cdm presieduto da Mario Draghi.
    Il premier uscente sarà impegnato fino all’ultimo giorno utile su tutti i dossier ancora aperti. A partire dalle riforme utili ad incassare tutti i fondi del piano di ripresa e resilienza. L’obiettivo è realizzare nei prossimi due mesi oltre il 50% dei target in scadenza a fine anno. Se questa tabella di marcia sarà rispettata, nei mesi di novembre e dicembre dovranno essere centrati i restanti 26 traguardi in scadenza: i 55 complessivi saranno poi verificati con la Commissione europea.
    In ballo c’è la terza tranche (la seconda ha incassato il via libera informale la scorsa settimana) da 21,8 miliardi. In questo contesto il successore di Draghi dovrà completare l’attuazione della legge sulla concorrenza (con il nodo dei balneari), che è uno degli obiettivi del Pnrr per fine 2022.
    Se il via libera alla Nadef potrebbe arrivare la prossima settimana (è previsto solo il quadro tendenziale), la legge di bilancio dovrà essere approvata entro fine anno, con presentazione alle Camere prevista entro il 20 ottobre. Il nuovo esecutivo dovrà occuparsi anche delle pensioni, altrimenti da gennaio scatterà la Fornero. Di certo, Draghi ha già messo in allerta i suoi ministri, invitandoli a preparare un ordinato passaggio di consegne, per “fornire al nuovo governo un quadro organico delle attività in corso, degli adempimenti e delle scadenze ravvicinate”, per agevolare un “pronto esercizio delle proprie funzioni”. L’attività è in corso sotto il coordinamento del sottosegretario Roberto Garofoli.
    Sul fronte internazionale, il primo grande impegno del prossimo premier potrebbe essere il G20 di metà novembre, a Bali. In linea più generale, il governo dovrà coordinarsi con gli alleati europei e della Nato per l’approccio alla guerra tra Russia e Ucraina, che rischia una nuova escalation. Da parte sua, l’esecutivo uscente, dopo il voto di domenica, si appresterebbe a firmare il quinto decreto per l’invio di armi in Kiev. L’altro nodo (che l’Ue potrebbe cominciare a sciogliere nel prossimo consiglio straordinario del 30 settembre) è una risposta comune all’emergenza energetica, con le ipotesi di un tetto comune al prezzo del gas e del disaccoppiamento del prezzo dell’elettricità. Al piano comunitario, l’Italia dovrebbe continuare ad abbinare misure proprie, in termini di aiuti e sgravi fiscali: è probabile che siano all’attenzione di una delle prime riunioni del neonato Consiglio dei ministri, di qualsiasi colore esso sia. Che dovrà decidere anche se procedere ad uno scostamento di bilancio e di quale entità. Sempre al capitolo Bruxelles attiene la prossima trattativa sulla politica fiscale e, quindi, sul patto di stabilità.
    Tra i dossier economici che passeranno sui tavoli del nuovo presidente del Consiglio e del prossimo ministro dell’Economia ci sono Mps e, soprattutto, Ita Airways. Arriverà dopo le elezioni (e con ogni probabilità se ne occuperà il nuovo premier) anche la nomina del nuovo amministratore delegato della Fondazione Milano-Cortina 2026. Il futuro titolare della Salute, in sinergia con Palazzo Chigi, dovrà prendere in consegna anche la gestione della pandemia (con l’impatto delle scuole aperte ancora tutto da valutare) e del prosieguo della campagna vaccinale.

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    I paletti di Mattarella, garanzia di ancoraggio a Ue

    Sergio Mattarella ha già piantato alcuni paletti che i partiti conoscono e che delimitano confini da non superare. E lo ha fatto con gli atti, nella sua precedente gestione della formazione di ben quattro governi, e con le parole che hanno disegnato senza soluzione di continuità una linea di politica estera ed economica invalicabile per chiunque. Un ancoraggio atlantista ed europeo.
    Il presidente della Repubblica ora attende silente di entrare in scena. E lo farà ma non prestissimo – i tempi tecnici per l’elezione dei presidenti delle Camere e dei gruppi parlamentari ci portano orientativamente almeno alla metà di ottobre – attraverso l’analisi del risultato del voto, avendo sempre come faro delle sue scelte l’effettiva possibilità di trovare una maggioranza che possa governare il Paese, se non fino a fine legislatura (opzione statisticamente improbabile in Italia) almeno per un lasso di tempo ragionevole ad affrontare la crisi Ucraina e l’emergenza economica.
    Che poi in Italia si tenda ad affidare al Quirinale poteri esoterici è cosa nota, ma il capo dello Stato segue in realtà regole e consuetudini lineari che si poggiano in primis sui numeri. E’ ovvio che se dalle urne uscirà una maggioranza chiara e coesa, per esempio quella di centrodestra, il lavoro del presidente si ridurrà ad un giro di consultazioni preliminare e ad un incarico veloce al leader che verrà indicato dalla coalizione stessa, e quindi presumibilmente a Giorgia Meloni, data saldamente in testa dagli ultimi sondaggi noti.
    Più complesso sarà il lavoro del Quirinale in caso di risultato equilibrato o con la possibilità – che non si può escludere – di una maggioranza chiara in una sola Camera. In questo caso il presidente della Repubblica potrebbe aver bisogno di dilatare i tempi per la composizione del quadro politico e potrebbe affidare un mandato esplorativo a una personalità di sua scelta. La scorsa legislatura ci vollero tre mesi per produrre una soluzione che si materializzò alla fine nel famoso governo giallo-verde, un matrimonio inaspettato tra M5s e Lega.
    Ma il tutto accadde prima dell’estate del 2018 e il Paese aveva un certo respiro per elaborare la novità. Questa volta il voto a settembre porta, a causa delle scadenze tecniche, la possibilità di avere un governo, seppur si realizzasse in tempi velocissimi, ragionevolmente non prima di novembre. Una data che già metterebbe pericolosamente a rischio la possibilità di preparare e votare la manovra economica entro i termini di legge, cioè entro la fine dell’anno. E l’esercizio provvisorio non può che preoccupare Sergio Mattarella.
    Ma conoscendo l’uomo, ormai alla guida del Colle da quasi otto anni, in molti fanno sapere che rispetto alla formazione frettolosa di un governo è meglio fare le cose bene. Anche perché il presidente ha piazzato già i suoi paletti, volendo evitare proprio quanto successe nelle faticosissime consultazioni del 2018 quando alcuni suoi “no” portarono i Cinque stelle addirittura ad evocare l’impeachment per il capo dello Stato. Una richiesta alla quale si unì anche la più probabile candidata premier di oggi, Giorgia Meloni. Il sistema fu sull’orlo di una crisi gravissima che nessuno in questa fase si augura. Ma che era successo per arrivare a tanto? Semplice: il presidente aveva usato i suoi poteri sanciti dall’articolo 92 della Costituzione dicendo “No” alla proposta di Paolo Savona al Tesoro, giudicato troppo antieuropeista. L’articola recita: “il Governo della Repubblica è composto del Presidente del Consiglio e dei Ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei Ministri. Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo, i Ministri”. Si tratta quindi del necessario incontro di due volontà e poteri, nella cornice Costituzionale. Non c’è dubbio che questa regola varrà anche per il futuro esecutivo, almeno per i ministeri che il presidente considera di garanzia, cioè Esteri, Difesa ed Economia.
    Amplissime diventano infine le possibilità di scelta del presidente della Repubblica in caso di stallo politico dopo il voto: prima di accettare un nuovo, traumatico, scioglimento delle Camere appena elette il capo dello Stato esplorerebbe tutte le soluzioni possibili. Ne è stato un esempio la decisione di chiamare Mario Draghi per formare un governo di unità nazionale o “del presidente” cercando una maggioranza tecnica in Parlamento. Certo, si tratta di una soluzione d’emergenza che in avvio di legislatura sembra essere un’ipotesi di scuola.

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    Per Mario Draghi vigilia elezioni a Città della Pieve

    (ANSA) – PERUGIA, 25 SET – Il presidente del Consiglio, Mario
    Draghi, ha trascorso la vigilia delle elezioni politiche nella
    sua abitazione di Città della Pieve. Che insieme alla moglie
    Serenella ha lasciato nel primo pomeriggio di domenica per
    raggiungere presumibilmente la residenza romana.   
    Il premier è residente nella capitale dove ha il seggio dove
    potrà votare. Prima ha però voluto trascorrere qualche ora
    nell’ormai abituale dimora umbra, dove sarebbe arrivato già
    dalla giornata di venerdì. Anche se questa volta nessuno lo
    avrebbe visto aggirarsi nelle vie del centro storico.   
    Draghi è un assiduo frequentatore del borgo umbro da oltre 15
    anni ed è proprio la Pieve il suo “buen retiro” preferito. E’ in
    questa cittadina di confine con la vicina Toscana che tutti lo
    attendono una volta che avrà passato le consegne a Palazzo
    Chigi. (ANSA).   

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    Elezioni: Roberto al posto di Roberta, errore sulla scheda

    (ANSA) – CAGLIARI, 25 SET – Un clamoroso errore nella scheda
    elettorale a Cagliari. Lo ha denunciato, con un post su
    Facebook, la candidata della Lega Roberta Loi.   
    Nel plurinominale per il Senato, al posto di Roberta, è stato
    stampato il nome di Roberto. Nel cartellone affisso nei seggi
    elettorali delle scuole, invece, il nome è stato scritto
    correttamente.   
    “A fianco del simbolo Lega – spiega la candidata su Facebook –
    troverete scritto quindi Roberto Loi, ma sono sempre io”.   
    Potrebbe non finire qui: “Si tratta di un errore di battitura
    che valuteremo nelle sedi opportune”, denuncia la candidata.   
    La Prefettura di Cagliari, sentita dall’ANSA, conferma l’errore.   
    Per il momento nessun intervento ufficiale da parte degli
    uffici. Anche perché – questo il ragionamento che in qualche
    modo potrebbe attenuare il peso dell’errore – la preferenza in
    questo caso va espressa soltanto barrando il simbolo del
    partito, e non il nome. (ANSA).   

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    Elezioni: ritardi e file a Cagliari per ritirare la tessera

    (ANSA) – CAGLIARI, 25 SET – Ritardi e lunghe file a Cagliari,
    sia nella sede centrale del Comune che nelle varie
    circoscrizioni, dove oggi si possono ritirare le tessere
    elettorali, con orario continuato dalle 7 alle 23.   
    Già dalla prima mattina e con un picco di affluenza all’ora di
    pranzo, tantissime persone si sono presentate negli uffici per
    chiedere il duplicato della scheda o per ritirala a causa di un
    cambio di residenza o per i neo 18enni.   
    Un numero anomalo rispetto a qualsiasi elezione tanto che
    l’ufficio elettorale del Comune ha aperto il maggior numero di
    sportelli possibile. All’ora di pranzo, poi, si è anche
    registrato un crash del software gestionale che è andato in
    blocco per una trentina di minuti allungando in questo modo
    l’attesa di chi si trovava già in fila.   
    Il problema poco dopo le 13:30 è stato risolto e via via le file
    per il ritiro dei documenti si stanno sfoltendo.   
    Gli uffici per ritirare le tessere elettorali rimarranno aperti
    fino alle 23. (ANSA).   

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    Morto Spadaccia, uno dei leader storici del Partito Radicale

    È morto Gianfranco Spadaccia, già segretario del Partito Radicale e parlamentare che “con Marco Pannella e gli altri radicali ha condiviso le scelte nonviolente e le azioni per i diritti civili”. Lo annuncia su Twitter Radio radicale.

    “Gianfranco Spadaccia, simbolo della storia del Partito Radicale e del riformismo italiano, ci ha lasciati. Voglio ricordarlo con questa foto, a un tavolino radicale: si vede anche Ada Rossi, la vedova del grande Ernesto, venuta a firmare per i referendum. Con Gianfranco ci siamo tenuti per la mano, assieme alla sua amata moglie Marina, nella casa di Monteverde, in segno di fraternità, nelle ultime ore della sua vita. La sua è un’eredità di libertà, battaglie, e responsabilità”. Lo scrive Francesco Rutelli sulla sua pagina Facebook.  
     “Il cordoglio di tutti noi di Europa Verde per la scomparsa dell’amico Gianfranco Spadaccia, storico esponente radicale di grande valore, protagonista delle battaglie e delle conquiste per i diritti civili. Capogruppo durante la X legislatura nel Gruppo federalista europeo ecologista. L’Italia perde un uomo politico che ha sempre goduto di grande stima e che lascia un segno profondo nella nostra storia civile e democratica.” Così in una nota i co-portavoce e il Presidente del Consiglio Federale Nazionale di Europa Verde Angelo Bonelli, Eleonora Evi e Marco Boato.
    “Gianfranco Spadaccia è stato per me come un fratello più grande e credo sia stato così per molti altri radicali. Da Adelaide Aglietta a Francesco Rutelli a Roberto Giachetti. Di lui mi colpì subito il raffinato modo di pensare, mai scontato. E subito, soprattutto grazie a lui, capii cosa fosse la disobbedienza civile e il metodo non violento per portare avanti quella e molte altre battaglie”. Lo scrive sui suoi canali social la leader di +Europa Emma Bonino.
    “Siamo stati, con Marco e tanti altri, tra gli artefici di quella promozione e conquista dei diritti civili in Italia. Dal divorzio, all’obiezione di coscienza, dalla riforma del diritto di famiglia alla depenalizzazione del reato di consumo di stupefacenti, fino al suo arresto come segretario del Partito Radicale, insieme a quelli di Adele Faccio e mio, che spianò la strada alla depenalizzazione del reato di aborto e alla legge 194. Ha speso la sua vita nell’impegno politico, fino ad essere, più di recente, il primo Presidente di Più Europa, che ha contribuito a fondare e far crescere. Se ne va un giornalista sagace, politico capace di visioni sempre rivolte al futuro e persona straordinaria anche per il modo gentile e intelligente di interfacciarsi con gli altri. La sua morte è una grande perdita per me e il Paese tutto. Ciao Gianfranco”, conclude Bonino. 

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    Elezioni: a Milano finto manifesto FdI con 'l'appesa'

    (ANSA) – MILANO, 25 SET – Un cartellone rettangolare con
    sfondo bianco con un artigianale simbolo di Fratelli d’Italia
    disegnato in cima e sotto la carta dei tarocchi raffigurante
    ‘l’appesa’ è stato attaccato da ignoti in zona Porta Genova a
    Milano.   
    La carta originale del mazzo dei tarocchi è ‘l’appeso’ e
    raffigura un uomo a testa in giù con un piede attaccato a un
    cappio e le mani dietro la schiena. (ANSA).   

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    Affluenza definitiva alle ore 12 al 19,21% alla Camera

    (ANSA) – ROMA, 25 SET – Alle elezioni per il rinnovo della
    Camera alle ore 12 ha votato il 19,21% degli aventi diritto,
    (7.904 comuni su 7.904). Lo si rileva dal sito del ministero
    dell’Interno.   
    Nella precedente tornata elettorale del 2018 alla stessa ora
    si era recato alle urne il 19,43% degli elettori per la Camera.   
    (ANSA).