More stories

  • in

    L’Occidente e la Russia, Balfour (Carnegie): Essere uniti sta dando i suoi frutti

    Bruxelles – Gli occidentali hanno mostrato unità anche di fronte alla crisi che si è scatenata sabato in Russia con la “marcia su Mosca” dei 25mila mercenari guidati da Yevgeny Prigozhin. Poche dichiarazioni, osservazione degli eventi, solo qualche giudizio sul caos che a quanto sembra si è creato nel gruppo dirigente russo.
    “L’esperienza di essere uniti sta dando i suoi frutti”, ha dichiarato Rosa Balfour, direttrice del think tank Carnegie Europe al Wall Street Journal. Secondo l’analista fino all’inizio dell’invasione russa in Ucraina i governi occidentali avevano opinioni diverse sulla Russia e sui suoi approcci, alcuni favorevoli all’impegno e altri più conflittuali. Adesso la strategia, anche attraverso il ruolo della Nato, sembra sostanzialmente condivisa.
    Se la rivolta fosse avvenuta un anno fa, “sarebbe stata estremamente problematica per l’Occidente”, ha detto Balfour, secondo la quale “alcuni leader avrebbero rifiutato la leadership di Putin, mentre altri lo avrebbero difeso come una forza di stabilità che doveva rimanere”. Oggi, ha detto Balfour al WSJ, “non mi sembra che questo accada”.
    Secondo l’analista “i commenti del presidente francese Emmanuel Macron il mese scorso a Bratislava hanno segnato un punto di svolta”. In quella occasione, Macron affermò che i Paesi dell’Europa occidentale non avevano ascoltato gli avvertimenti dei loro vicini orientali sull’aggressione della Russia e chiese maggiori sforzi per la sicurezza dell’Ucraina.
    “Gli europei hanno raggiunto un nuovo livello di comprensione e di valutazione strategica” sulla Russia, conclude Balfour.

    La direttrice del centro europeo della Fondazione statunitense al Wall Street Journal

  • in

    Dumoulin (Ecfr): Le concessioni di Putin a Prigozhin aprono a sfide ancor più radicali

    Bruxelles – Cosa è successo nel fine settimana in Russia? Al di là della cronaca, oramai nota (almeno per grandi linee) cosa ha significato la “ribellione” (se questa è stata) di Yevgeny Prigozhin? Ne parla Marie Dumoulin, direttrice del programma per l’Europa allargata dell’European Council on Foreign Relations (Ecfr).
    “L’ammutinamento del fine settimana segna la fine del fenomeno Prigozhin così come lo conoscevamo. Aveva fatto molto affidamento sulle risorse governative, che probabilmente non saranno più a sua disposizione. Prima del febbraio 2022, l’attività principale di Wagner – ricorda Dumoulin – era quella di offrire protezione ai governi stranieri, come nella Repubblica Centrafricana o in Mali, contro i gruppi armati rivali che minacciavano il loro potere. Dopo la marcia su Mosca, Wagner probabilmente non rimarrà un fornitore di sicurezza credibile per i leader stranieri. Il modello subirà quindi cambiamenti fondamentali”.
    Secondo l’analista “la capacità di Prigozhin di mantenere le attività di Wagner all’estero sarà cruciale per comprendere il suo rapporto con la leadership russa. Le compagnie militari private non dovrebbero esistere in Russia, poiché non esiste uno status giuridico applicabile. Si presume generalmente che la Wagner sia stata fondata in stretta collaborazione con l’agenzia militare estera russa (Gru), fornendo un accordo utile per condurre azioni al di fuori dei confini russi con un certo grado di negabilità (da parte delle autorità russe, ndr) plausibile”.
    Dumoulin ritiene che con l’azione di sabato “formalmente, il potere di Vladimir Putin non è stato minacciato, ma la sua autorità è stata esplicitamente e radicalmente messa in discussione. Non è la prima volta: Anche il ritorno di Navalny in Russia all’inizio del 2021, dopo il tentativo di avvelenamento, ha rappresentato una sfida all’autorità di Putin, poiché Navalny ha affermato la sua capacità di stabilire l’agenda. Ma questa era una sfida politica. La marcia di Prigozhin su Mosca è stata molto più radicale e violenta. Il fatto che Putin sia disposto a fare concessioni di fronte alla violenza potrebbe preannunciare ulteriori sfide di natura ancora più radicale“.
    “La sfida – sottolinea la studiosa – è arrivata da una persona percepita come vicina a Putin, anche se Prigozhin non è mai stato un vero insider. Per questo motivo il suo tentativo di marciare su Mosca è stato definito da Putin ‘tradimento’. Tuttavia, è probabile che abbia chiarito a molti all’interno del sistema russo che il ‘divide et impera’ di Putin stava diventando pericoloso per il sistema stesso”.
    Gli eventi di questo fine settimana “hanno anche messo in discussione uno degli elementi centrali della narrativa di Putin da quando è al potere: ha costruito il suo governo sull’idea di portare stabilità e ordine nel Paese dopo il caos degli anni Novanta. Finché la guerra è rimasta lontana per la maggior parte dei russi, questa narrazione ha potuto reggere. Tuttavia ritiene Dumoulin -, una ribellione da parte di un gruppo paramilitare non si allinea bene con questa narrazione”.
    “Non mi aspetto che questi eventi abbiano un impatto diretto sulle operazioni in Ucraina – conclude l’analista di Ecfr -, ma probabilmente influenzeranno il morale dell’esercito russo e potrebbero persino portare a mettere in discussione la loro fedeltà alla leadership politica. Prigozhin ha espresso preoccupazioni riguardo agli obiettivi della ‘operazione militare speciale’ e alla condotta delle operazioni. Queste preoccupazioni sono probabilmente condivise da una parte dell’esercito russo“.

    Secondo la direttrice del programma per l’Europa allargata dell’European Council on Foreign Relations il capo della Wagner “ha espresso preoccupazioni riguardo agli obiettivi e alla gestione della ‘operazione militare speciale’. Queste preoccupazioni sono probabilmente condivise da una parte dell’esercito russo”

  • in

    Von der Leyen e Michel in trasferta in Islanda al Consiglio d’Europa. L’Ue sostiene il ‘Registro danni’ per la guerra a Kiev

    Bruxelles – Portare in giudizio la Russia e renderla ‘responsabile’ legalmente dei crimini di guerra in Ucraina, iniziando a raccogliere prove in un registro dei danni. Sono mesi ormai che l’Unione europea porta avanti il lavoro per istituire un tribunale speciale ad hoc per far pagare alla Russia i crimini di aggressione e di guerra contro l’Ucraina, una volta che l’invasione sarà finita. E questa volta è tempo di portare il tema in un consesso internazionale.
    “Sosterrò con forza la creazione di un tribunale dedicato per portare in giudizio il crimine di aggressione della Russia. Decideremo anche di istituire un registro dei danni all’Aia. Sarà un primo passo, ma un ottimo passo, verso la compensazione russa”, ha dichiarato Ursula von der Leyen, in una conferenza stampa che questa mattina ha visto la presidente della Commissione europea al fianco del presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, per presentare le priorità dell’Unione europea alla vigilia di tre importanti appuntamenti di diplomazia internazionale. Domani e mercoledì si terrà nella capitale islandese Reykjavik il vertice del Consiglio d’Europa, principale organismo che lavora come osservatorio dei diritti umani del continente (che non fa parte delle istituzioni comunitarie), che sarà seguito da un incontro dei leader del G7  dei Paesi più industrializzati (Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito, Stati Uniti)del mondo a Hiroshima, in Giappone, da venerdì 19 a domenica 21 maggio. All’inizio della prossima settimana i leader dell’Ue saranno poi a Seul per il Vertice Corea-Ue.

    An important sequence of summits starts tomorrow – @coe in Reykjavik, @G7 in Hiroshima and 🇪🇺🇰🇷 in Seoul.
    Many themes will connect them.
    And first, our united response to the Russian invasion of Ukraine and our support to this brave nation ↓https://t.co/brwgW9c5Xg
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) May 15, 2023

    Tre le priorità più urgenti su cui l’Unione europea porrà l’accento durante i tre appuntamenti internazionali, sintetizzati da von der Leyen in conferenza stampa: Ucraina (con particolare riferimento all’ultimo pacchetto di sanzioni), i rapporti internazionali con la Cina e la corsa alle tecnologie pulite. “Continueremo a sostenere l’Ucraina per tutto il tempo necessario”, ha ribadito von der Leyen, spiegando che le dichiarazioni “devono tradursi in un sostegno finanziario stabile anche oltre il 2023 e in un sostegno militare accelerato”. La presidente ha aggiunto di aspettarsi che i leader siano uniti di fronte a due questioni fondamentali: il “primo principio è che continueremo a sostenere l’Ucraina per tutto il tempo necessario” e poi che “niente sull’Ucraina senza l’Ucraina”. A significare che il processo di pace dovrà garantire che Kiev abbia un ruolo di primo piano da protagonista.
    Nella conferenza stampa von der Leyen ha anche sostenuto la creazione di un tribunale speciale per tenere conto dei crimini di guerra della Russia e ha affermato di voler sostenere la creazione di un “Registro dei danni” all’Aia per iniziare a tenerne traccia a livello internazionale per quando sarà il momento di usarli. “Sarà un primo passo, ma un ottimo passo, verso la compensazione russa”, ha assicurato. Dei tre appuntamenti internazionali sarà il Vertice di domani e mercoledì nella capitale islandese quello più importante per iniziare a discuterne. “I responsabili devono essere chiamati a rispondere della violazione del diritto internazionale e dell’ordine multilaterale basato sulle regole. Per questo sosteniamo con forza l’istituzione del Registro dei danni, che è il primo passo verso un meccanismo internazionale per la riparazione di danni, perdite o lesioni in Ucraina”, le ha fatto eco anche il presidente del Consiglio europeo Michel. Alla due giorni di Vertice parteciperanno i Capi di Stato e di governo dei 46 Stati membri (tutti i Ventisette) che fanno parte del Consiglio d’Europa, l’organizzazione che promuove democrazia, i diritti umani, l’identità culturale europea e la ricerca di soluzioni ai problemi sociali in Europa. Alla cerimonia di apertura interverrà anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.

    Il primo dei tre appuntamenti internazionali che questa settimana vedrà la presidente della Commissione europea e il presidente del Consiglio europeo impegnati in un tour di diplomazia internazionale. I leader sosterranno la creazione di un registro dei danni come prima tappa per istituire un tribunale speciale ad hoc. Da venerdì a domenica leader impegnati al G7 di Hiroshima

  • in

    A Bruxelles è iniziato il lavoro sull’undicesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia

    Bruxelles – A Bruxelles è iniziato il lavoro sull’undicesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia, che – dopo aver preso di mira carbone e petrolio importati dal Cremlino – potrebbe includere l’industria nucleare di Mosca. Gli Stati membri Ue hanno iniziato questa settimana a discutere con la Commissione europea del prossimo pacchetto di misure restrittive contro la Russia, l’undicesimo in tutto da quando è iniziata la guerra di aggressione ai danni dell’Ucraina il 24 febbraio dell’anno scorso.
    A quanto si apprende da fonti diplomatiche, oggi inizieranno i colloqui tra l’esecutivo europeo e gli ambasciatori dell’Ue sul contenuto del pacchetto (attraverso i cosiddetti ‘confessionali’ tra la Commissione e gruppi di ambasciatori), con l’idea di raccogliere umori e considerazioni da parte dei governi nell’ottica di arrivare a presentare una proposta concreta nelle prossime settimane. Una proposta, spiegano ancora le fonti, che non si aspetta in tempi rapidi, sicuramente non entro la fine del mese. Il tema aveva trovato i governi europei divisi a febbraio scorso mentre erano alle prese con la preparazione del decimo pacchetto di sanzioni contro la Russia, quando a insistere sulla necessità di colpire l’industria nucleare di Mosca nelle sanzioni era stato in primis il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, che il 9 febbraio era a Bruxelles per prendere parte al Vertice Ue insieme ai leader dei 27. A quel punto i governi erano ancora reticenti all’idea e l’industria dell’atomo non è finita nel pacchetto.
    Kiev ha ribadito che è necessario prendere di mira con più sanzioni non solo l’industria dell’atomo, ma anche nel settore dei diamanti e in quello finanziario, su cui le discussioni vanno avanti da tempo, ma senza fare progressi. Questa volta a insistere sull’inserimento dell’industria nucleare civile è anche la Germania, che sta facendo pressioni insieme alla Polonia, Estonia, Lettonia, Lituania e Irlanda che spingono sullo stesso fronte di Berlino. Altri come l’Ungheria frenano. Il nuovo pacchetto di sanzioni dovrebbe concentrarsi in particolare su come rafforzare misure anti-elusione delle misure restrittive esistenti. Kiev chiede di prendere di mira in particolare Rosatom, il colosso di stato russo, fondato nel 2007, che controlla l’energia nucleare civile e l’arsenale di armi dell’atomo del Paese, oltre che l’attuale gestore della centrale nucleare occupata di Zaporizhzhia, nell’Ucraina orientale. L’Unione europea dipende dalla Russia anche per le importazioni di uranio, una componente essenziale per la produzione di energia nucleare. Secondo le ultime stime disponibili dell’agenzia di approvvigionamento di Euratom (la Comunità europea dell’energia atomica), nel 2020 il 20 per cento dell’uranio naturale importato in Ue arrivava proprio da Mosca, seconda solo al Niger.
    L’agenzia Euratom stima inoltre che il 26 per cento dell’uranio arricchito, usato nel processo di produzione dell’energia nucleare, arrivi dalla Russia, con un calo deciso rispetto all’anno precedente (circa il 25 per cento) ma che ancora testimonia una forte dipendenza tra la Russia e l’Ue nel settore della tecnologia nucleare. Bruxelles importa da Mosca anche reattori nucleari e parti di reattori. Ad oggi, ci sono 18 reattori nucleari nella Ue che fanno affidamento sulle barre di combustibile esagonali in arrivo dalla Russia: due in Bulgaria, sei nella Repubblica Ceca, due in Finlandia, quattro in Ungheria e quattro in Slovacchia. Secondo i dati del think tank Bruegel, Mosca nel 2019 ha esportato beni nucleari per un valore di circa 3 miliardi di dollari (circa 2,7 miliardi di euro), con il 60 per cento delle sue esportazioni di materiale nucleare e tecnologia rappresentato da uranio arricchito e plutonio (utilizzabile anche come combustibile nei reattori) in Germania, Francia, Paesi Bassi e Svezia e gli Stati Uniti. Complessivamente, il think tank di Bruxelles stima che la Russia rappresenta il 33 per cento delle esportazioni mondiali di uranio arricchito usato per i reattori nucleari.

    Sul tavolo anche il nucleare russo. Al via i colloqui tra l’esecutivo europeo e gli ambasciatori dell’Ue sul contenuto del pacchetto (attraverso i cosiddetti ‘confessionali’ tra la Commissione e gruppi di ambasciatori), con l’idea di raccogliere umori e considerazioni da parte dei governi nell’ottica di arrivare a presentare una proposta concreta nelle prossime settimane

  • in

    Russia ‘cinese’: Mosca vende petrolio e gas a Pechino, che vale quasi il 50% dell’import di beni

    Bruxelles – La Russia ‘cinese’. Con la guerra in Ucraina che prosegue e le sanzioni Ue che mordono, l’orso ha bisogno del dragone, che se da una parte viene in soccorso del Cremlino dall’altra penetra sempre più in quella che all’inizio del conflitto era l’11esima economia mondiale. Lo stop decretato dall’Unione europea al greggio (in vigore da dicembre 2022) e a seguire ai prodotti petroliferi (febbraio 2023) non ha fermato l’export della federazione russa. Anzi. La Banca centrale europea rileva che “il volume delle esportazioni russe di petrolio, il suo principale prodotto di esportazione, è effettivamente aumentato nonostante le sanzioni dell’Ue e del G7”.
    La dinamica non sorprende. Mosca ha risposto all’azione dell’occidente reindirizzando i flussi dall’Europa verso la Cina e la Turchia, nonché verso nuovi partner commerciali in Africa, Medio Oriente e in India. Una riorganizzazione obbligata, per continuare ad alimentare economia nazionale e mantenere vivo la macchina da guerra. Ma pure una scelta che rischia di ridisegnare gli equilibri geopolitici. Perché, rileva la Bce, questo riorientamento del Cremlino “ha reso la Russia più dipendente da partner commerciali non sanzionatori, rendendo l’economia del Paese più fragile nel complesso”.
    Un esempio su tutti è offerto dai ‘numeri’ della Repubblica popolare cinese. “A partire da gennaio 2023, la Cina da sola fornisce quasi la metà delle importazioni di merci dalla Russia“. Sopperisce, per quello che può, alla mancanza di quei prodotti che non arrivano più dall’Unione europea. Allo stato attuale, almeno a Francoforte rimane “poco chiaro” se le nuove importazioni siano della stessa qualità di quelle perse. L’industria russa faceva molto affidamento sui beni high-tech dei partner commerciali occidentali prima della guerra. Le sanzioni imposte a questi prodotti hanno fatto sì che non siano disponibili, siano stati sostituiti da alternative di bassa qualità o siano diventati molto più costosi.
    Se da una parte questa vicinanza commerciale induce ad alimentare i timori peraltro diffusi della creazione di un blocco sino-russo, dall’altra parte si assiste ad uno sbilanciamento russo verso la Cina, a cui Gazprom ha comunque iniziato a vendere più gas compensando così “parzialmente” i mancati acquisti a dodici stelle. Una penetrazione commerciale cinese in territorio russo vorrebbe dire riscrivere gli equilibri economici della regione. Cosa che sta avvenendo. La Russia ‘cinese’ può essere la nuova realtà con cui dover fare i conti.

    Mosca ha dovuto ri-orientare la sua economia per rispondere alla sanzioni Ue. Vende più petrolio, ma dipende fortemente dalla repubblica popolare

  • in

    La grande sfida cinese adombra il vertice dei leader, l’Ue teme alleanze con Mosca

    Bruxelles – Non ufficialmente in agenda ma comunque presente, nei pensieri, nelle dichiarazioni di rito, nei ragionamenti informali. Uno dei grandi elefanti nella stanza dei leader dell’Ue è la Cina, filo rosso di un Consiglio europeo dove il confronto sull’Ucraina e la competitività industriale del Vecchio continente passano per le trame del dragone. Che sono trame economiche, politiche, commerciali, di riposizionamento sullo scacchiere internazionale. Chi non ci gira troppo attorno è Krisjanis Karins. “La Cina in questo momento si sta sicuramente muovendo apertamente dalla parte della Russia, e questa è in realtà una grande sfida e una grande difficoltà per tutti noi”, riconosce il primo ministro della Lituania. Per storia del Paese che rappresenta legge le attività di Pechino in chiave russa, e teme per ciò che potrebbe derivare da una siffatta alleanza.

    . @krisjaniskarins 🇱🇻 “We need to think hard on what kind of ties we want with #China . China is moving towards the side of Russia, and this is a big challenge for us”. #EUCO @eunewsit pic.twitter.com/L4KvOBFOKx
    — emanuele bonini (@emanuelebonini) March 23, 2023

    Non c’è solo la mancata condanna della Cina all’aggressione russa dell’Ucraina a inquietare gli europei. L’incontro tra i leader della Repubblica popolare e della Federazione russa è fonte di inquietudine, e persino un Paese come il Lussemburgo, neutrale per tradizione, non può fare a meno di riconoscerlo. “Dobbiamo impedire un blocco russo-cinese contro gli altri”, dice un preoccupato Xavier Bettel. Che rilancia il riarmo dell’Europa. “Siamo neutrali, non abbiamo produzione di armamenti, ma ritengono importante accrescere quella europea”, soprattutto in ottica di un’eventuale alleanza tra due Paesi da apparati militari di grandi dimensioni ed entrambi potenze nucleari.
    L’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, Josep Borrell, prova a rassicurare per quello che può. Gli chiedono se Pechino possa dare una mano a Mosca, e la risposta non è di quelle che più rassicuranti. “La Cina non sta aiutando la Russia per il momento”. Per il momento. Che non vuol dire che non possa verificarsi in futuro.
    Un avvertimento che il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, si è sentito in dovere di dare a tutti i capi di Stato e di governo del club a dodici di stelle. Nell’incontro a porte chiuse, riferiscono fonti qualificate, avrebbe raccomandato cautela. Isolare la Cina non gioverebbe. Al contrario, potrebbe rappresentare un rischio troppo forte. Questo il messaggio lanciato all’Ue dal capo dell’Onu. Andrebbe sfruttata quella attitudine positiva e al dialogo che ancora viene manifestata dal Paese asiatico, partner comunque non dei più comodi.
    Nessuno nell’Ue ha interessa a isolare la Cina, anche per ragioni economiche e commerciali. Ma occorre trovare il giusto equilibrio. Occorre saper non concedere troppo, né subire eccessivamente. “La Cina è un partner, ma anche un concorrente”, ricorda Bettel. Non si vuole la concorrenza sleale che si è vista fin qui, si vogliono uguali regole del gioco.
    Allo stesso tempo si deve giocare una partita di posizionamento nel mondo senza rimettere troppo in discussione il peso globale di Pechino in modo tale da inimicarsi il Paese. “Molti discutono di importazioni dalla Cina, ma a ben vedere le materie prime non arrivano dalla Cina ma da tutto il mondo”, ricorda il cancelliere tedesco Olaf Scholz. Ma in quei quadranti del mondo dove l’Ue ha preso ad essere più attiva (Asia per il gas naturale liquefatto, Africa per le materie critiche utili alla transizione verde) i cinesi sono già presenti da tempo.
    In questo rompicapo rappresentato dalla difficoltà di trovare le giuste relazioni con la Cina l’Ue ha anche l’interesse a non compromettere i legami con gli Stati Uniti, che nell’ascesa cinese vedono un minaccia per la supremazia geo-politica. L’Europa si ritrova tra le due potenze a dover mediare senza infastidire eccessivamente nessuna delle due parte. La sfida nella grande sfida. Se nella stanza dei leader c’è chi teme per possibili alleanze sino-russe, altri, come il primo ministro portoghese Antonio Costa si preoccupano per divisioni. “Vogliamo un’alleanza globale per pace e diritto internazionale, e non un mondo frammentato tra Cina e Stati Uniti”.

    La questione di un blocco sino-russo inquieta diversi capi di Stato e di governo. Tema non in agenda, eppure molto presente. Dalle Nazioni Unite l’invito a non isolare Pechino

  • in

    Borrell: “Esercitazione militare Sudafrica-Cina-Russia grave preoccupazione”

    Bruxelles – Alleanze militari e geopolitiche, l’Ue guarda con preoccupazione le scelte del Sudafrica e la presenza di Russia e Cina nel quadrante africano. La decisione del governo di Pretoria di tenere esercitazioni militari congiunte non è passata inosservata a Bruxelles. L’operazione Mosi, che vede esercitazioni navali congiunte tra le tre diverse forze armate, viene considerata come “simulazione di guerra” in Parlamento Ue ed è fonte di inquietudine in Commissione europea. “Sebbene queste esercitazioni non rappresentino una minaccia diretta alla sicurezza europea, lo svolgimento di esercitazioni militari navali con Russia e Cina nell’anniversario dell’invasione russa dell’Ucraina è motivo di grave preoccupazione“, riconosce l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, Josep Borrell.
    L’operazione Mosi è stata condotta per la prima volta nel 2019, a largo delle coste di Città del Capo. Un momento comunque carico di tensioni tra oriente e occidente per via della questione della Crimea. La seconda edizione di questa cooperazione, tenuta a febbraio di quest’anno, si colloca però in uno scenario internazionale completamente diverso, contraddistinto dalla guerra russo-ucraina e due Paesi, Cina e Sudafrica, che non hanno mai pubblicamente condannato l’aggressione del Cremlino. Sono gli stessi Paesi a essersi astenuti sul voto in sede Onu per la pace giusta in Ucraina.
    L’Unione europea non può fare molto al riguardo. “Il Sudafrica – ricorda Borrell  – come tutti gli altri Paesi, ha il diritto di perseguire la politica estera secondo i propri interessi”. In quanto nazione indipendente e sovrana resta libera di fare le scelte che ritiene più opportune. Per questo motivo “l’Ue non chiede al Sudafrica di schierarsi” tra oriente e occidente: “Ciò che l’Ue chiede al Sudafrica è di schierarsi dalla parte dei principi e dei valori della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale“.
    C’è anche un altro aspetto che emerge della considerazioni dell’Alto rappresentante su scelte e manovre sudafricane: un cambio di rotta chiaro nelle scelte di cooperazione militare. Per quanto riguarda le esercitazioni in mare, “in passato il Sudafrica le condotte anche con Stati membri dell’Ue”. Si prende atto dunque di un cambio di alleanze che non viene accolto con particolare favore.
    Gli Stati Uniti hanno visto questa seconda edizione di Mosi come un atto contrario alle politiche dell’occidente. Un aspetto, questo, sottolineato anche dall‘Atlantic Council, il think-tank statunitense con sede a Washington D.C. che promuove l’atlantismo e serve da centro studi di sostegno alla politica. “Le relazioni amichevoli e di routine del Sudafrica sono antitetiche agli obiettivi dell’Occidente di isolare, scoraggiare e sconfiggere la Russia“, sottolineano gli esperti del think-tank. Che avvertono: “In un ambiente diplomatico sempre più polarizzato, il non allineamento può sembrare di fatto un allineamento con la Russia“.
    Il Sudafrica è una delle principali potenze militari del continente africano per capacità marittima. Dispone di una flotta navale mista composta da fregate, sottomarini, unità d’attacco veloci, cacciamine, incrociatori e pattugliatori.

    L’Alto rappresentante si esprime sulla seconda edizione della missione Mosi. “Pretoria rispetti carta Onu e diritto internazionale”

  • in

    Russia e Cina non firmano, il G20 in India si conclude senza dichiarazione congiunta

    Bruxelles – Nessuna dichiarazione congiunta al termine del G20 in scena a Nuova Delhi. Che la Russia si opponesse alla richiesta di “ritiro completo e incondizionato dal territorio dell’Ucraina” era scontato, ma l’attenzione era tutta sulla scelta di Pechino: le parole del ministro degli Esteri Qin Gang, che nel suo intervento aveva dichiarato che la Cina “starà sempre dalla parte della pace, promuoverà attivamente i colloqui di pace ed è disposta a svolgere un ruolo costruttivo”, avevano fatto sperare che il gigante asiatico potesse schierarsi per la condanna alla Russia. Ma alla fine, anche la Cina si è rifiutata di firmare la dichiarazione congiunta.
    Il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, e in primo piano il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov (credits: Olivier Douliery / Pool / Afp)
    “Sulla questione che riguardava il conflitto in Ucraina ci sono state divergenze, differenze che non siamo riusciti a conciliare tra le varie parti”, ha confermato il ministro degli Esteri indiano, Subrahmanyam Jaishankar, padrone di casa al vertice. L’India, che solo una settimana fa si era astenuta dal voto nella risoluzione Onu di condanna al Cremlino, al G20 si è unita all’appello per il ritiro delle truppe russe. In sostituzione alla mancata dichiarazione congiunta, un meno ambizioso documento in 24 punti redatto da Jaishankar, su cui, salvo i due paragrafi riguardanti l’Ucraina, i Paesi hanno trovato un accordo unanime. “L’Unione Europea ha contribuito fino alla fine per avere un documento condiviso“, ha assicurato con un tweet l’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, salutando con favore i 24 punti finali.
    Secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa russa Tass, il ministro degli Esteri di Mosca, Sergei Lavrov, avrebbe accusato l’Occidente di sacrificare le questioni “che dovrebbero essere al centro dell’agenda del G20 per le sue ambizioni in Ucraina”. Lavrov che, a margine del summit, ha avuto per la prima volta dall’inizio della guerra un breve incontro con il segretario di Stato Usa, Antony Blinken. Messa da parte la bagarre sulla guerra in Ucraina, i temi chiave affrontati a Nuova Delhi sono stati sicurezza energetica e alimentare e lotta al cambiamento climatico. I ministri degli Esteri dei 20 Paesi più industrializzati hanno ribadito l’impegno per promuovere “la disponibilità, accessibilità, convenienza, sostenibilità, equità e flusso trasparente di cibo e prodotti agricoli” nel mondo e “l’accesso universale all’energia”, accelerando la transizione verso fonti energetiche rinnovabili e pulite. Nei 24 punti, spazio anche ai rischi per la salute globale, alla lotta al terrorismo e al raggiungimento della parità di genere.

    The Indian presidency of the @g20org rightly recalls that we have one world, one family and one future. To deliver successfully, we need to work together.
    EU has contributed until the end to have a #G20 agreed document. We welcome the Chair’s Summary. https://t.co/9kOhNjy2Sm
    — Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) March 2, 2023

    Mosca e Pechino hanno rifiutato di firmare il documento in cui si chiedeva il “ritiro completo e incondizionato” delle truppe russe dall’Ucraina. Alla fine del summit il ministro degli Esteri del Cremlino, Sergei Lavrov, ha incontrato il segretario di Stato Usa, Anthony Blinken