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    Meloni lavora alla squadra in silenzio, nodo Viminale

       Le candidature e le autocandidature tornano di attualità nonostante la chiusura della campagna elettorale. Non tanto quelle per un seggio in Parlamento, dove per altro i riconteggi del Viminale e delle Corti di Appello stanno rimescolando le carte con il ripescaggio di alcuni esclusi, come nel caso di Umberto Bossi o del leghista Tonelli che allarga le braccia: “Dura lex sed lex”. Di candidature si parla per il prossimo esecutivo. Giorgia Meloni lavora infatti alla costruzione della sua squadra di governo, partita che crea qualche tensione con gli alleati, e soprattutto con la Lega. Matteo Salvini smentisce nettamente la possibilità, circolata come indiscrezione, di fare pressione mettendo sul piatto un appoggio esterno: “Quante sciocchezze che scrivete…” ha infatti commentato il leader della Lega dopo che anche gli staff avevano seccamente smentito i retroscena al riguardo. Anche Meloni invita a non “credere alle bugie che circolano ” e promette un esecutivo di “livello che non vi deluderà” assicura dopo aver bocciato quelle che ha definito le ” fallimentari gestioni come quella di Speranza & Co “. Pare certo, comunque, che non farà parte della squadra di ministri Guido Crosetto, il braccio destro della leader di Fratelli d’Italia, destinato ad altri incarichi di prestigio. “Dal governo sono uscito e sto bene così” twitta Crosetto. E si tira fuori dal toto-ministri anche il governatore leghista del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga.    Ci sono poi le candidature, o in alcuni casi le autocandidature, alle segreterie dei partiti. Se ne parla nella coalizione del centrodestra dopo il deludente risultato della Lega. L’ex ministro, Roberto Maroni, torna all’attacco e lancia il governatore veneto Luca Zaia come segretario. Il presidente della regione Veneto si schernisce e assicura di voler continuare ad occuparsi della sua regione ma Maroni insiste ricordando che la segreteria di Salvini scade proprio nell’anno in corso. Ma soprattutto Maroni propone, e in questo una figura come quella di Zaia potrebbe aiutare, una federazione tra Fi e Lega. Un progetto – sostiene – che potrebbe essere proprio tema di una proposta di programma per la nuova segreteria della Lega.    Ma è nel Pd, dove Enrico Letta ha annunciato di non volersi ricandidare in vista del prossimo congresso, che già fioccano le autocandidature. Lo fa, in un’intervista, la ex ministra e deputata rieletta a Piacenza, Paola De Micheli che si candida a guidare i Dem perché dice ‘Il Pd non può più essere quello dell’un po’ e un po’. Quello dei messaggi mai netti”. C’è poi il governatore dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, che non si dichiara apertamente in corsa per la segreteria ma chiede “un cambiamento profondo o – prevede – bruceremo in fretta anche il prossimo segretario”.    Anche lui lamenta il fatto di essere arrivati al voto senza “un progetto forte per l’Italia e un’alleanza all’altezza della sfida”. A chiedere uno stop a questa corsa alle autocandidature è invece il sindaco di Firenze, Dario Nardella, anche lui nel toto-candidati per la prossima segreteria: “Non siamo ad X Factor, se questa è la direzione di marcia la lascio ad altri”.    Mentre Silvio Berlusconi festeggia il suo 86esimo compleanno, la candidata premier intanto è al lavoro: la sua agenda tra via della Scrofa e Montecitorio è fitta di incontri ed ha visto anche il presidente del Cio, Thomas Bach per rassicurarlo sui Giochi di Milano-Cortina 2026. Nelle more ha ringraziato, tra gli altri, degli auguri che le ha invitato il leader spagnolo di Vox: nel messaggio afferma che sta lavorando “per affrontare i problemi degli italiani, con la concretezza tipica dei conservatori. E speriamo che anche la Spagna vada a destra”.    Sembra una risposta indiretta alle dichiarazione del presidente americano che si è detto allarmato per il risultato delle elezioni italiane con una frase che non passerà inosservata: “Avete appena visto cosa è accaduto in Italia in quelle elezioni. Vedrete cosa accadrà nel mondo” avverte Joe Biden preoccupato soprattutto, e lo dice, “per quello che potrà accadere qui”, negli Stati Uniti.     

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    Aborto: Boldrini contestata alla manifestazione, 'Rivendico il diritto di stare in piazza'

    Dura contestazione da parte di alcune ragazze a Laura Boldrini ieri a Roma, nel corso della manifestazione organizzata da Non una di meno per la Giornata mondiale dell’aborto libero, sicuro e gratuito.    “La Lorenzin (ex ministro della Salute, ndr) ha reso la pillola a pagamento”. Boldrini ha replicato: “Il problema non è questo ma la distribuzione”. Immediata la replica di una delle contestatrici: “Il problema è che sia stata messa a pagamento.Lei mi dice che il problema non è quello ma è la distribuzione.    Lo vada a dire ai giovani, ai precari a chi vive nei quartieri popolari. E i tagli che sono stati fatti alla sanità, sui consultori che sono stati chiusi e una legge che non viene applicata?. Ve ne dovete andare da questa piazza”.

    Aborto, Boldrini contestata ieri a Roma: ‘Se ne vada non ci rappresenta’

    Ma l’ex presidente della Camera non ci sta e rivendica il suo diritto di stare in piazza. “E’ stata una bella manifestazione perchè erano presenti molte realtà. Molte sono state contente di vedere in piazza me e altre colleghe, come Cecilia D’Elia, Monica Cirinnà, Marta Bonafoni e Debora Serracchiani. Poi, verso la fine, un gruppetto di tre ragazze con altri che seguivano con i telefonini accesi sono venute da me non per confrontarsi ma per attaccare qualcuno e hanno messo dentro insieme tante motivazioni affastellate, una sull’altra. Considero un errore attaccare chi difende il diritto all’aborto sicuro e legale dentro le istituzioni”. A dirlo all’ANSA è Laura Boldrini, al centro ieri di una contestazione nel corso della manifestazione organizzata da Non una di meno sull’aborto.

    Agenzia ANSA

    ‘Non una di meno’ in 50 città, solidarietà con le donne iraniane (ANSA)

        A quel punto l’onorevole ha risposto: “Ci sono donne che in Parlamento hanno lottato e l’hanno voluto l’aborto. Dovremmo essere tutte unite”. “Sa perchè non siamo unite? – ha risposto l’interlocutrice – perché a lei delle persone che stanno nelle case e nei quartieri popolari non gliene frega niente, invece a me sì e io li difendo”.    “Se devi fare questi show…- ha detto ancora Boldrini – a differenza degli altri io sono qui con voi”, ma le ragazze hanno replicato: “Le donne, le compagne, che sono venute qua a manifestare per l’aborto libero e gratuito non ce l’hanno anche per colpa sua. Il suo partito non ha difeso questo diritto. Se ne vada”. “Allora ve lo difenderà Fratelli d’Italia”, ha risposto piccata Boldrini applaudendole sarcasticamente prima di lasciare la piazza.   

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    Draghi a Zelensky: 'L'Italia non riconoscerà il referendum'

    Il presidente del Consiglio Mario Draghi ha avuto una nuova conversazione telefonica con il Presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky. Lo riferisce Palazzo Chigi sottolineando come il colloquio si sia “incentrato sugli ultimi sviluppi della situazione sul terreno e sui ‘referenda’ illegali indetti dalla Federazione Russa nelle zoneoccupate del Donbass, di Kherson e di Zaporizhzhia. ll presidente Draghi ha assicurato che l’Italia non riconoscerà l’esito dei ‘referenda’ e ha confermato il continuo sostegno da parte del Governo italiano alle Autorità e alla popolazione ucraina in tutti gli ambiti”.

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    Meloni incontra Salvini, niente veti sugli incarichi

    In attesa che si formi il nuovo Esecutivo, da Palazzo Chigi non si perde tempo e si convoca, per il pomeriggio, il Consiglio dei Ministri con all’ordine del giorno la Nota di aggiornamento al Def e alcuni decreti attuativi relativi a riforme del Pnrr come quella degli Irccs e della giustizia. Ma anche in Parlamento si fissano calendari e scadenze con il presidente della Camera uscente Roberto Fico che comunica come il decreto ‘Aiuti-ter’ comincerà il suo iter a Montecitorio.
    Giorgia Meloni, intanto, è al lavoro sulla squadra di governo e incontra a Montecitorio il leader della Lega Matteo Salvini per fare il punto. Un colloquio durato circa un’ora dal quale emerge la voglia di “grande collaborazione e unità di intenti”. “Entrambi i leader – si legge in una nota diffusa al termine del faccia a faccia – hanno espresso soddisfazione per la fiducia data dagli italiani alla coalizione e hanno ribadito il grande senso di responsabilità che questo risultato comporta. Meloni e Salvini hanno fatto il punto della situazione e delle priorità e urgenze all’ordine del giorno del governo e del Parlamento, anche alla luce della complessa situazione che l’Italia sta vivendo”.
    “Non si è parlato né oggi e né in questi giorni di nomi, incarichi, attribuzioni di deleghe né separazioni di ministeri e sono prive di fondamento retroscena di stampa su presunti veti, così come le notizie già smentite da P.Chigi su un ‘patto’ Meloni-Draghi”, hanno sottolineato fonti di Fdi in una nota riferendosi all’incontro tra Meloni e Salvini. E hanno ricordato il post della Meloni su Fb in cui aveva scritto ‘Trovo surreale che certa stampa inventi di sana pianta miei virgolettati, pubblicando ricostruzioni del tutto arbitrarie. Si mettano l’anima in pace: il centrodestra unito ha vinto le elezioni ed è pronto a governare”.
    Nel frattempo, come accade ogni volta che si deve dar vita ad un nuovo Esecutivo, impazza il toto nomi. Si parla dell’attuale vertice del Dis Elisabetta Belloni agli Esteri, del braccio destro di Berlusconi Licia Ronzulli alla Scuola o alla Salute. Di Antonio Tajani praticamente ovunque: c’è chi lo dà alla Farnesina, chi come presidente della Camera o alla guida della Difesa. E ancora: sui giornali il nome di Giulia Bongiorno compare sia per la Giustizia, sia per la P.A, mentre, sempre alla Salute, si ipotizzano Letizia Moratti o il forzista Mandelli che è rimasto fuori dal Parlamento. Ma è evidente che in questa sorta di gioco di società di ‘trova la casella giusta’ non si saprà nulla di veramente certo fino all’ultimo.
    Tra i rumors del Transatlantico, si darebbe fuori dalla compagine ministeriale Salvini per il quale invece la leader di FdI potrebbe ritagliare un ruolo da vicepremier, in tandem con il ‘jolly’ Tajani. E questo, nonostante i leghisti facciano sapere che sul web “in tantissimi” vorrebbero il ‘Capitano’ al Viminale. Unica certezza al momento: lei vuol rendere “inattaccabile” la squadra da ogni critica esterna. Meloni, infatti, smentisce i retroscena sui giornali, a cominciare da quello che lei direbbe no al segretario della Lega perché “troppo filo russo”.
    E anche Palazzo Chigi spiega che non esiste alcun “patto con Meloni” per garantire le indicazioni dell’Ue anche su Kiev, precisando che l’impegno del governo uscente è quello di “garantire un’ordinata transizione nell’ambito dei corretti rapporti istituzionali”. Nei partiti, intanto, continua la conta di ‘morti e feriti’ con Carlo Calenda che fa la sua previsione piuttosto fosca assicurando che un eventuale governo a guida Meloni non potrà durare più di 6 mesi. Commenti drastici anche nei confronti del Pd per il quale il leader di Azione paventa “una crisi irreversibile”.
    E infatti tra i Democratici le acque restano quanto mai agitate, con Enrico Letta che convoca la Direzione il 6 ottobre in vista del Congresso, con Matteo Orfini che definisce “una genialità” il fatto che spuntino due candidati al giorno per la segreteria e con il coordinatore dei sindaci Dem Matteo Ricci che punta il dito contro chi pensa che sia solo una questione di nomi e non di contenuti e di progetti. Più sarcastico Emanuele Fiano che ricorda come il congresso del Pd non sia “il casting per X Factor”. Archiviata, almeno ufficialmente, la resa dei conti interna alla Lega, dopo il Consiglio Federale di ieri dal quale è emerso come non sia in discussione la leadership di Salvini, è Fratelli d’Italia che parla di contenuti. “Guidati”, comunque, dall’Ue che invita tutti i Paesi a sostenere misure di “sostegno al reddito minimo” per ridurre la povertà e accelera sul tetto del gas che Guido Crosetto vede “come un prezzo al metro cubo fissato per i consumatori finali, aziende e cittadini, individuati in ordine di priorità e necessità”. Mentre il Financial Times parla di “preoccupazione” per la vittoria di Meloni e non di “panico”, il Responsabile organizzazione di Fdi, Giovanni Donzelli, ribadisce la necessità di “aggiornare” la Costituzione puntando al semipresidenzialismo alla francese e aprendo “un dialogo con tutti”. Quindi assicura: “Io ministro? Più facile che lo faccia Salvini…”.

    Agenzia ANSA

    Leader FdI vede Tajani. Idea di un tecnico per Tesoro e Farnesina (ANSA)

    Sbarra, nuovo Governo coinvolga il sindacatoLa Cisl chiede alla maggioranza uscita dalle elezioni di coinvolgere il sindacato nelle dinamiche di decisione. “Le urne – afferma il segretario generale, Luigi Sbarra a margine del Consiglio Generale della Fit Cisl – hanno dato un risultato netto, affidando un grande onere al centrodestra e al partito guidato da Giorgia Meloni. Il nuovo governo dovrà coinvolgere nelle dinamiche di decisione il sindacato ed il riformismo sociale. La Cisl, come sempre, giudicherà l’albero dai frutti, senza pregiudizi, esercitando la propria soggettività politica con autonomia, cercando il dialogo senza timori, né timidezze”. “Avremo come unico metro di giudizio – dice – i contenuti e le azioni concrete, insieme alla disponibilità del nuovo governo ad aprirsi al confronto e misurarsi con le priorità della nostra Agenda Sociale. Si aprono giorni decisivi per formare un governo stabile, competente, aperto al confronto sociale. Occorre fare presto, perché tempi e scadenze della Legge di Bilancio e riforme sono drammaticamente compressi. Serve concordia per riunire un Paese che scivola in un astensionismo allarmante e crede sempre meno nelle istituzioni politiche. Dobbiamo costruire protezioni universali, generare occupazione di qualità, riqualificare il lavoro debole. Insieme dobbiamo realizzare le riforme, a partire da pensioni, fisco e non autosufficienza. Il sentiero della partecipazione è l’unico che può farci arrivare a traguardi stabili ed equi. La via è quella di un dialogo sociale che in questo anno e mezzo ha dato frutti e che deve essere rafforzato nella costruzione di un Progetto Paese che non escluda la responsabilità di nessuno”.

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    Prima scadenza il 13 ottobre quando si riuniranno le Camere (ANSA)

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    Elezioni: Il Viminale si corregge, cambia l'attribuzione dei seggi. Bossi eletto in Lombardia

     Ieri non c’era nell’elenco del Viminale, ma oggi risulta eletto Umberto Bossi nel collegio plurinominale di Lombardia 2 (Varese). E’ quanto risulta dal sito Eligendo del Viminale. 
    “Il ministero dell’Interno nell’attribuzione provvisoria dei seggi dei collegi plurinominali ha preso un granchio clamoroso. Non lo dico per contestarli, ma solo perché in autotutela, fino a quando il dato non diviene definitivo, possano ancora correggerlo. In base alla corretta applicazione della legge, se questo errore venisse corretto, allora Umberto Bossi tornerebbe in Parlamento. E comunque questa mia osservazione viene confermata tra l’altro dal verbale di domenica 4 marzo 2018 delle operazioni dell’ufficio elettorale nazionale della Cassazione, basta andare a vederlo”. Così Roberto Calderoli, vicepresidente del Senato, ha anticipato la correzione del dato da parte del Viminale.
    “Vi spiego – dice Calderoli – da dove nasce l’errore. Tutto è corretto fino all’attribuzione dei seggi delle coalizioni a livello nazionale, ovvero sulla base della cifra elettorale nazionale di coalizione dei partiti che abbiano superato l’1%. L’errore nasce dal passaggio successivo dove la cifra elettorale di coalizione nella circoscrizione deve comprendere anche i partiti che hanno superato l’1% anche quando questi non hanno raggiunto il 3% perché questo dice la legge, cosa che loro non hanno fatto sottraendo già a livello circoscrizionale la lista di ‘+Europa’, creando una serie di seggi deficitari che coinvolgono 13 circoscrizioni su 28”. “La ripartizione finale dei seggi ai singoli partiti che abbiano superato il 3% – sottolinea – è stata fatta in maniera corretta, ma purtroppo l’errore è a monte. Io di leggi elettorali magari non ne capisco tanto, ma fino a questo punto ci arrivo… E comunque questa mia osservazione viene confermata tra l’altro dal verbale di domenica 4 marzo 2018 delle operazioni dell’ufficio elettorale nazionale della Cassazione, basta andare a vederlo”, conclude.
    NUOVE INDICAZIONI DELLA CASSAZIONE – Un aggiornamento della ripartizione dei seggi proporzionali della Camera dei deputati in alcuni collegi plurinominali (è il caso di quello di Umberto Bossi a Varese, che solo oggi appare tra gli eletti) viene pubblicato sul sito Eligendo “anche a seguito di indicazioni fornite dall’Ufficio Elettorale Centrale Nazionale presso la Corte di Cassazione”. E’ quanto precisa il Dipartimento per gli affari interni e territoriali del ministero dell’Interno. “Resta invariato – rileva il Dipartimento – il dato relativo al totale dei seggi attribuiti, a livello nazionale, a tutte le coalizioni e alle liste della Camera dei deputati, anche per i collegi uninominali, nonché la ripartizione dei seggi relativa al Senato della Repubblica”. Il Dipartimento fa inoltre presente che “la pubblicazione da parte del Ministero dell’interno di tali notizie riveste carattere ufficioso, in quanto la ripartizione definitiva e la successiva proclamazione ufficiale degli eletti dovrà essere effettuata – ai sensi delle disposizioni vigenti – dal predetto Ufficio Elettorale Centrale nazionale della Cassazione e dai competenti Uffici presso le Corti di Appello”.
    RESTA IL SALDO ZERO TRA I PARTITI – In base all’evoluzione dei complicati conteggi dovuti al Rosatellum cambiano alcuni nomi degli eletti ai seggi proporzionali in alcuni collegi plurinominali delle Politiche di domenica scorsa, ma le variazioni sono a saldo zero per quanto riguarda i partiti. Ad esempio, la Lega che rispetto a ieri ha “guadagnato” due deputati in Lombardia (Umberto Bossi e Giulio Centemero), ne ha persi altrettanti tra Emilia Romagna e Sicilia. E’ quanto sottolineano fonti del Viminale, ricordando che i nomi degli eletti pubblicati sul sito Eligendo sono da considerarsi “ufficiosi” in attesa del “timbro ufficiale” dell’Ufficio elettorale centrale nazionale presso la Cassazione.
    NUOVA ATTRIBUZIONE DEI SEGGI – Colpo di scena nell’attribuzione dei seggi al Molise dopo le elezioni Politiche. Il Ministero dell’Interno, con i dati aggiornati sul sito Eligendo, ha modificato gli eletti in regione alla Camera. Non c’è più il nome di Caterina Cerroni del Pd e al suo posto risulta eletta al proporzionale Elisabetta Lancellotta di Fratelli d’Italia. Sono, dunque, ora quattro su quattro gli eletti del centrodestra in regione. Dunque Claudio Lotito e Costanzo Della Porta risultano eletti al Senato, Lancellotta e Lorenzo Cesa alla Camera. Le operazioni di verifica, comunque, non sono ancora concluse. Stessa cosa nel Lazio. Il Viminale corregge sul sito Eligendo anche la lista degli eletti nella circoscrizione Lazio 1 plurinominale 01: nel listino con capolista Nicola Zingaretti scattano ora, nella versione corretta, due seggi anzichè uno. Dunque oltre a Zingaretti al Pd andrà un altro seggio: la seconda risulta Marianna Madia, una delle plurielette, mentre terzo il segretario cittadino del Pd Andrea Casu a cui presumibilmente sarà attribuito il secondo seggio. Altri cambiamenti riguardano  l’Umbria, dentro M5s-FI a discapito di un candidato Pd e uno FdI e la Calabria dove un seggio passa dal Pd a M5s. Cambiamenti anche in Toscana dove un altro seggio è stato attribuito alla Camera al Pd: passa Marco Simiani al proporzionale per Arezzo-Siena-Grosseto-Livorno che prende il posto di Lucia Annibali che correva per il Terzo polo. Cambia, sul sito del Viminale, l’elenco degli eletti alla Camera nel plurinominale per la Circoscrizione Campania 1: scompare dall’elenco il nome di Guido Milanese (Fi), entra quello di Francesco Emilio Borrelli (Alleanza Verdi-Sinistra). In caso di conferma definitiva gli eletti in regione del centrodestra scenderebbero a 22 a 21, quelli del centrosinistra passerebbero da 7 a 8. In Lombardia la Lega guadagna due deputati, oltre a Umberto Bossi anche Giulio Centemero. Anche in Sicilia cambia la composizione degli eletti alla Camera. Nel collegio Sicilia 1 P02 non sarebbe stata eletta Annalisa Tardino della Lega. Secondo questa novità in Sicilia nei collegi plurinominali alla Camera sono stati eletti sei deputati col M5s, 5 con Fdi, 3 col Pd, 1 con la Lega, 2 con Iv-azione e 2 con Forza Italia. Cambio nell’attribuzione di un seggio del plurinominale alla Camera per i parlamentari eletti in Piemonte. Esce l’astigiano Paolo Romano, candidato nella circoscrizione Piemonte 2 per ‘Alleanza Verdi-Sinistra Italiana ed ex M5s. Entra invece il pentastellato Antonino Iaria, assessore all’Urbanistica al Comune di Torino con la giunta Appendino.,

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    Cambia il quadro degli eletti in Umbria alla Camera con il plurinominale in base a quanto riporta l’aggiornamento del sito Eligendo del Viminale. Vengono infatti indicati ora Emma Pavanelli (M5S) Emanuele Prisco (Fdi), Anna Ascani (Pd) e Catia Polidori (FI). (ANSA)

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    Cambia il quadro degli eletti calabresi in Parlamento. (ANSA)

       

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    Latina, consiglieri centrodestra si dimettono e decade sindaco

    I 19 consiglieri del centrodestra di Latina (FdI- Lega – Forza Italia e Latina nel Cuore e un Udc) e l’esponente di Fare Latina, maggioranza in consiglio comunale, da quanto si apprende, hanno firmato dal notaio le dimissioni. Ciò ha determinato lo scioglimento dell’assise cittadina e la caduta del sindaco di centrosinistra Damiano Coletta da poco riconfermato dopo che 22 sezioni elettorali erano riandate al voto. 
    “Sembra arrivato il momento di salutarci. E’ cosa certa la sfiducia nei miei confronti da parte del centrodestra, nonostante la città di Latina si sia espressa dando la fiducia nei miei confronti. Lascio il ruolo di sindaco con la coscienza a posto, con la schiena dritta, a testa alta, da vincitore, anche se non ci sono i numeri della maggioranza”, dice Damiano Coletta in diretta su Facebook. “Accetto la scelta dell’opposizione, non devo fare ricorsi”.   

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    Nadef: via libera del Cdm alla nota di aggiornamento

    “Il Consiglio dei ministri ha approvato la Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (NADEF) 2022, che delinea lo scenario a legislazione vigente senza definire gli obiettivi programmatici di finanza pubblica per il triennio 2023-2025”. Lo dichiara una nota di Palazzo Chigi in cui si rimarca che le “previsioni sono improntate, come per i precedenti documenti di programmazione, a un approccio prudenziale e non tengono conto dell’azione di politica economica che potrà essere realizzata con la prossima legge di bilancio e con altre misure”. 
    Nella Nadef la crescita stimata del Pil nel 2022 è del +3,3%, con una revisione al rialzo rispetto alle previsioni del Def di aprile (+3,1%). Nel 2023 rallenterà al +0,6%, per poi risalire (in questo caso le stime confermano le previsioni del Def) a +1,8% nel 2024 e +1,5% nel 2025. “La previsione di aumento del Pil per quest’anno viene rivista al rialzo”, si legge nel documento che l’ANSA ha potuto visionare, “grazie alla crescita superiore al previsto registrata nel primo semestre e pur scontando una lieve flessione del Pil nella seconda metà dell’anno”.
    “L’aggiornamento della previsione evidenzia anche un rialzo del sentiero dell’inflazione e della crescita salariale – si legge nella Nota di aggiornamento al Def, esaminata dal Cdm, che l’ANSA ha potuto visionare.; si continua comunque a prevedere che il tasso di inflazione cominci a scendere entro la fine di quest’anno”.
    L’indebitamento netto tendenziale nel 2022 scende al 5,1% (a fronte dell’obiettivo del 5,6% indicato in aprile col Def) e si attesterà al 3,4% nel 2023, sempre in calo dalla stima del Def (3,9%): si legge ancora nel documento della Nadef. “Nelle proiezioni aggiornate per il 2022 la finanza pubblica beneficia del positivo andamento delle entrate e della moderazione della spesa primaria sin qui registrate quest’anno, mentre risente dell’impatto sul servizio del debito dell’aumento dei tassi di interesse e della rivalutazione del nozionale dei titoli di stato indicizzati all’inflazione”, si spiega.
    “Le previsioni economiche” della Nadef “sono improntate, come per i precedenti documenti di programmazione, a un approccio prudenziale. Anche in un contesto difficile come quello attuale esistono tuttavia margini perché tali previsioni siano superate”, si legge ancora nella Nota di aggiornamento al Def.
    “I prossimi mesi saranno complessi, alla luce dei rischi geopolitici e del probabile permanere dei prezzi dell’energia su livelli elevati – si legge nella Nota di aggiornamento al Def approvata dal Consiglio dei ministri -. Le risorse a disposizione del Paese per rilanciare gli investimenti pubblici e promuovere quelli privati, sia in nuovi impianti sia in innovazione, non hanno tuttavia precedenti nella storia recente e potranno dar luogo a una crescita sostenibile ed elevata, così da porre termine alla lunga fase di sostanziale stagnazione dell’economia”. 
    Il rapporto debito/Pil è previsto in netto calo quest’anno, al 145,4% (dal 150,3% del 2021), anche più della stima di aprile (146,8%). Il sentiero di discesa proseguirà negli anni a seguire fino ad arrivare al 139,3% nel 2025 (141,2% la stima del Def): nel 2023 il debito è stimato al 143,2% (dal 145% della stima di aprile) e nel 2024 al 140,9% (143,2% nella stima del Def di aprile).  
    L’economia italiana ha registrato sei trimestri di crescita superiore alle aspettative; le prospettive adesso risultano meno favorevoli in ragione del marcato rallentamento dell’economia globale e di quella europea, principalmente legato all’aumento dei prezzi dell’energia, all’inflazione e alla situazione geopolitica, sottolineano da Palazzo Chigi dopo il via libera del Consiglio dei ministri alla Nadef.
    “Il Governo conclude il suo operato in una fase assai complessa a livello geopolitico ed economico ma con evidenti segnali di ritrovato dinamismo per l’economia italiana – scrive il ministro dell’Economia Daniele Franco nella premessa alla Nota di aggiornamento al Def (Nadef) -. L’auspicio è che, in un contesto di graduale riduzione del deficit e del debito pubblico la ripresa economica avviata dopo la crisi pandemica prosegua e si consolidi, sostenuta dagli investimenti privati e pubblici, da tassi di occupazione più alti e da una dinamica della produttività più elevata”. 
    Il deficit al 5,1% previsto per il 2022 nella Nadef approvata dal Consiglio dei ministri lascia uno spazio di manovra tra i 8 e i 10 miliardi di euro, in pratica un ‘tesoretto’ per un eventuale nuovo decreto. L’obiettivo indicato oggi è infatti inferiore di 0,5 punti rispetto a quello fissato nel Def e già autorizzato dal Parlamento. Se quindi il nuovo governo volesse intervenire contro il caro-energia entro la fine dell’anno, potrebbe utilizzare la leva dell’indebitamento e salire fino al 5,6% precedentemente stimato, già autorizzato dal Parlamento e considerato dall’Ue in linea con gli obiettivi.