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    L’Ue e lo spettro di un Trump 2.0. Balfour (Carnegie): “Rischio di divisioni ideologiche e tattiche”

    Bruxelles – Nell’anno elettorale in cui si decideranno gli equilibri tra le forze politiche nell’Unione Europea, le istituzioni comunitarie a Bruxelles devono già iniziare a prestare attenzione e considerare le implicazioni di quanto potrebbe succedere Oltreoceano. Perché, in vista delle presidenziali del 5 novembre negli Stati Uniti, le possibilità di Donald Trump di tornare alla Casa Bianca (nonostante ancora non sia ufficialmente il candidato del Partito Repubblicano) preoccupano il presidente uscente. “Nelle istituzioni si stia iniziando a prendere coscienza e si sta consolidando la convinzione che un secondo mandato di Trump non sarà come primo, ma diverso e focalizzato su alcuni obiettivi specifici“, spiega a Eunews la direttrice del think tank Carnegie Europe, Rosa Balfour, tracciando i potenziali rischi per l’Europa.L’ex-presidente degli Stati Uniti, Donald TrumpPrima di tutto Balfour sottolinea con forza la necessità di tenere a mente che – nello scenario di un Trump 2.0 negli Stati Uniti – “non ci sarà l’incertezza del periodo iniziale” del primo mandato nel 2016. Sette anni più tardi attorno a The Donald c’è una classe dirigente “pronta a lavorare nella nuova amministrazione con delle idee” formulate da think tank che sono “piuttosto espliciti, dal commercio internazionale all’Ucraina e la Nato”. Ma tra le questioni più preoccupanti non bisogna dimenticare le implicazioni dell’atteggiamento del nuovo presidente una volta entrato in carica: “Trump sarà molto concentrato sulla vendetta personale, sarà come una caccia alle streghe nei confronti degli oppositori politici degli ultimi anni, democratici ma anche repubblicani, e dei funzionari che hanno impedito il ribaltamento del voto nel 2020″. In altre parole, secondo la direttrice di Carnegie Europe “quella statunitense sarà una democrazia in pericolo, in modo sistematico e serio“.Considerare le implicazioni interne negli Stati Uniti è inevitabile nel ragionamento sulle conseguenze per l’Unione Europea. “Per gli europei significa non poter più fare affidamento sul sistema di controlli e contrappesi americano“, tra cui quegli “adulti nella stanza” che durante la prima amministrazione Trump hanno fatto sparire dalla scrivania dello Studio Ovale i dossier più controversi. Con l’alleato più stretto dell’Ue che si incammina in un “tentativo di distruzione della democrazia”, va considerato che “anche l’agenda di politica estera seguirà questo tracciato“, avverte Balfour. Come l’appartenenza alla Nato. Nonostante sia stato reso quasi impossibile il ritiro unilaterale per decisione presidenziale (serve una supermaggioranza in Senato o un atto del Congresso), è altrettanto vero che “può venir meno ad alcuni impegni e quindi sarebbe come non partecipare”. Allo stesso modo si può considerare la questione ucraina: “Se Trump e Putin si accordano per la pace, negozieranno senza consultare i partner ucraini ed europei“, lasciando non solo libertà di manovra alla Russia per “continuare a destabilizzare ciò che rimane dell’Ucraina”, ma anche indebolendo tutta la politica europea di sostegno all’Ucraina “anche se mantenesse il livello richiesto”, è la previsione della direttrice del think tank.Rosa BalfourLe preoccupazioni riguardo un’eventuale rielezione dell’ex-presidente repubblicano alla Casa Bianca si riversano anche nel campo europeo. “Ragionare su come prepararsi non è facile“, spiega Balfour: “Un po’ perché è difficile prevedere Trump, non avendo un’ideologia chiara, e un po’ perché gli europei non condividono una visione di cosa comporterebbe una sua amministrazione”. Il rischio reale è quello di una “frammentazione politica, a livello ideologico ma anche tattico”, mentre lo scenario più prevedibile è quello di un aumento delle tariffe doganali, che “avrebbe un impatto devastante per l’Unione Europea” e per l’equilibrio con il suo partner più stretto (con cui però è in vigore nessun accordo commerciale).Sul piano politico il pericolo è una divisione tra i Ventisette non in due fazioni, ma almeno tre. La prima è quella che spingerebbe sull’autonomia strategica dell’Unione – capeggiato dalla Francia – “anche se per il momento è un discorso astratto, visto che sul fronte della difesa gli europei stanno sostanzialmente comprando armi dagli americani”. La seconda è quella di chi tenterà di “ingraziarsi Washington in modo tattico“, cioè i Paesi fortemente filo-atlantici come la Polonia. E infine il terzo gruppo sarebbe quello dei governi e partiti filo-trumpiani, “che potrebbero andare per conto proprio”. L’attenzione della direttrice del Carnegie Europe è non solo sul premier ungherese, Viktor Orbán – “osannato negli Stati Uniti come leader della destra estrema” – ma anche sulla prima ministra italiana, Giorgia Meloni, che potrebbe trovarsi in grossa difficoltà per il forte impegno sul fronte ucraino e il forte atlantismo, ma la parallela vicinanza ideologica un The Donald imprevedibile se rieletto alla Casa Bianca a novembre.

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    UE preoccupata da un ritorno di Trump. “Importante che UE e USA lavorino insieme”

    Bruxelles – L’avanzata di Donald Trump preoccupa l’Unione europea. L’ex presidente degli Stati Uniti e candidato repubblicano per la Casa Bianca alle presidenziali di novembre, vince il confronto elettorale (caucus) in Iowa con i concorrenti di partito, ergendosi a sfidante principale dei democratici. Si profilano scenari che a Bruxelles generano timori per le relazioni trans-atlantiche. “Nell’attuale situazione geopolitica è importante che l’Ue e gli Stati Uniti continuino a lavorare fortemente insieme, che è il modo migliore di affrontare le sfide”, ragiona Valdis Dombrovskis, commissario per il Commercio e un’Economia al servizio delle persone, al termine dei lavori del consiglio Ecofin.La passata stagione trumpiana nel Vecchio continente ha lasciato strascichi. Guerra commerciale a colpi di dazi, minacce e ricatti al ‘made in’ per mancati acquisti di prodotti Usa, tensioni in materia di difesa con diverse visioni sulla NATO e il suo futuro. Si teme all’orizzonte un ritorno ad un passato a cui si è lavorato, con l’attuale amministrazione, per liberarsene. Cinque anni passati a ricostruire una relazione rimessa in discussione, come dimostra l’accordo sui dazi per l’acciaio, con il rischio di dover ricominciare tutto daccapo. Un ritorno eventuale di Trump impone le riflessioni del caso. “E’ chiaro che dobbiamo rafforzare noi stessi“, sottolinea ancora Dombrovskis.L’Europa deve sapere essere unita, avverte anche Guy Verhofstadt, ex premier belga, oggi deputato europeo. Politico di lungo corso, avverte: “I Repubblicani inviano un messaggio al mondo: la democrazia lotta per la sopravvivenza”. Con Trump alla testa degli Stati Uniti “finestra chiusa anche per l’Europa”.Congratulations to @realDonaldTrump on the landslide Iowa caucuses victory!— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) January 16, 2024A dispetto del nome, però, l’Europa mostra meno compattezza. Tra gli Stati membri Ungheria e Italia fanno complimenti e tifo per Trump. Il primo ministro di Bupadest, Viktor Orban, saluta la vittoria in Iowa con sul profilo X, dove pubblica la foto dell’esponente repubblicano corredata dalla scritta “una vittoria attesa da tempo”, con tanto di immagine di mani che applaudono. Il leader della Lega e ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, sfoggia il suo inglese per esprimere le personali “congratulazioni a Donald Trump per la schiacciante vittoria del caucus dell’Iowa”.Per un’Europa che guarda oltre Atlantico con preoccupazione ce n’è dunque un’altra che osserva con tutt’altro punto di vista. Da spiegare, però. Perché sulla partita della  sostenibilità, dove pure l’Italia ha molto da dover fare e anche di più da perdere, la concorrenza USA rischia di pesare, non poco, su percorso di riforme e rilancio dell’economia. Il Green Deal è in tutto e per tutto una sfida geopolitica agli Stati Uniti, che a questa sfida hanno risposto con misure protezionistiche quali l’Inflation Reduction Act. Se l’attuale presidente, il democratico Joe Biden, è ‘l’amico’ dell’UE, le preoccupazioni su Trump potrebbero non essere proprio del tutto infondate.

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    L’autonomia strategica Ue della discordia. Macron divide l’Europa sui rapporti con Cina e Stati Uniti

    Bruxelles – Si accende in Europa il tema della sovranità dell’Ue, sulle strategie, sui partner e sulle direttrici da seguire. Il tutto sullo sfondo delle accese polemiche sulle parole proprio su questo tema del presidente francese, Emmanuel Macron, di ritorno dal viaggio di Stato in Cina. Un’Europa come “terzo polo” tra Washington e Pechino non piace a tutti, soprattutto quando si parla di un ripensamento dei rapporti anche con il principale partner dell’Ue, gli Stati Uniti. Eppure la visione dell’inquilino dell’Eliseo sembra essere non tanto una provocazione o un tentativo di rendere equidistante il continente dalle due superpotenze, quanto un ri-orientamento strategico dell’Unione per non far dipendere le proprie scelte di politica estera, energetica ed economica del futuro da vincoli da un solo attore geopolitico.
    l vertice trilaterale tra la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, il presidente della Repubblica Popolare Cinese, Xi Jinping, e il presidente della Francia, Emmanuel Macron, a Pechino (6 aprile 2023)
    Il tutto nasce dalle parole del presidente francese riportate da Politico, da cui emerge un’idea di svincolarsi dalla dipendenza anche rispetto agli Stati Uniti, in particolare su questioni spinose come lo scontro tra blocchi e i rapporti tra Cina e Taiwan. Secondo il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, la posizione del leader francese non sarebbe un unicum tra i Ventisette, anche se “al tavolo del Consiglio possono esserci sfumature e sensibilità”. Tra i 27 capi di Stato e di governo “alcuni non direbbero le cose nello stesso modo in cui le ha dette Macron”, ma in ogni caso “credo che non pochi la pensino davvero come Macron“, ha confessato Michel alla trasmissione Faute à l’Europe. Lo stesso numero uno del Consiglio Ue si è detto d’accordo sul fatto che “c’è un grande attaccamento alla nostra alleanza con gli Stati Uniti, ma questo non presuppone che noi seguiamo ciecamente la posizione degli Stati Uniti su tutte le questioni“.
    Tra i favorevoli sicuramente non c’è il primo ministro polacco, Mateusz Morawiecki: “Invece di costruire un’autonomia strategica dagli Stati Uniti, propongo un partenariato strategico”, ha commentato seccamente le parole del leader francese, in partenza per Washington. Riprendendo le parole del premier ungherese, Viktor Orbán, il suo direttore politico, Balázs Orbán, ha sostenuto la linea opposta: “Attualmente l’Ue sta adottando acriticamente la posizione degli Stati Uniti, presentando gli interessi americani come interessi europei, è proprio per questo che oggi l’Europa è uno dei perdenti della guerra in Ucraina”. Di ritorno dal viaggio a Pechino con Macron, ha tenuto una linea più discreta la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, che non si è esposta direttamente sui retroscena dell’incontro con il presidente cinese, Xi Jinping. “Il protocollo riservato ai due leader è stato differente, perché Macron era in visita di Stato mentre von der Leyen in una visita di lavoro di alto livello”, ha puntualizzato il portavoce-capo dell’esecutivo comunitario, Eric Mamer: “L’obiettivo era partecipare all’incontro trilaterale e in quell’occasione dare un messaggio comune alla Cina”. Anche l’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, si sarebbe dovuto recare a Pechino da domani a sabato, ma il viaggio è stato annullato all’ultimo dopo il test Covid-19 positivo dello stesso Borrell.
    La sovranità economica secondo Macron
    Per Macron l’obiettivo rimane comunque costruire una sovranità economica europea e, per raggiungerlo, “l’Europa ha smesso di essere ingenua, ora può difendere i suoi interessi, i suoi valori e la sua indipendenza”, ha esordito in un tweet programmatico. “Stiamo lavorando per creare condizioni di parità per le nostre imprese, affinché i Paesi terzi rispettino standard ambiziosi e valori universali”, in un progetto di “un’Europa che difende i propri interessi e valori, che mantiene il controllo del proprio destino, che crea posti di lavoro e che porta a termine con successo la transizione climatica”.
    Il presidente della Francia, Emmanuel Macron
    In primis, “la forza dell’Europa è il suo Mercato unico“, ha puntualizzato il presidente francese, facendo riferimento all’impegno per “far emergere attori forti che incarnino la nostra sovranità, innovando, riformando, rafforzando i nostri sistemi di istruzione e formazione, mobilitando i capitali in modo più efficace”. Parallelamente “far progredire la politica industriale europea significa proteggere meglio le nostre imprese“, attraverso una “strategia di lotta alle distorsioni della concorrenza, di riduzione delle dipendenze strategiche e di protezione della proprietà intellettuale”. Tra le direttrici principali ci sono il Net-Zero Industry Act, “ci permetterà di accelerare lo sviluppo delle nostre industrie che contribuiscono alla transizione climatica, semplificando le nostre regole e procedure”, e l’European Chips Act: “Essendo un settore così essenziale per le nostre industrie, le nostre economie e le nostre società, l’Europa doveva investire nei semiconduttori del futuro”.
    Sul fronte dei rapporti con i partner “faremo in modo che, per accedere al Mercato europeo, i produttori dei Paesi terzi siano soggetti alle stesse regole di produzione di quelli dell’Unione” – come misura per tutelare i consumatori sugli standard dei prodotti e le aziende dalla concorrenza sleale – e “in ogni negoziato commerciale dovremo integrare criteri di sostenibilità come il rispetto dell’Accordo di Parigi e la conservazione della biodiversità, l’equità, l’equilibrio, la compatibilità con i nostri interessi strategici”, ha aggiunto lo stesso Macron.

    La souveraineté économique de notre Europe.
    C’est notre objectif.
    Pour l’atteindre, l’Europe a cessé d’être naïve. Elle peut désormais défendre ses intérêts, ses valeurs et son indépendance.…
    — Emmanuel Macron (@EmmanuelMacron) April 12, 2023

    Le parole di Macron sull’Europa “terzo polo”
    “Per troppo tempo l’Europa non ha costruito questa autonomia strategica, oggi la battaglia ideologica è stata vinta, ma non vogliamo entrare in una logica di blocco contro blocco“, ha messo in chiaro Macron di fronte alla stampa a bordo dell’aereo presidenziale che l’ha riportato a Parigi dopo la visita di Stato a Pechino. In particolare nell’intervista pubblicata da Les Echos, emerge chiaramente il pensiero dell’inquilino dell’Eliseo a proposito dell’attuazione dell’autonomia strategica: “La trappola per l’Europa sarebbe che, nel momento in cui ottiene un chiarimento della sua posizione, si trovi coinvolta in uno sconvolgimento del mondo e in crisi che non sono nostre”.
    Il presidente della Francia, Emmanuel Macron (credits: Ludovic Marin / Afp)
    A proposito dell’invasione russa in Ucraina, Macron ha insistito sul fatto che “lo scopo del dialogo con la Cina è consolidare approcci comuni”, a partire dal “sostegno ai principi della Carta delle Nazioni Unite” e il “chiaro richiamo” sull’arma nucleare e sul rispetto del diritto umanitario, fino all’impegno per “una pace negoziata e duratura”. E nonostante l’Ucraina non rappresenti una priorità per la diplomazia cinese “questo dialogo ci permette di temperare i commenti che abbiamo sentito su una forma di compiacimento nei confronti della Russia“, ha insistito Macron. Allargando il quadro, tuttavia, Pechino è interessata che l’Europa si ritagli un ruolo di terzo attore non legato agli Stati Uniti. E questo tema riguarda anche la questione di Taiwan: “La cosa peggiore sarebbe pensare che noi europei dovremmo essere dei seguaci su questo tema e adattarci al ritmo americano e a una reazione eccessiva della Cina, ma perché dovremmo seguire il ritmo scelto da altri?”
    È qui che si innesta la questione dell’autonomia strategica. “Noi europei dobbiamo svegliarci, la nostra priorità non è adattarci all’agenda degli altri in tutte le regioni del mondo”, ha sottolineato con forza ai giornalisti il presidente francese, ricordando che “se ci sarà un’accelerazione del duopolio, non avremo il tempo né i mezzi per finanziare la nostra autonomia strategica e diventeremo dei vassalli“. Al contrario, se si riuscirà a mantenere un equilibrio – non equidistanza, come precisano dall’Eliseo – tra Washington e Pechino, “potremo essere il terzo polo, con qualche anno per costruirlo”. Una strategia che ha appena iniziato a muovere i primi passi – “ci siamo dotati di strumenti di difesa e di politica industriale, ci sono stati molti progressi con il Chips Act, il Net Zero Industry Act e il Critical Raw Material Act” – ma che ancora ha bisogno di tempo: “La guerra in Ucraina sta accelerando la domanda di attrezzature di difesa, ma l’industria europea della difesa non soddisfa tutte le esigenze e rimane molto frammentata“.
    Se gli squilibri nei rapporti con Pechino sono ben evidenti e hanno bisogno di essere risolti, anche la relazione con gli Stati Uniti ha bisogno di un ripensamento secondo Macron, perché l’Europa non si vincoli acriticamente alle scelte di campo di Washington e possa dialogare da pari a pari con il suo partner più stretto. “Autonomia strategica significa avere opinioni convergenti con gli Stati Uniti ma, che si tratti dell’Ucraina, del rapporto con la Cina o delle sanzioni, abbiamo una strategia europea“, con l’obiettivo di “non dipendere dall’altro, mantenendo una forte integrazione delle nostre catene del valore laddove possibile e non dipendendo dall’extraterritorialità del dollaro”. Non un rovesciamento dei rapporti, né una posizione neutra nella contrapposizione tra Washington e Pechino, ma la definizione di capisaldi e linee rosse europee: “Le battaglie da combattere oggi consistono da un lato nell’accelerare la nostra autonomia strategica e dall’altro nel garantire il finanziamento delle nostre economie”. Evitando il paradosso di “seguire la politica statunitense per una sorta di riflesso di panico, nel momento in cui stiamo mettendo in atto gli elementi di una vera autonomia strategica”.

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    Green Deal, adesso la sfida geopolitica dell’Ue è con gli Stati Uniti

    Bruxelles – Alla fine il Green Deal si scontra con la realpolitik. L’enfasi, sia pur giustificata e comprensibile, su una trasformazione dell’economia in senso nuovo e più sostenibile, ora fa i conti con il mondo reale. L’Unione europea ha deciso di essere leader, di dare il buon esempio. Nel fare da apri-pista, però, si è improvvisamente schiacciata da un partner deciso a superarla, gli Stati Uniti, e il mondo orientale – Paesi del golfo, Cina e India su tutti – ancora legata a quei vecchi sistemi produttivi che invece l’Ue vorrebbe superare. Il blocco a dodici stelle può rivendicare una svolta ‘green’ oltre Atlantico, che però rischia di tradursi in una sfida Ue-Stati Uniti tutta nuova.
    Le ripercussioni a livello globale della guerra tra Russia e Ucraina hanno indotto l’amministrazione Biden al varo dell’Inflation reduction act. Il provvedimento, varato per frenare l’inflazione, finisce per favorire quel settore in cui l’Ue vorrebbe tanto essere all’avanguardia. Credito d’imposta per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili per i progetti che iniziano la costruzione prima dell’1 gennaio 2025, 250 milioni di dollari in sovvenzioni per la produzione domestica di pompe di calore disponibili fino a settembre 2024, sovvenzioni per 5,8 miliardi di dollari per l’industria ad alta intensità energetica per l’installazione di tecnologie avanzate per ridurre le emissioni di gas serra delle strutture. Ancora, credito d’imposta sulla produzione per la produzione nazionale di componenti per l’energia solare ed eolica, inverter, componenti per batterie e minerali critici, programma di sovvenzioni da 2 miliardi di dollari per la produzione nazionale di veicoli puliti (ibridi, ibridi elettrici plug-in, elettrici plug-in e a celle a combustibile a idrogeno).
    L’Unione europea si vede ‘aggredita’ su quel terreno di sviluppo industriale dove cercava di ricostruire una competitività persa. A oriente l’Europa degli Stati l‘Ue dipende dalla Russia per una quota significativa delle sue importazioni per tre materie prime critiche, platino, palladio e titanio, materiali indispensabili per lo sviluppo della tecnologia dell’idrogeno. Ancora più a est l’Ue dipende fortemente dalla Cina da tutte le materie prime utilizzate per la produzione di batterie, ad eccezione del litio. L’Ue non ciò di cui ha bisogno per le sue transizioni, e al contempo deve rispondere al dilemma statunitense.
    C’è il rischio che il massiccio piano degli Stati Uniti possa mettere questi in una posizione di vantaggio a scapito dell’Europa delle verdi ambizioni. L‘industria europea teme di perdere la corsa globale per la competitività, con l’impatto maggiore delle industrie automobilistiche e delle tecnologie pulite dell’Ue, come i produttori di batterie o di apparecchiature per l’energia solare o eolica. Timori aggravati dalla prospettiva che i prezzi dell’energia in Europa rimangano più alti che negli Stati Uniti e in altre parti del mondo nel medio termine, come conseguenza della guerra della Russia in Ucraina e dell’allontanamento dal gasdotto russo.
    Non è un caso se la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha annunciato il piano industriale per il Green Deal. Ma servirà prudenza. Se da una parte non agire di fronte all’Inflation Reduction Act potrebbe avere conseguenze negative sull’industria dell’Ue, dall’altra parte una guerra commerciale in piena regola con gli Stati Uniti minerebbe l’unità transatlantica in tempo di guerra e trasmetterebbe l’immagine di un Occidente diviso sia alla Russia che alla Cina. “L’Ue si trova di fronte alla sfida di impostare una reazione coerente agli Stati Uniti“, mettono in rilievo gli analisti del centro ricerche del Parlamento.
    L’Ue deve fare i conti con la realtà, e la realtà è che il conflitto in Ucraina rischia di far saltare tutta la strategie a dodici stelle. La situazione che si è creata – azzeramento delle relazioni con la Russia, aumento dei prezzi, crisi energetica, dipendenza dalla Cina – è “aggravata dal limitato spazio di manovra dell’amministrazione Biden che rende altamente improbabili modifiche legislative all’Inflation Reduction Act“. Servirà una capacità negoziale nell’auspicio che il partner transatlantico non spinga troppo sull’acceleratore di un svolta green che potrebbe spazzare via le velleità europee.

    L’Inflation Reduction Act rischia di vedere l’Ue inseguire il progresso Usa anziché essere leader. Gli analisti avvertono: “Altamente improbabili modifiche legislative, una guerra commerciale non aiuterebbe”

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    Washington rassicura Bruxelles: “Sapremo superare le preoccupazioni su Inflation reduction act”

    Bruxelles – Nessuno scontro, nessuna nuova guerra commerciale. Unione europea e Stati Uniti cercano un nuovo corso, con la rappresentante al Commercio di Washington, Katherine Tay, decisa a rassicurare i partner. “Sono fiduciosa che sapremo superare le preoccupazioni espresse sull’Inflation reduction act”, il provvedimento varato oltre oceano per frenare l’inflazione. Un dispositivo che nel vecchio continente è visto come uno strumento potenziale di sostegno alle imprese a stelle e strisce a scapito di quelle a dodici stelle.
    Il piano da circa 369 miliardi di dollari varato dall’ammnistrazione Biden tocca da vicino il settore delle tecnologie verdi, con l’Ue che vede minacciata la strategia politica e industriale racchiusa nel Green Deal e negli sforzi di transizione green. L’Inflation reduction act prevede, tra le altre cose, sgravi fiscali per acquistare prodotti Made in Usa tra cui automobili, batterie ed energie rinnovabili.
    “Gli incentivi e i sussidi certamente hanno un ruolo nello sviluppo delle tecnologie verdi, ma non devono mettere in discussione le regole del mercato”, ribadisce una volta di più il commissario Ue al Commercio, Valdis Dombrovskis, nella conferenza stampa congiunta di fine incontro. Richiami che trovano l’attenzione della controparte. “Il presidente Biden mi ha incaricata di promuovere lo sviluppo sostenibile e rafforzare le relazioni con l’Unione europea”, la replica di Tay.
    In tal senso c’è l’intesa della due parti a lavorare per fare in modo che prima dell’estate sia pronta la cooperazione per le catene di approvvigionamento e la green economy. Non solo. Unione europea e Stati Uniti intendono produrre “sforzi comuni per decarbonizzare il settore dell’alluminio e dell’acciaio”.
    Tutto sembra rientrare, dunque. L’Ue vuole evitare un nuovo scontro commerciale come quello esploso durante l’amministrazione Trump, che ha investito anche il settore siderurgico ma non solo quello. Un concetto chiaro che sia Tay sia Dombrovskis precisano, una dopo l’altro. “Abbiamo molto da guadagnare a lavorare insieme invece che farci la guerra commerciale“.

    . @PaoloGentiloni “We have one of the strongest relationships in decades with the United States This crisis has consequences above all for the European economy. We need to consolidate our industry rather than start a subsidy war with the 🇺🇸” @eunewsit pic.twitter.com/aT9TnMmNQe
    — emanuele bonini (@emanuelebonini) January 17, 2023

    Un concetto, quest’ultimo, ribadito nel corso di giornata anche dal commissario per l’Economia, Paolo Gentiloni, in occasione dei lavori del consiglio Ecofin, diverse ore prima del bilaterale Dombrovskis-Tay. “Abbiamo uno dei partenariati transatlantici più forti degli ultimi decenni, la nostra industria va resa più solida più che esporla a lotta di sussidi con gli Stati Uniti”.

    La rappresentante per il Commercio Usa: “Biden mi ha conferito l’incarico di rafforzare le relazioni con l’Ue”. Sollievo di Dombrovskis e Gentiloni: “No a guerra commerciale”

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    “Stati Uniti necessari ma non sufficienti, servono coalizioni più ampie”. Gentiloni rispolvera la Commissione geopolitica

    Bruxelles – Stati Uniti sì, ma non solo. Paolo Gentiloni rompe la logica della dipendenza geo-politica con Washington per uscire da schemi considerati ormai superati dalla mutata realtà e rilanciare le aspirazioni dell’Unione europea sullo scacchiere internazionale, riproponendo le ambizioni di Commissione geopolitica che il team von der Leyen aveva cullato a inizio mandato. Certo, il passaggio dall’amministrazione Trump all’amministrazione Biden “ha segnato un miglioramento nella qualità delle relazioni” tra le due parti, riconosce il commissario per l’Economia. Ma “per affrontare le sfide che il mondo sta affrontando la cooperazione transatlantica è una condizione necessaria ma non sufficiente“. Per questo, continua, “abbiamo bisogno di radunare coalizioni molto più ampie“.
    La presenza di Gentiloni al Frankfurt forum sulla geo-economia Europa-Stati Uniti è l’occasione per riprendere in mano il progetto di commissione geo-politica interrottosi bruscamente un anno fa, dopo gli annunci e le intenzioni del nuovo esecutivo comunitario. Sia chiaro, gli USA restano un partner chiave e imprescindibile, ma l’UE ha anche la necessità di non dover più dipendere così tanto politicamente da un alleato di lungo corso.
    Gentiloni ricorda che ci sono 35 paesi, inclusi tre membri del G20 [Cina, India e Sud Africa], che “hanno deciso di astenersi nella risoluzione delle Nazioni Unite che condanna l’invasione russa dell’Ucraina“. Una situazione che ricorda l’importanza di non dare niente per scontato, e di lavorare per evitare brutte sorprese. “Per aumentare la nostra influenza in altre parti del mondo, dobbiamo investire in esse”, l’appello di Gentiloni, che rilancia la strategia Global Gateway per relazioni sostenibili e affidabili con popoli e governi a beneficio di tutti. E rilancia pure quella Commissione geopolitica che doveva imprimere una volta non ancora avvenuta ma che oggi più che mai a Bruxelles si avverte come necessaria.

    Il commissario per l’Economia invita a lavorare attivamente in poltica estera. “Per aumentare la nostra influenza in altre parti del mondo, dobbiamo investire in esse”

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    Aborto, gli Stati Uniti ricordano all’UE che i valori non sono solidi come pietre

    Bruxelles – L’Europa reagisce, per niente compatta, al  diritto all’aborto negato da una sentenza della Corte suprema che riporta indietro l’America indietro di 50 anni.
    Una decisione arrivata mentre a Bruxelles i leader dell’Ue erano impegnati nei lavori del vertice del Consiglio europeo, ma che non sembra incontrato particolare resistenze. La Commissione resta silente. Solo l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue dice: “Le donne e le ragazze devono avere il diritto illimitato di decidere sul proprio corpo e sul proprio futuro”. Fine del commento di Josep Borrell, per quella che si materializza come una critica ‘light’. Silenzio della presidente von der Leyen, con il commissario Paolo Gentiloni che si limita a ritwittare un messaggio di Barack Obama in cui l’ex presidente democratico si rammarica per la scelta di “attaccare le libertà essenziali di milioni di americani”.

    Today, the Supreme Court not only reversed nearly 50 years of precedent, it relegated the most intensely personal decision someone can make to the whims of politicians and ideologues—attacking the essential freedoms of millions of Americans.
    — Barack Obama (@BarackObama) June 24, 2022

    Dove ferve il dibattito è in Parlamento europeo. Non a livello di massime cariche, viste le posizioni personali anti-abortiste dell’attuale presidente. Il presidente della commissione Diritti delle donne, il socialdemocratico Robert Biedroń , pubblica una nota ufficiale in cui si dichiara “sconvolto” e ricordare come l’Eurocamera “ha fermamente condannato il regresso dei diritti delle donne e della salute e dei diritti sessuali e riproduttivi in ​​atto a livello globale, compresi gli Stati Uniti e in alcuni Stati membri dell’UE”. Per questo “continueremo a stare con le donne e le ragazze negli Stati Uniti”. Questo sì che è prendere le distanze. Dal Parlamento una lezione alla Commissione.
    Indignati i Verdi (“Un duro colpo per il diritto all’aborto“, il commento del gruppo), di “grave regressione dei diritti e la messa in pericolo di milioni di donne” parla il PPE attraverso Frances Fitzgerald, membro delle commissioni Affari economici e Diritti delle donne.
    I liberali non ci vanno giù teneri. “Trump ha nominato non solo tre giudici della Corte Suprema, ma anche circa 200 giudici federali negli Stati Uniti per  portare a termine l’agenda repubblicana reazionaria”, l’analisi di Sophie in ‘t Veld, che vede una ‘polonizzazione’ degli Stati Uniti. L’indignazione di un’Europa che fa sempre più fatica a vedere riconosciuti i diritti e i valori ancora validi nel territorio dell’UE, fa i conti con un partner chiave che sceglie altre strade, un partner con cui malgrado tutto l’Ue deve continuare a fare i conti.
    Emmanuel Macron e Kyriakos Mitsotakis condannano. A differenza di altri, impegnati come loro nei lavori del Consiglio europeo prima e del G7 poi, i leader di Francia e Grecia, un liberale e un cristiano-democratico, si sfilano. “L’aborto è un diritto fondamentale per tutte le donne”, sostiene l’inquilino dell’Eliseo. “Deve essere protetto. Desidero esprimere la mia solidarietà alle donne le cui libertà sono state minate dalla Corte Suprema degli Stati Uniti”. Mentre il leader ellenico si dice “turbato” per ciò che considera “un importante passo indietro nella lotta per i diritti delle donne”.
    Intanto però l’UE si ritrova con un partner considerato democratico per antonomasia che ora rischia di esserlo un po’ meno, se l’amministrazione Biden, come ha promesso di fare, non riuscirà a recuperare. Un nuovo problema, per l’Europa dei valori. 

    Reazioni tra il tiepido e il distaccato in Commissione, indignazione del Parlamento, leader del Consiglio in ordine sparso. La sentenza che elimina il diritto di interrompere la gravidanza ora mette alla prova la credibilità dell’Ue sui principi

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    “UE e Stati Uniti alleati strategici”, la guerra in Ucraina rinsalda ancora di più l’alleanza transatlantica

    Bruxelles – “Unione europea e Stati Uniti sono alleati strategici, non solo di fronte alla guerra in corso in Ucraina”. Valdis Dombrovskis sembra offrire esternazioni già sentite, ma non sono banali. E’ un chiaro messaggio a Mosca, all’aggressore russo. Il commissario per il Commercio vuole fare sapere, una volta di più, che la Russia è isolata, e che la comunità internazionale è unita contro il Cremlino e i suoi giochi di guerra. Non a caso fa riferimento alla coalizione globale. “UE e mondo democratico occidentale devono continuare a lavorare assieme per mettere pressione” all’autocrate russo.
    L’occasione per gettare questo guanto di sfida è l’incontro bilaterale con la rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti, Katherine Tai. Anche quest’ultima vuole sottolineare la natura di alleati strategici. Inizia la conferenza stampa convocata per l’occasione sottolineando come tra le tante cose di cui andare fieri nei rapporti con l’altra sponda dell’Atlantico, c’è la risposta alle azioni belliche di Mosca. “Ciò di cui dobbiamo essere orgogliosi è il modo in cui Unione europea e Stati Uniti hanno lavorato insieme, il grado di rapidità di adozione delle sanzioni, la loro durezza”.
    UE e USA mai così uniti, anche questo è un risultato delle mosse del signore di Russia. Da Washington arriva un messaggio chiaro, che sintetizza l’esponente dell’amministrazione Biden. “La nostra partnership è davvero forte”, scandisce Tai. Che quindi aggiunge: “Continueremo a lavorare per un ordine economico che rifletta i nostri valori”. Che non sono quelli della Russia di Vladimir Putin.

    I responsabili per il Commercio di entrambe le parti, Valdis Dombrovskis e Katherine Tai, convocano una conferenza stampa utile per mandare un messaggio chiaro a Mosca. “La nostra partnership è davvero forte”