More stories

  • in

    L’Unione davanti alla Storia: dall’accoglienza dei profughi ucraini all’invio di armi a Kiev, le scelte inedite dell’UE

    Bruxelles – La storia, quella con la S maiuscola, è fatta di momenti ben riconoscibili e quello a cui ci troviamo di fronte da una settimana è proprio uno di quei momenti. Con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Vladimir Putin, l’UE ha reagito con una prova di unità quasi inattesa. Sicuramente non nella logica del dittatore russo, che probabilmente immaginava di inchiodare i Ventisette con le spalle al muro, facendo leva sulle ben note divisioni e difficoltà a trovare posizioni condivise in ambito di politica estera.
    Ma dalla prima tornata di sanzioni annunciata lunedì scorso (21 febbraio) ai successivi due pacchetti – che hanno portato al congelamento degli asset di Putin, all’esclusione russa dal circuito di pagamenti Swift e alla chiusura dello spazio aereo e dei canali di propaganda del Cremlino – l’Unione ha davvero parlato con una sola voce. Oggi l’UE ha fatto molto di più: ha annunciato due decisioni mai viste prima, una in ambito militare e una di migrazione e asilo.
    Per quello che riguarda l’aspetto militare, l’annuncio è arrivato direttamente dalla presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, nel pomeriggio: “Per la prima volta, l’UE finanzierà l’acquisto e la consegna di armi e attrezzature a un Paese sotto attacco“. Non era mai successo prima nella storia dell’Unione e questo segna un precedente di portata storica. Fino a questa mattina si parlava, secondo copione, dei finanziamenti e invii di materiale bellico all’Ucraina dei singoli Paesi membri UE (tra cui anche l’Italia, attraverso finanziamenti economici). Ma con quanto comunicato in conferenza stampa, è cambiato tutto: ora anche Bruxelles si fa carico di questo compito, coordinando i governi nazionali. “Un altro tabù è caduto, quello che voleva l’Unione Europea non finanziare una guerra“, ha sottolineato l’alto rappresentante, Josep Borrell, che domani (lunedì 28 febbraio) dovrebbe ricevere l’appoggio dei ministri UE della Difesa.
    “Stiamo organizzando la consegna d’emergenza di attrezzature militari difensive. Fucili, munizioni, razzi e carburante stanno arrivando alle truppe ucraine”, ha fatto sapere in serata il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel. Si tratta di 500 milioni di euro, di cui 450 per “armamenti letali”. Grazie al via libera degli ambasciatori dei Ventisette riuniti nel Comitato dei rappresentanti permanenti del Consiglio (Coreper), si attiverà la European Peace Facility, lo strumento fuori bilancio per la prevenzione dei conflitti, la costruzione della pace e il rafforzamento della sicurezza internazionale, attraverso il finanziamento di azioni operative nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune (PESC) che hanno implicazioni nel settore militare o della difesa. Grazie al “pilastro Misure di assistenza”, l’UE può sostenere Paesi terzi (in questo caso l’Ucraina) a rafforzare le capacità belliche, secondo quanto concordato dal Consiglio Affari Esteri nel marzo dello scorso anno.

    LIVE NOW: Press Statement by HR/VP @JosepBorrellF and President Ursula @vonderleyen on further measures to respond to the Russian invasion of Ukraine https://t.co/KMRZPQZjy1
    — EUSecurityDefence (@EUSec_Defence) February 27, 2022

    Ma c’è anche l’aspetto migrazione e asilo da non sottovalutare. Nel corso del vertice di oggi dei ministri UE per la Giustizia e gli affari interni è stato deciso di mettere sul tavolo l’applicazione della Direttiva europea sulla protezione temporanea del 2001, quella che stabilisce uno status di protezione di gruppo, che può essere applicato in situazioni di crisi derivanti da un afflusso massiccio di persone in fuga da una situazione di grande pericolo. Lo ha fatto sapere la commissaria europea per gli Affari interni, Ylva Johansson, lasciando intendere che la data fissata per una (quasi sicura) applicazione sarà giovedì (3 marzo), nel corso del prossimo Consiglio Affari Generali.
    Con l’attivazione del meccanismo – che servirà ad accogliere un numero di persone in fuga dalla guerra che si attesterà presto a 400 mila (stando alle stime dell’alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, Filippo Grandi) – l’UE sta mandando un altro segnale importante sia all’Ucraina, sia ai Paesi UE sulla frontiera orientale. La direttiva del 2001 prevede un principio di redistribuzione delle persone migranti tra i Paesi membri (la commissaria Johansson ha già fatto sapere che chi ha amici o parenti nell’UE si potrà dirigere verso di loro), un’assistenza speciale garantita di tre anni – 12 mesi mesi rinnovabili due volte – con il riconoscimento automatico del diritto di lavoro. Ma soprattutto per il via libera non serve l’unanimità dei Paesi membri, ma la maggioranza qualificata: “È già schiacciante al momento”, ha assicurato il ministro degli Interni francese e presidente di turno del Consiglio dell’UE, Gérald Darmanin.
    Nonostante da più di 20 anni esista questa base legislativa e normativa per l’applicazione dei corridoi umanitari, la direttiva non è mai stata usata da quando è entrata in vigore. Non senza polemiche, l’ultima volta che l’argomento si è presentato all’ordine del giorno a Bruxelles è stato esattamente sei mesi fa, con la crisi in Afghanistan dopo la presa di potere dei talebani. Nonostante l’appello di 76 eurodeputati, allora non era stato attivato il meccanismo per dare accoglienza ai cittadini afghani in fuga da quella che difficilmente non poteva non essere considerata “una crisi derivante da un afflusso massiccio di persone in fuga da una situazione di grande pericolo”. Questo momento unico per l’UE nel rispondere alla Storia passa anche dall’applicazione della direttiva che darà accoglienza ai profughi in arrivo dall’Ucraina. A patto che questo non costituisca un precedente per fare – come ha affermato un politico italiano che non si è mai distinto per umanità nella gestione delle politiche di accoglienza – un distinguo tra “i profughi veri che scappano da una guerra vera” e quelli esclusi per discriminazioni puramente etniche e razziali.

    Actions en matière d’accueil et de solidarité : nous avons évoqué la possibilité d’activer la directive “protection temporaire”, afin d’offrir une protection immédiate pour les Ukrainiens déplacés, le temps que la crise le nécessitera. https://t.co/9TlFN8zMBk
    — Gérald DARMANIN (@GDarmanin) February 27, 2022

    Con il finanziamento per l’acquisti e la consegna di armamenti a Kiev per la guerra contro la Russia e l’attivazione del meccanismo di accoglienza temporanea, l’Unione Europea oggi ha iniziato a tracciare una nuova strada in politica estera

  • in

    La strada dell’allargamento UE all’Ucraina e l’impossibile obiettivo dell’adesione entro il 2030

    Bruxelles – Quasi come reazione uguale e contraria (ma senza la violenza delle armi) all’invasione dell’Ucraina da parte delle forze militari russe, sul tavolo dei leader UE si pone un nuovo tema in agenda: la possibilità di allargare l’Unione Europea e accogliere Kiev come 28esimo Paese membro. Siamo ai limiti della fantapolitica, ma due dei Ventisette (Slovenia e Polonia) hanno proposto al Consiglio UE l’adesione dell’Ucraina e hanno indicato anche una data precisa entro cui questo processo dovrebbe completarsi: “Non parliamo di decenni, ma entro il 2030“, ha dichiarato il primo ministro sloveno, Janez Janša, entrando al Consiglio Europeo straordinario di questa sera (giovedì 24 febbraio) a Bruxelles.
    La richiesta è stata presentata al presidente del Consiglio UE, Charles Michel, attraverso una lettera inviata ieri sera (mercoledì 23 febbraio), che faceva riferimento alla necessità di “valutare strategicamente la questione e prendere decisioni politiche coraggiose”. Questa sera, però, il premier sloveno ha offerto più dettagli: “Dobbiamo dare all’Ucraina una reale prospettiva di adesione UE e lo stesso approccio deve essere utilizzato con Moldavia, Georgia e Balcani Occidentali“. La motivazione è legata al futuro sviluppo di queste regioni e della sicurezza dell’Unione stessa, dal momento in cui “la storia recente ci dimostra che se lo spazio di libertà, democrazia e Stato diritto non si allarga, qualcuno lo occupa”. Lo stesso approccio “è condiviso da molti colleghi, nei Paesi baltici e in quelli dell’Est”, ha assicurato Janša. In altre parole, soprattutto tra chi teme le minacce russe alle proprie frontiere.
    Nelle conclusioni dei Ventisette alla fine è comparso solo un generico “sostegno alla scelta e alle aspirazioni europee di Kiev”, ma può essere utile fare un punto sui margini di fattibilità della proposta. Il primo passo per l’inizio di un ipotetico processo di adesione UE di Kiev deve passare da una proposta formale del Paese extra-UE che aspira alla candidatura (l’Ucraina, in questo caso). Si articolano poi una serie di passaggi. Dopo il superamento dell’esame dei criteri di Copenaghen, ovvero le basilari condizioni democratiche, economiche e politiche (istituzioni stabili, Stato di diritto, rispetto dei diritti umani, economia di mercato, capacità di mantenere l’impegno), si arriva alla firma dell’Accordo di stabilizzazione e associazione, un accordo bilaterale tra UE e Paese richiedente. A quel punto si può presentare la vera e propria domanda di adesione all’Unione e, una volta accettata, viene conferito lo status di Paese candidato. Segue la raccomandazione della Commissione al Consiglio UE di avviare i negoziati: solo quando viene dato il via libera all’unanimità dai Ventisette si possono aprire i capitoli di negoziazione (in numero variabile). Alla fine, si arriva alla firma del Trattato di adesione.
    Il processo è particolarmente lungo e impegnativo, a prescindere dal Paese che presenta la proposta di adesione. Giusto per capire di quali tempistiche si parla, basta solo ricordare a che punto sono le trattative dei sei Paesi che sono attualmente in lizza per aderire all’UE: Albania, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia. Tutti hanno firmato l’Accordo di stabilizzazione e associazione: l’ultimo è stato il Kosovo sei anni fa (2016), ma si va indietro fino al 2001 per la Macedonia del Nord, passando da Serbia e Bosnia (2008), Montenegro (2007) e Albania (2006). Anche se si considera solo la situazione una volta ottenuto lo status di Paese candidato, non va molto meglio: Tirana è bloccata dal 2014, Skopje dal 2005, mentre Serbia e Montenegro stanno portando avanti i successivi negoziati di adesione rispettivamente da otto e dieci anni. Insomma, la prospettiva del 2030 per l’Ucraina – un Paese che non ha nemmeno avanzato una proposta formale all’UE – sembra quantomeno improbabile.
    Aldilà delle tempistiche, c’è anche una questione di contesto. Per scelte politiche di Bruxelles, l’Ucraina finora non è mai entrata nel novero dei Paesi potenzialmente candidati all’adesione UE. È vero che i legami tra Kiev e Bruxelles sono stretti: insieme a Moldavia, Georgia, Armenia, Azerbaijan e Bielorussia (anche se nel giugno del 2021 quest’ultima ha sospeso l’adesione), l’Ucraina è inclusa dal 2009 nel Partenariato orientale, il programma di integrazione tra Bruxelles e i Paesi di quest’area geopolitica, e dal 2018 è in vigore un Accordo di associazione politica ed economica con l’Unione Europea. Tuttavia, nessuna delle due intese ha come obiettivo o come clausola l’adesione dell’Ucraina all’UE.
    C’è comunque da riconoscere che uno dei fattori che ha scatenato la crisi quasi decennale tra Russia e Ucraina è proprio la prospettiva UE di Kiev. Nella notte tra il 21 e il 22 novembre 2013 si verificarono nella capitale ucraina una serie di proteste violente a causa della decisione del governo di sospendere il processo di ratifica dell’Accordo di associazione. Quelle proteste portarono alla sollevazione di Piazza Maidan l’anno seguente, con la messa in stato di accusa e la destituzione dell’ex-presidente Viktor Janukovyč. A seguito di quegli eventi scoppiò la crisi in Crimea, con il primo intervento armato di Mosca su territorio ucraino a sostegno dei separatisti filo-russi. Era il febbraio 2014 e di lì a poco sarebbe scoppiata anche la guerra civile in Donbass che, dopo otto anni, vive il suo momento più acuto. Ora è tutta l’Ucraina sotto l’attacco di una potenza straniera e la strada dell’adesione all’UE è tutta in salita.

    Slovenia e Polonia hanno proposto al Consiglio Europeo di offrire a Kiev la prospettiva di adesione all’Unione entro la fine del decennio, insieme a Moldavia, Georgia e Balcani Occidentali. Ma tempistiche e contesto frenano le ambizioni

  • in

    L’UE invierà (in Ucraina) per la prima volta una squadra di esperti per sostenere un Paese sotto attacco informatico

    Bruxelles – Non ci sono solo le sanzioni contro la Russia e le autoproclamate Repubbliche Donetsk e Luhansk nella risposta dell’UE alla “violazione della sovranità dell’Ucraina”. Secondo quanto riferito ieri sera (22 febbraio) in conferenza stampa dall’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, Bruxelles è pronta a “inviare una missione di esperti per aiutare l’Ucraina ad affrontare gli attacchi informatici” che sta subendo da settimane.
    Si tratta del primo dispiegamento del Cyber Rapid Response Team, la squadra operativa di intervento rapido del programma di cooperazione per la difesa PESCO. Comprende una decina di funzionari nazionali di sicurezza informatica di sei Paesi membri (Croazia, Estonia, Lituania, Paesi Bassi, Polonia e Romania), che possono fornire assistenza ai Paesi UE ed extra-UE sotto cyberattacco. La richiesta di Kiev di ricevere il sostegno UE per affrontare gli attacchi informatici costanti alle infrastrutture critiche (civili e militari) era arrivata lo scorso 18 febbraio, in una lettera inviata dal ministro degli Esteri, Dmytro Kuleba, a Bruxelles che chiedeva anche l’invio di attrezzature tecniche e software.
    Il via libera è stato deciso durante il Consiglio Affari Esteri di lunedì (21 febbraio), al margine del quale l’alto rappresentante Borrell ha incontrato anche il ministro ucraino, confermandogli il sostegno dell’UE nell’affrontare gli attacchi informatici. A dire il vero, la disponibilità dell’Unione era già nota da metà gennaio, in occasione del primo cyberattacco su larga scala contro le infrastrutture di Kiev. Allora, Borrell aveva dichiarato senza mezzi termini che “l’Unione Europea sta mobilitando tutte le sue risorse per offrire supporto all’Ucraina” ed era anche stata convocata una riunione d’emergenza degli ambasciatori del comitato politico e di sicurezza “per capire quale assistenza tecnica si può fornire a Kiev”.
    Dopo l’episodio di gennaio, i siti web del governo ucraino sono stati colpiti la scorsa settimana da un’enorme quantità di attacchi mirati, che i servizi di sicurezza nazionali avevano indicato come “il più grande cyberattacco di sempre” al Paese. Nel 2017 l’Ucraina era stata anche l’epicentro di una ‘pandemia informatica’ di malware (programmi informatici usati per disturbare le operazioni svolte dagli utenti) nota come NotPetya, che aveva colpito l’Europa tra il 2016 e il 2017 e che si era poi diffusa in tutto il mondo, paralizzando multinazionali come il gigante danese delle spedizioni Maersk, della logistica FedEx e la società farmaceutica Merck.

    Quello a sostegno di Kiev sarà il primo dispiegamento del Cyber Rapid Response Team, la squadra operativa del programma di cooperazione per la difesa (PESCO) specializzata in risposte ai cyberattacchi

  • in

    Via libera al piano di aiuti UE per l’Ucraina da 1,2 miliardi per affrontare la minaccia russa: ora potrà raggiungere Kiev

    Bruxelles – A tre settimane dalla presentazione del piano di aiuti da 1,2 miliardi di euro per l’Ucraina, l’iter di approvazione del sostegno UE a Kiev per affrontare la minaccia russa ai suoi confini è stato completato grazie al via libera dei 27 ministri degli Esteri. “L’Unione Europea ha agito in modo rapido e deciso per aiutare l’Ucraina e ora l’assistenza macrofinanziaria può raggiungere Kiev“, ha commentato Bruno Le Maire, ministro francese dell’Economia e delle finanze e presidente di turno del Consiglio dell’UE.
    L’assistenza di emergenza da 1,2 miliardi di euro sarà fornita sotto forma di prestiti, per promuovere la stabilità in Ucraina e per “fornire un rapido sostegno in una situazione di crisi acuta”. La proposta formale da parte della Commissione Europea era arrivata lo scorso primo febbraio, a una settimana dall’annuncio da parte della stessa leader dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen. Gli eurodeputati avevano approvato la misura la scorsa settimana in sessione plenaria a Strasburgo con 598 voti a favore, 55 contrari e 41 astenuti, mentre i co-legislatori del Consiglio dell’UE ne hanno finalizzato oggi (lunedì 21 febbraio) l’adozione.
    L’accelerazione del processo di approvazione del pacchetto di aiuti UE per l’Ucraina è arrivato sullo sfondo delle tensioni geopolitiche al confine orientale, a causa della mancata de-escalation da parte della Russia, che sta avendo “un effetto negativo sulla stabilità economica e finanziaria” del Paese, si legge nella nota del Consiglio Affari Esteri. “Le persistenti minacce alla sicurezza hanno già innescato un sostanziale deflusso di capitali” e l’Ucraina “sta perdendo l’accesso ai mercati internazionali dei capitali a causa dell’accresciuta incertezza geopolitica e del suo impatto sulla situazione economica”.
    L’assistenza macrofinanziaria di emergenza avrà una durata di un anno e consisterà in due erogazioni. La prima tranche raggiungerà subito Kiev, con l’entrata in vigore del protocollo d’intesa (MoU) su specifiche misure di politica strutturale. La seconda sarà invece legata alla “continua e soddisfacente attuazione” sia di un programma del Fondo monetario internazionale (FMI) sia delle misure politiche concordate nel protocollo d’intesa, che si concentrerà su un “numero limitato di azioni politiche fattibili a breve termine nei settori prioritari più urgenti“, come il rafforzamento della resilienza e della stabilità economica, dell’energia, della governance e dello Stato di diritto.

    I ministri degli Esteri dei Ventisette hanno votato a favore del pacchetto a sostegno di Kiev per affrontare la minaccia russa. Il processo di approvazione da parte dei co-legislatori è stato completato in tre settimane dalla proposta formale della Commissione Europea

  • in

    La Russia annuncia il ritiro di parte delle truppe dal confine con l’Ucraina. Cauto ottimismo tra i governi europei

    Bruxelles – Alla vigilia del giorno X per l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia – almeno secondo quanto emerso negli ultimi giorni dalle previsioni dell’intelligence statunitense – Mosca sembra essere pronta a ritirare dalla frontiera occidentale alcune delle truppe schierate per esercitazioni militari. A riferirlo è l’agenzia di stampa Tass, citando il portavoce del ministero della Difesa russo: “Considerato che l’addestramento militare sta per terminare, le unità dei distretti militari sud e ovest hanno già iniziato a caricare il personale e l’equipaggiamento sui mezzi di trasporto ferroviario e automobilistico e oggi inizieranno a dirigersi verso le loro basi militari”.
    Nel giorno della visita a Mosca da parte del cancelliere tedesco, Olaf Scholz – che ha ribadito la necessità di “ritirare le truppe dal confine con l’Ucraina” – il ministro degli Esteri della Russia, Sergej Lavrov, ha accusato l’Occidente di “terrorismo mediatico” e ha dichiarato che la parziale smobilitazione delle forze “era pianificata e non dipende dall’isteria delle potenze occidentali”. A frenare gli entusiasmi è stato il segretario della NATO, Jens Stoltenberg, prima dell’incontro di domani (mercoledì 16 febbraio) tra i ministri della Difesa dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord. “Non ci sono segnali sul terreno che confermino la riduzione delle truppe della Russia ai confini dell’Ucraina“, ha messo in chiaro Stoltenberg, senza comunque chiudere ai “segnali da Mosca che la diplomazia deve continuare, un motivo di cauto ottimismo”. Per considerarla una vera e propria de-escalation, la NATO vuole vedere il “ritiro di mezzi pesanti e dell’equipaggiamento, non solo quello dei soldati”, considerato il fatto che il vero problema riguarda il mantenimento delle infrastrutture militari “dalla scorsa primavera”.
    Anche se l’annuncio del ritiro delle truppe dalla frontiera con l’Ucraina deve essere ancora confermato dai fatti, come scrivevamo ieri la minaccia reale alla sicurezza europea portata dalla Russia di Vladimir Putin ha comunque fatto scoprire all’Unione Europea di essere più unita di quanto si potesse immaginare. E ora l’ottimismo (cauto) può essere una chiave su cui impostare le prossime giornate comunque molto tese. “Ogni vero passo di de-escalation sarebbe un motivo di speranza“, ha dichiarato la ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock, che ha però avvertito che “gli annunci devono ora essere seguiti da azioni”. Sulla stessa linea il governo francese: “Se questa notizia positiva venisse confermata, sarebbe un segnale di de-escalation che chiediamo da settimane“, ha riferito in conferenza stampa il portavoce dell’Eliseo, Gabriel Attal.

    Discussed with Prime Minister of Italy #MarioDraghi the security challenges facing Ukraine and Europe today. Exchanged views on intensifying the work of all negotiation formats and unblocking the peace process. I appreciate 🇮🇹’s support for 🇺🇦!
    — Володимир Зеленський (@ZelenskyyUa) February 15, 2022

    Dall’altra parte della frontiera, il ministro degli Esteri dell’Ucraina, Dmytro Kuleba, ha avvertito che “solo quando ci sarà un ritiro effettivo delle truppe della Russia, parleremo di de-escalation”, perché a Kiev “abbiamo una regola, crediamo solo a quello che vediamo”. Parlando alla BBC, Kuleba ha spiegato che l’Ucraina è al lavoro con i partner occidentali per “prevenire un’ulteriore escalation”. Nel frattempo, il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha fatto sapere con un tweet di aver avuto uno “scambio di opinioni” con il premier Mario Draghi “sull’intensificazione del lavoro di tutti i formati negoziali e sullo sblocco del processo di pace”. Palazzo Chigi ha reso noto invece che il premier Draghi ha ribadito il sostegno dell’Italia all’integrità territoriale dell’Ucraina. Proprio a Kiev è atteso oggi (martedì 15 febbraio) il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, nel primo appuntamento della missione diplomatica sulla frontiera orientale che giovedì lo dovrebbe portare a Mosca a colloquio con Lavrov.
    Una nuova preoccupazione per l’Unione Europea riguarda però le zone ucraine non controllate dal governo di Kiev, ovvero le regioni di Donetsk e Luhansk: oggi la Duma di Stato russa ha presentato un appello al presiedente Putin perché le riconosca come entità indipendenti. “Si tratterebbe di una chiara violazione degli accordi di Minsk“, ha attaccato l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell. Il sostegno di Bruxelles all’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale ucraina all’interno dei suoi confini “rimane incrollabile” e Borrell ha esortato il Cremlino a “mantenere i suoi impegni in buona fede”. Gli ha fatto eco il cancelliere tedesco Scholz, al termine del colloquio con Putin: “Il riconoscimento da parte di Mosca delle due repubbliche separatiste sarebbe una catastrofe politica“.
    Intanto dal Parlamento UE è arrivato il via libera alla decisione della Commissione UE di stanziare un piano di aiuti da 1,2 miliardi di euro per aiutare l’Ucraina a “coprire il fabbisogno di finanziamento residuo nel 2022”, si legge nel testo approvato con 598 voti a favore, 53 contrari e 43 astenuti. Secondo la relazione, le motivazioni vanno ricercate nelle “crescenti tensioni geopolitiche”, che “stanno avendo effetti negativi sulla già precaria stabilità economica e finanziaria dell’Ucraina“. Più nello specifico, “le persistenti minacce per la sicurezza hanno determinato un sostanziale deflusso di capitali” e “l’impatto negativo sugli investimenti futuri riduce ulteriormente la resilienza del Paese agli shock economici e politici”, sottolineano gli eurodeputati.

    The EU strongly condemns the Russian State Duma’s decision to submit a call to President Putin to recognise the non-government controlled areas of Donetsk and Luhansk oblasts of Ukraine as independent entities. This recognition would be a clear violation of the Minsk agreements.
    — Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) February 15, 2022

    Si attendono segnali sul terreno di una smobilitazione di truppe e infrastrutture dalla frontiera occidentale. Ma intanto preoccupa il possibile riconoscimento di Mosca delle repubbliche separatiste di Donetsk e Luhansk

  • in

    Gli USA si preparano ad evacuare i propri cittadini dall’Ucraina. L’UE mantiene “la normale attività diplomatica”

    Bruxelles – Se davvero è stretto il coordinamento tra le potenze occidentali in Ucraina, oggi sembra tutto il contrario. Secondo quanto dichiarato dal presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, in un’intervista per NBC News, “i cittadini statunitensi devono prepararsi all’evacuazione e partire ora dall’Ucraina“. Nello stesso momento, l’UE ribadisce che “manterremo la normale attività diplomatica nel Paese”.
    La preoccupazione e il “fare tutto il possibile per ridurre le tensioni e per trovare una soluzione diplomatica” – per usare le parole del portavoce del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE), Peter Stano – evidentemente si sta gestendo in modo diverso sulle due sponde dell’Atlantico. Secondo valutazioni dell’intelligence statunitense, l’esercito russo potrebbe lanciare in pochi giorni un’invasione su larga scala, che porterebbe i carri armati di Mosca nella capitale Kiev entro 48 ore. “Il presidente Vladimir Putin è abbastanza sciocco da entrare, ma è anche abbastanza intelligente da non fare nulla che abbia un impatto negativo sui cittadini americani”, ha affermato senza mezzi termini Biden.
    Rispondendo nel merito della possibilità di evacuazione dall’Ucraina, il portavoce del SEAE ha chiarito durante il punto quotidiano con la stampa di Bruxelles che “ogni Paese membro gestisce autonomamente la valutazione di queste operazioni, ma per quanto riguarda il personale diplomatico UE non ci sono novità”. Tuttavia, “la situazione è sotto stretto monitoraggio e attendiamo la risposta alla lettera inviata ieri dall’alto rappresentante, Josep Borrell“, ha precisato Stano, aprendo alla possibilità di un cambio di rotta nei prossimi giorni se si dovessero verificare un’escalation di tensione  militare.
    Sta di fatto che il contrasto con i preparativi statunitensi per l’evacuazione dall’Ucraina si fa notare. “I cittadini statunitensi che si trovano in Ucraina devono partire ora con mezzi commerciali o privati”, si legge in una nota diramata dall’ambasciata USA in Ucraina. “Quelli che restano, esercitino maggiore prudenza a causa della criminalità, dei disordini civili e di potenziali operazioni di combattimento, nel caso la Russia intraprenda l’azione militare”, aggiunge la nota. Il presidente Biden ha ricordato che “non abbiamo a che fare con un’organizzazione terroristica, ma con uno dei più grandi eserciti del mondo” e che “la situazione potrebbe degenerare rapidamente”.
    Quanto rapidamente lo ha messo in chiaro il segretario di Stato, Antony Blinken: “L’invasione russa potrebbe iniziare in qualsiasi momento”, considerata l’escalation con “nuove forze che arrivano al confine ucraino”. La finestra temporale – che giustifica i messaggi di oggi sull’evacuazione dall’Ucraina del personale diplomatico e non – sarebbe imminente: “Per essere chiari potrebbe iniziare anche durante le Olimpiadi“, ha precisato Blinken. I Giochi Olimpici invernali in corso a Pechino termineranno domenica prossima (20 febbraio), per una settimana ad altissima tensione sul fronte orientale.

    Il presidente Joe Biden chiede a tutti i cittadini statunitensi di abbandonare il Paese, mentre per l’UE non è ancora tempo per l’evacuazione del personale. “L’invasione russa potrebbe iniziare anche durante le Olimpiadi in corso”

  • in

    La NATO avverte sul “rischio reale di conflitto” in Ucraina, ma spinge per risolvere la crisi attraverso il dialogo con la Russia

    Bruxelles – Dopo mesi di avvertimenti sul potenziamento della presenza militare russa lungo i suoi confini occidentali, il rischio che si apra un nuovo fronte di guerra in Europa è “reale” e, nonostante gli sforzi diplomatici, “il dialogo con Mosca potrebbe fallire“. È questo l’avvertimento arrivato dal segretario generale dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (NATO), Jens Stoltenberg, sul livello di tensione raggiunto tra Russia e Ucraina: “L’ammassamento di truppe russe è continuato e Mosca non ha preso nessuna misura per una de-escalation, si tratta di una minaccia per la sicurezza europea”.
    Il punto sulla situazione alla frontiera orientale dell’Ucraina è stato riportato da Stoltenberg alla stampa al termine del vertice straordinario dei ministri degli Esteri della NATO di oggi (venerdì 7 gennaio), dopo una settimana rovente per i rapporti con il Cremlino. “Decine di migliaia di soldati e strumenti di guerra elettronica, combinati con una retorica violenta e incendiaria, rendono evidente quanto sia fondamentale sederci al tavolo del dialogo quando la tensione è alle stelle“, ha ribadito Stoltenberg.
    Il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg (7 gennaio 2022)
    La NATO rimane “fortemente impegnata in ogni sforzo” per trovare una soluzione alla crisi attraverso la diplomazia e lo dimostra il calendario fitto di incontri dell’inizio della prossima settimana. Lunedì (10 gennaio) Stoltenberg riceverà il ministro degli Affari esteri ucraino, Dmytro Kuleba – lo stesso giorno in cui a Ginevra si terranno i colloqui bilaterali tra Stati Uniti e Russia – mentre due giorni più tardi si svolgerà la cruciale riunione del Consiglio NATO-Russia. Per Mosca sarà un banco di prova come nessun altro fino a questo momento: “Potrà dimostrare che è seriamente impegnata nella diplomazia, esprimendo le proprie preoccupazioni e cercando insieme a noi soluzioni praticabili in Ucraina”, è ciò che si aspettano gli alleati della NATO.
    Tuttavia il realismo è d’obbligo e “dobbiamo essere preparati alla possibilità che la diplomazia possa non avere successo”, ha messo in chiaro Stoltenberg. In questo scenario il messaggio è chiaro: “Ogni attacco militare avrà serie conseguenze e sarà pagato a caro prezzo dalla Russia“. Si parla di sanzioni “economiche e politiche”, come quelle in discussione a livello UE, ma anche di supporto sul campo al partner ucraino: “Non lasceremo spazio ad alcun dubbio, saremo subito pronti a rafforzare la capacità militare a scopo preventivo e a rispondere per garantire la stabilità del fronte orientale dell’Alleanza”.
    L’intervento NATO in Ucraina rimane però l’ultima spiaggia e prima si tenterà di impostare un confronto “incardinato sulla sicurezza dell’Europa”. La questione non riguarda solo Minsk e la sua “libertà di decidere le proprie alleanze”, ma tutto il continente. È per questa ragione che per la NATO “tutti gli alleati devono essere coinvolti, compresa l’Unione Europea” e anche gli Stati Uniti hanno riferito di non voler trovare “nessun accordo con la Russia se gli europei non saranno al tavolo dei negoziati”, ha spiegato Stoltenberg. Questo atteggiamento si incrocia con i ripetuti appelli dell’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, durate il suo recente viaggio sul confine orientale dell’Ucraina e nella capitale Kiev: “UE e Ucraina dovranno essere incluse in ogni discussione inerente alla sicurezza europea“. Un concetto condiviso anche dalla presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, e dal presidente di turno del Consiglio dell’UE, Emmanuel Macron, nel corso del loro incontro di oggi a Parigi.

    Dal vertice straordinario dei ministri degli Esteri NATO è emersa la necessità di impegnare Mosca in uno sforzo diplomatico, ma ci si prepara a un possibile fallimento: “Ogni attacco militare sarà pagato a caro prezzo”, ha avvertito il segretario Stoltenberg

  • in

    Usa e Russia un vertice “distante”. Sulla crisi ucraina Biden e Putin restano divisi ma il dialogo è aperto

    Roma – Nessun passo in avanti tra Joe Biden e Vladimir Putin anche se il dialogo resta aperto. Il presidente americano conferma le minacce di sanzioni durissime in caso di superamento dei confini dell’Ucraina. Il presidente della federazione Russa insiste nella richiesta di tenere lontana Kiev dalla NATO.
    Due ore davanti agli schermi ai due leader sono bastate per sciogliere il gelo ma non per trovare soluzioni alla tensione salita in Europa orientale con le truppe del Cremlino concentrate a migliaia ai confini con il Paese “cuscinetto”. Come era accaduto alla vigilia Biden ha poi avuto un secondo colloquio con gli alleati europei Italia, Francia, Germania e Gran Bretagna e giovedì parlerà con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
    “Nessuna concessione, il Presidente è stato diretto e chiaro” ha detto Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale al termine del vertice, ribadendo “serie conseguenze” se la Russia deciderà di muoversi oltre confine. Il rafforzamento delle sanzioni era definito in precedenza e prevede una stretta economica pesante, dall’esclusione delle banche russe dai circuiti del sistema finanziario internazionale, alle limitazioni nel settore energetico, oltre che una serie di restrizioni alla libera circolazione di manager e oligarchi.
    Da Mosca Putin ha replicato che “i soldati russi sono sul loro territorio e non stanno minacciando nessuno”, al contrario “è la NATO che sta facendo pericolosi tentativi di conquistare il territorio ucraino e sta aumentando il suo potenziale militare ai nostri confini”. L’accusa lanciata al governo di Kiev e di voler smantellare gli accordi di Minsk con le continue provocazioni adottate verso la comunità russofona del Donbass, nel sud-est della repubblica ucraina.
    Le posizioni restano dunque distanti e solo una timida apertura, “una buona discussione” secondo la fonte del Cremlino, si è registrata sulla questione iraniana, che fa sperare positivamente nel riavvio del negoziato del trattato sul nucleare annunciato la scorsa settimana.
    Nonostante le minacce, condivise dagli alleati europei, la Casa Bianca punta all’azione diplomatica e il recupero degli accordi di Minsk. “I due presidenti – si legge nella nota diffusa da Washington – hanno incaricato i loro team di approfondire e gli Usa lo faranno in stretto coordinamento con gli alleati e partner”.
    Da Bruxelles prima del vertice, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, aveva assicurato il sostegno dell’UE che nei confronti della Russia “risponderà in modo appropriato in caso di una nuova aggressione, di violazioni del diritto internazionale e di qualsiasi altra azione dolosa intrapresa contro di noi o i nostri vicini, inclusa l’Ucraina”.

    I due leader non cambiano posizione con gli Stati Uniti che minacciano sanzioni dure in caso di invasione e il Cremlino che chiede assicurazioni sulla necessità di allontanare i suoi confini dalla NATO. Dopo il vertice nuovo colloquio del presidente americano con gli alleati europei