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    Il cancelliere tedesco Scholz conferma: invierà due battaglioni di carri armati Leopard 2 all’Ucraina

    Bruxelles – Dopo settimane di stallo si sono sbloccate le trattative per l’invio dei carri armati pesanti Leopard 2 dalla Germania all’Ucraina, a soli due giorni dalle intense discussioni del primo Consiglio Affari Esteri del 2023 a Bruxelles. A renderlo noto è stato lo stesso governo federale tedesco, attraverso una nota pubblicata dal portavoce Steffen Hebestreit, al termine della riunione del Consiglio dei ministri: “Il cancelliere federale [Olaf Scholz, ndr] ha annunciato oggi un ulteriore supporto all’Ucraina con la consegna di carri armati Leopard 2“. Una decisione che non coinvolge solo la Germania, ma anche altri partner occidentali del Paese sotto attacco russo dal 24 febbraio 2022: “L’approvazione sarà data anche ai Paesi partner, il tutto è strettamente coordinato a livello internazionale”, ha aggiunto il portavoce del governo di Berlino.
    Carro armato Leopard 2 (credits: Patrik Stollarz / Afp)
    La questione dell’invio dei Panzer di fattura tedesca all’Ucraina è stato al centro del confronto tra gli alleati della Nato venerdì scorso (20 gennaio) alla riunione del gruppo di contatto di Ramstein, con le pressioni non solo dei partner dell’Europa orientale, ma anche degli Stati Uniti. Secondo la stampa tedesca Berlino aveva specificato di essere pronta a inviare i Leopard 2 solo se Washington si fosse impegnata ad accompagnarli a carri armati Abrams di produzione statunitense. Ieri sera (24 gennaio) il Wall Street Journal ha anticipato la decisione del presidente Joe Biden di autorizzare la fornitura di tank pesanti a Kiev, mentre il quotidiano tedesco Der Spiegel ha reso nota la volontà del governo federale di sbloccare i mezzi militari che potrebbero avere un impatto decisivo sui teatri di battaglia in Ucraina, quando l’esercito russo lancerà con tutta probabilità in primavera una nuova offensiva.
    La decisione della Germania di fornire direttamente all’Ucraina i carri armati Leopard 2 “rafforzerà ulteriormente il sostegno militare” a Kiev: “È il risultato di intense consultazioni con i più stretti partner europei e internazionali della Germania”, è quanto specificato da Scholz rispetto a una “ben nota linea di sostegno all’Ucraina al meglio delle nostre possibilità”. A questo punto saranno assemblati “rapidamente due battaglioni di carri armati Leopard 2” – di cui “una compagnia di 14 proveniente dalle scorte della Bundeswehr” (le forze armate tedesche) sarà fornita “in una prima fase” – mentre inizierà “rapidamente” l’addestramento degli equipaggi ucraini in Germania: “Oltre all’addestramento, il pacchetto comprenderà anche la logistica, le munizioni e la manutenzione dei sistemi”, specifica la nota del governo tedesco.
    Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha ringraziato “sinceramente” il cancelliere in una telefonata, della quale ha reso conto in un Tweet:

    German main battle tanks, further broadening of defense support & training missions, green light for partners to supply similar weapons. Just heard about these important & timely decisions in a call with @OlafScholz. Sincerely grateful to the Chancellor and all our friends in 🇩🇪.
    — Володимир Зеленський (@ZelenskyyUa) January 25, 2023

    Parallelamente è arrivato anche il via libera all’invio anche da parte di altri partner: “La Germania fornirà ai Paesi partner che vogliono consegnare rapidamente all’Ucraina i carri armati Leopard-2 dalle loro scorte le relative autorizzazioni per il trasferimento”. Attualmente i carri armati pesanti di produzione tedesca in Europa sono utilizzati da Austria, Danimarca, Finlandia, Grecia, Norvegia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia, Spagna, Svezia, Svizzera e Ungheria, ma non possono essere trasferiti in Paesi terzi senza l’autorizzazione di Berlino. Già al Consiglio Affari Esteri di lunedì la ministra degli Esteri, Annalena Baerbock, aveva precisato che Berlino non avrebbe comunque vietato l’esportazione dei Leopard 2 all’Ucraina da parte di chi li avesse in dotazione nelle proprie forze armate.

    Im Kabinett hat der @Bundeskanzler heute weitere Unterstützung an die #Ukraine mit der Lieferung von #Leopard 2 Panzern angekündigt. Auch Partnerländern wird eine entsprechende Genehmigung erteilt. Das ist eng mit den internationalen Partnern abgestimmt. https://t.co/e31Kf3V1oi
    — Steffen Hebestreit (@RegSprecher) January 25, 2023

    La Germania fornirà in una prima fase una compagnia di 14 Panzer delle forze armate tedesche e di addestrare immediatamente gli equipaggi ucraini. Via libera anche agli altri Paesi partner che vogliano metterli a disposizione di Kiev dalle proprie scorte

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    A Bruxelles si accende il tema dei carri armati all’Ucraina. E si sbloccano altri 500 milioni di euro di supporto militare

    Bruxelles – Nel primo Consiglio Affari Esteri del 2023 – che “non poteva che iniziare con la guerra russa in Ucraina, visto che la situazione militare è rimasta invariata”, come ha sottolineato l’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell – sul tavolo c’è il tema più caldo di queste settimane. L’invio dei carri armati Leopard tedeschi a Kiev, una delle questioni più divisive tra gli alleati occidentali del Paese sotto attacco di Mosca dal 24 febbraio dello scorso anno. “Ne abbiamo discusso e la ministra tedesca [Annalena Baerbock, ndr] ha detto chiaramente che Berlino non ostacolerà i Paesi che vogliono esportarli“, ha messo in chiaro lo stesso alto rappresentante Ue alla stampa al termine del vertice di oggi (23 gennaio).
    L’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, e la ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock (23 gennaio 2023)
    La posizione delle istituzioni comunitarie è chiara, dal Consiglio al Parlamento Ue, ed è una spinta al cancelliere tedesco, Olaf Scholz, a rompere gli indugi sull’invio di carri armati pesanti che potrebbero avere un impatto decisivo sui teatri di battaglia in Ucraina, quando l’esercito russo lancerà con tutta probabilità in primavera una nuova offensiva. “Sono stato chiaro su quali armi dovrebbero essere fornite a Kiev”, ha ribadito Borrell riferendosi ai Leopard II in dotazione della Bundeswehr, le forze armate della Germania. L’alto rappresentate Ue ha però anche voluto smorzare le polemiche, ricordando che alla riunione del gruppo di contatto della Nato venerdì scorso (20 gennaio) “il risultato è stato molto positivo, con la determinazione dell’Europa e degli Stati Uniti a incrementare gli aiuti militari anche con altri mezzi“. Anche se per il momento Berlino tentenna ancora sull’invio dei carri armati richiesti da Kiev, è “da apprezzare” il fatto che comunque “non ne vieterà l’esportazione ad altri Paesi che ne avessero”.
    A margine del Consiglio Affari Esteri la stessa ministra tedesca Baerbock ha voluto ricordare che “faremo tutto il possibile per difendere l’Ucraina ed è importante che come partner internazionali agiamo insieme a sostegno del diritto all’autodifesa” di Kiev. Nessuna dichiarazione esplicita sui carri armati Leopard, ma il tema è caldissimo e oggi si sono visti i primi tiepidi segnali di apertura sulla questione da parte della Germania. Dopo l’incontro di ieri (22 gennaio) tra il cancelliere tedesco Scholz e il presidente francese, Emmanuel Macron, la ministra degli Esteri della Francia, Catherine Colonna, ha spiegato alla stampa che “tutte le opzioni sono sul tavolo e ci sarà una consultazione collettiva tra i partner, ma abbiamo già mandato carri leggeri” e Parigi non esclude di inviare a Kiev i propri carri armati pesanti Leclerc. Per quanto riguarda invece l’Italia, il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, non si è sbilanciato con i giornalisti: “Non facciamo parte di questo dibattito, ne abbiamo parlato oggi tra ministri, ma la discussione proseguirà a livello bilaterale” tra Francia e Germania.
    Oltre ai carri armati tedeschi, i 500 milioni di euro dall’Ue
    L’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, e il ministro della Difesa italiano, Antonio Tajani (23 gennaio 2023)
    Una giornata di discussioni tra ministri senza decisioni formali, ma con un confronto sul sostegno armato all’Ucraina che registra altri passi in avanti a livello Ue. “Abbiamo un accordo politico sulla settima tranche di aiuti militari da 500 milioni di euro e su un’ulteriore misura di assistenza da 35 milioni di euro per la missione di formazione militare dei soldati ucraini“, ha reso noto Borrell. Il nuovo esborso dei Ventisette si inserisce all’interno del Fondo europeo per la pace e, come fatto notare in un tweet dal presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, ha portato il supporto a Kiev a “oltre 11,5 miliardi di euro”.
    L’European Peace Facility è lo strumento fuori bilancio per la prevenzione dei conflitti, la costruzione della pace e il rafforzamento della sicurezza internazionale, attraverso il finanziamento di azioni operative nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune (Pesc) che hanno implicazioni nel settore militare o della difesa. Solo nel 2022 sono stati stanziati da Bruxelles attraversi questo strumento 11 miliardi di euro a favore degli acquisti militari di Kiev per contrastare l’esercito russo. “L’Ucraina ha bisogno di più armi per respingere l’aggressione della Russia“, ha ricordato Michel, mentre l’alto rappresentante Borrell ha fatto notare che “l’Ue è primo donatore per gli aiuti all’Ucraina con 49 miliardi di euro sul piano militare, finanziario e umanitario”.

    At today’s #FAC, the FMs reached a political agreement on additional military support to #Ukraine under the European Peace Facility. We remain steadfast in our support for the Ukrainian Armed Forces. @TobiasBillstrom pic.twitter.com/rtR9B820kp
    — Swedish Presidency of the Council of the EU (@sweden2023eu) January 23, 2023

    Sul tavolo del Consiglio Affari Esteri il supporto a Kiev con i Leopard tedeschi. Borrell: “Berlino non ostacola i Paesi che vogliono esportarli”. Salgono a 3,6 miliardi di euro i finanziamenti concessi nell’ambito dell’European Peace Facility dall’inizio dell’invasione russa

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    I leader dei Balcani Occidentali hanno firmato 3 accordi sulla mobilità regionale: “Come la storia del progetto europeo”

    Bruxelles – Dopo il ‘grand tour’ dei Balcani Occidentali da parte della presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, il momento di capitalizzare le ottime reazioni è arrivato al summit 2022 del Processo di Berlino, l’iniziativa diplomatica nata otto anni fa e legata all’allargamento dell’Ue nella regione. “Accolgo con favore la firma di tre accordi sulla mobilità regionale, presto dovrebbero seguirne altri per completare il Mercato Regionale Comune”, si è complimentata con i leader balcanici la numero uno della Commissione a Berlino: “È come la storia al centro del progetto dell’Unione Europea”.
    I risultati del summit del Processo di Berlino si sono misurati in diversi accordi e intese per affrontare le maggiori sfide sul breve e lungo periodo. In primis, i tre nuovi accordi sul Mercato Regionale Comune che facilitano la libertà di circolazione e l’occupazione: si tratta del riconoscimento dei documenti di identità per muoversi all’interno della regione, dei titoli accademici e delle qualifiche per una serie di professionisti (da dentisti ad architetti). “La libertà di movimento coinvolge 18 milioni di cittadini e l’integrazione nel Mercato Regionale Comune è fondamentale per avvicinarsi al Mercato Unico dell’Ue“, ha sottolineato la presidente von der Leyen.
    La firma degli accordi sulla mobilità regionale nei Balcani Occidentali nel quadro del Processo di Berlino (3 novembre 2022)
    Di enorme importanza anche la dichiarazione sulla cooperazione in materia di sicurezza energetica, in cui i leader di Albania, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia si sono impegnati a raddoppiare gli sforzi per attuare l’Agenda verde per i Balcani Occidentali, allineata al Green Deal Europeo. “Dobbiamo sincronizzare i nostri sforzi nella diversificazione delle fonti energetiche, nell’eliminazione di quelle russe e nelle azioni per gli acquisti congiunti”, ha esortato von der Leyen in conferenza stampa al termine del vertice nel quadro del Processo di Berlino, sottolineando che la cooperazione rafforzata “contribuirà a un’energia più pulita e ad accelerare le riforme dei mercati energetici nazionali“.
    Anche da parte del presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, sono arrivate le congratulazioni ai leader dei sei Paesi balcanici e la garanzia che i partner “possono contare sul sostegno dell’Ue nel settore energetico e nel rafforzamento della resilienza alle minacce ibride”. Dando appuntamento a Tirana – non solo per la prossima riunione del Processo di Berlino, ma soprattutto per il vertice Ue-Balcani Occidentali del 6 dicembre – il numero uno del Consiglio ha sottolineato che “ci baseremo sui risultati delle discussioni odierne, approfondiremo il nostro partenariato politico e programmatico e attenueremo ulteriormente l’impatto negativo della guerra della Russia contro l’Ucraina”.
    L’energia al Processo di Berlino
    Per “crisi senza precedenti” sono necessari “sforzi senza precedenti”, ha ricordato la presidente von der Leyen al termine della riunione del Processo di Berlino, riassumendo l’impegno sul fronte dell’energia a sostegno della regione, come già anticipato nel suo viaggio nei Balcani Occidentali: “Stanzieremo un pacchetto da un miliardo di euro in sovvenzioni, diviso in due parti“. La prima metà – 500 milioni “che saranno adottati a dicembre e disponibili a gennaio” – sarà destinata al supporto immediato per ammortizzare gli aumenti dei prezzi dell’energia in ciascun Paese (80 milioni per la Macedonia del Nord, altrettanti per l’Albania, 75 per il Kosovo, 70 per la Bosnia ed Erzegovina, 165 per la Serbia, mentre per il Montenegro sarà comunicato nel prossimo viaggio di von der Leyen a Podgorica, fanno sapere fonti Ue).
    La seconda parte – altri 500 milioni attraverso il Piano economico e di investimenti – promuoverà la diversificazione energetica, la produzione di energia rinnovabile e le interconnessioni di gas ed elettricità. Come specifica l’esecutivo comunitario, le misure a breve termine (1/2 anni) sosterranno la diversificazione delle forniture energetiche, potenziando interconnettori del gas e dell’elettricità (compreso il Gnl) e sostenendo la costruzione di progetti per le rinnovabili e le misure di efficienza energetica. L’assistenza a medio termine (2/3 anni) comprenderà invece investimenti su progetti di generazione di energia rinnovabile su larga scala, l’aggiornamento dei sistemi di trasmissione, il teleriscaldamento e i programmi di efficienza energetica per i vecchi condomini.

    I welcome the signature of 3 agreements on mobility in the Western Balkans.
    More should follow to complete the Common Regional Market.
    It’s good for the economy and it will strengthen personal bonds in the region.
    The same story that is at the heart of our European project. pic.twitter.com/oqa3s00peT
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) November 3, 2022

    Le intese sono state siglate al summit del Processo di Berlino, insieme a una dichiarazione sulla sicurezza energetica. La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, plaude le iniziative, a cui “ne seguiranno altre per completare il Mercato Regionale Comune”

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    “In Cina da cancelliere tedesco e da europeo”. Scholz in visita a Pechino tra le polemiche

    Bruxelles – Un’avanguardia europea per riscrivere le relazioni con la Cina di Xi Jinping. Così si vede il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, che oggi (3 novembre) intraprenderà la prima visita di un leader del G7 a Pechino dallo scoppio della pandemia di Covid-19: “Se vado a Pechino come cancelliere tedesco, lo faccio contemporaneamente come europeo. La politica tedesca sulla Cina ha successo solo se inserita in quella europea”. In una lunga lettera pubblicata sul Frankfurter Allgemeine Zeitung Scholz ha provato a rassicurare le istituzioni Ue, che avevano fortemente criticato il suo viaggio solitario al cospetto del leader comunista.
    “Se la Cina cambia, anche il nostro rapporto con la Cina deve cambiare”, ha affermato il cancelliere, che arriva a Pechino a pochi giorni dalla riconferma per altri cinque anni di Xi Jinping al vertice del Partito Comunista. “Noi non vogliamo disaccoppiarci dalla Cina, importante partner economico per la Germania e per l’Europa. Ma cosa vuole Pechino?”, ha chiesto retoricamente Scholz ai lettori del quotidiano di Francoforte. Il focus sempre più accentuato sulla “stabilità del sistema comunista e sull’autonomia nazionale” cinese, secondo il leader tedesco avrà conseguenze per tutti i partner commerciali del gigante asiatico. Per questo l’obiettivo della delegazione di industriali tedeschi guidata da Scholz sarebbe insistere con il “partner, concorrente e rivale” cinese sul “principio della reciprocità” nei rapporti sino-europei: “Se la Cina rifiuta di consentire questa reciprocità, non sarà priva di conseguenze”, ha sentenziato il cancelliere socialdemocratico. “Differenziare i rapporti con la Cina è in linea con gli interessi strategici a lungo termine della Germania e dell’Europa”.
    Nonostante le rassicurazioni tedesche sulle intenzioni del viaggio, a Bruxelles c’è chi ritiene che Berlino voglia procedere a testa bassa nel perseguimento dei propri interessi, senza alcuna concertazione con gli altri membri Ue: il via libera di Scholz all’acquisizione di una quota del porto di Amburgo da parte dell’azienda cinese Cosco, malgrado le perplessità degli alleati occidentali, e l’istituzione del fondo da 200 miliardi per proteggere famiglie e imprese tedesche dal caro energia, con tanti saluti alla solidarietà europea, costituiscono in questo senso due precedenti scomodi. E intanto da Pechino il portavoce del ministero degli Esteri, Zhao Lijian, ha ricordato che quest’anno ricorre il cinquantesimo anniversario delle relazioni diplomatiche tra Cina e Germania e che la visita di Scholz darà slancio allo “sviluppo della partnership strategica completa” tra i due Paesi, che “consolideranno la fiducia reciproca politica e rafforzeranno la cooperazione”.
    I riflettori sono accesi sull’incontro di domani (4 novembre) tra i due leader: Berlino fa sapere che avrà luogo uno scambio di vedute approfondito su tutti gli aspetti delle relazioni sino-europee, incluse le tensioni su Taiwan, il tema del rispetto dei diritti umani (in riferimento alla persecuzione degli Uiguri nello Xinjiang), e non ultima la posizione di Pechino sul conflitto in Ucraina. E, a pochi giorni dalla COP27 a Sharm el-Sheikh in Egitto, anche gli obiettivi dell’Accordo di Parigi saranno verosimilmente nell’agenda del bilaterale: “Senza azioni risolute per ridurre le emissioni in Cina, non potremo vincere la battaglia contro il cambiamento climatico”, ha ricordato Scholz, promettendo che insisterà con Xi Jinping “perché la Cina si assuma ancora maggiori responsabilità per la protezione del clima”.

    Primo leader europeo a recarsi in Cina dal 2019, domani Scholz incontrerà il presidente Xi Jinping. Il cancelliere, duramente criticato a Bruxelles, ha spiegato in un articolo le ragioni della sua visita al leader del Partito comunista cinese

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    Scholz: “Croazia, Romania e Bulgaria pronte per l’area Schegen”

    Bruxelles – L’area Schengen per la libera circolazione può allargarsi. “Croazia, Romania e Bulgaria soddisfano tutti i requisiti tecnici per l’adesione a pieno titolo”, e per questo motivo “lavorerò perché diventino membri a pieno titolo”. Olaf Scholz dà il proprio benestare all’estensione dei dispositivi dei trattati in materia di spostamento delle persone anche a questi tre Paesi. Il cancelliere tedesco apre le porte a Zagabria, Bucarest e Sofia, e soprattutto rilancia il dibattito politico. Sceglie la cornice dell’università Carolina di Praga per l’annuncio che potrebbe scrivere un nuovo capitolo nella storia del processo di integrazione europea.
    “L’Europa è il nostro futuro”, la sintesi del suo intervento, e in questa sua visione per l’Europa che deve essere c’è anche il passo avanti nell’unione dei popoli. “Schengen è uno dei più grandi successi dell’Unione europea e dovremmo proteggerlo e svilupparlo. Ciò significa, per inciso, colmare le lacune rimanenti”. Queste lacune sono rappresentate da quegli Stati membri che ancora non hanno le carte in regola per garantire che ci si possa spostare senza controlli, senza restrizioni alle frontiere, senza impedimenti di ogni sorta. Croazia, Romania e Bulgaria sono quelle lacune fin qui registrare nel blocco dei Ventisette, che a detta di Berlino non rappresentano più un problema.
    Vivere nell’area Schengen vuol dire poter vivere, studiare, lavorare e andare in pensione ovunque nell’UE. Un qualcosa possibile però non per tutti quanti. I tre Stati membri dell’est sono tagliati fuori da tutto questo, per ragioni tecniche e di tempi necessari ad avere le carte in regola. Dovranno entrare prima o poi, perché eccezione fatta per l’Irlanda che ha negoziato e ottenuto deroghe (opt-out), gli Stati membri devono poter soddisfare le quattro libertà alla base dell’Ue.
    La questione andrà affrontata in sede Ue, dove per procedere all’allargamento Schengen serve il consenso unanime del Consiglio. L’apertura di Scholz può servire da impulso ad un processo rimasto bloccato per troppo tempo. Il Parlamento europeo da anni chiede di ammettere Romania e Bulgaria, senza esito. Adesso la Germania si fa promotrice della riforma.

    Il cancelliere tedesco ritiene che i tre Paesi abbiano le carte in regola per entrare nella zona di libera circolazione. “Lavorerò perché diventino membri a pieno titolo”

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    Nessun negoziato di pace con la Russia finché Kiev non sarà pronta. Draghi, Macron e Scholz non tradiscono l’Ucraina

    Bruxelles – Serviva una risposta chiara a Kiev sui dubbi che nelle ultime settimane si sono sollevati rispetto agli umori di alcune capitali dell’Unione Europea per il prolungarsi della guerra in Ucraina. “Qualsiasi soluzione diplomatica non può prescindere dalla volontà di Kiev e da quello che ritiene accettabile per il suo popolo, soltanto così possiamo costruire una pace giusta e duratura”. Non potevano essere più chiari il premier italiano, Mario Draghi, il presidente francese, Emmanuel Macron, e il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, durante il loro viaggio di oggi (giovedì 16 giugno) nella capitale dell’Ucraina, accompagnati anche dal presidente romeno, Klaus Ioannis.
    Nel corso della conferenza stampa congiunta con il leader ucraino, Volodymyr Zelensky, i leader europei hanno dissolto le preoccupazioni maggiori dell’opinione pubblica del Paese invaso dall’esercito russo: negoziati di pace, invio di armamenti, conferimento dello status di Paese candidato all’adesione UE. “Le modalità della pace non saranno decise che dall’Ucraina e dai suoi rappresentanti, non negozieremo mai con la Russia alle spalle di Kiev“, ha sottolineato con forza il presidente Macron, che però ha voluto precisare che “non siamo in guerra contro il popolo russo come collettività” e che gli sforzi diplomatici con Mosca – in particolare di Parigi e Berlino – sono sempre avvenuti “dopo aver informato il presidente Zelensky“. Senza dimenticare che “noi portiamo le nostre esigenze come forze europee, ma non per negoziare al posto dell’Ucraina”.

    À Kiev, solidaires du peuple ukrainien.https://t.co/H2W95AxTTw
    — Emmanuel Macron (@EmmanuelMacron) June 16, 2022

    Allargando lo sguardo, si è rasserenato anche il cielo dell’integrazione dell’Ucraina nell’UE. In attesa del parere formale della Commissione Europea – atteso per domani – i leader europei si sono recati a Kiev con “un messaggio chiaro, l’Ucraina appartiene alla famiglia europea“, ha annunciato il cancelliere Scholz. Questo significa che anche da Parigi e Berlino sarà dato il via libera allo status di Paese candidato, così come “anche per la Repubblica di Moldova“. La guerra russa “cambierà la storia dell’Europa”, gli ha fatto il presidente francese, che ha confermato la volontà da parte di tutti e quattro i Paesi rappresentati nel viaggio a Kiev di “costruire l’unanimità dei Ventisette“. Dichiarazioni che spazzano via le temute divisioni emerse dal Consiglio del mese scorso, quando il premier Draghi aveva lamentato di essere l’unico leader tra i Big 3 a sostenere la candidatura di Kiev. Dal canto suo, il presidente Zelensky ha ribadito ai quattro leader che il suo governo è “pronto a lavorare per fare dell’Ucraina un membro a pieno titolo” dell’Unione.
    Il cancelliere Scholz ha inoltre confermato che la Germania è impegnata nel sostegno militare all’Ucraina “per tutto il tempo che sarà necessario”. Parole confermate anche dal presidente francese Macron: “Fino al ritorno della pace in un’Ucraina libera e indipendente, il nostro impegno rimarrà costante”, attraverso “sostegno umanitario, economico e militare per consentire ai soldati ucraini di fare la differenza sul campo contro gli attacchi dell’esercito russo”. Per il premier Draghi la questione va oltre e riguarda anche “le atrocità commesse a Bucha e Irpin, che condanniamo senza esitazioni“, anche e soprattutto dopo la visita nelle città distrutte dalla guerra russa. Per questo motivo Macron, Scholz e Draghi sono stati chiari che i tre maggiori Paesi dell’Unione Europea sono allineati per sostenere le indagini internazionali sui crimini di guerra commessi dall’esercito di Mosca.
    Un’ultima questione urgente per Macron Scholz e Draghi è quella delle esportazioni di grano dall’Ucraina, bloccate dall’esercito e dalla marina del Cremlino nel Mar Nero. “Ci sono due settimane per sminare i porti e occorre creare corridoi sicuri con la massima urgenza per il trasporto del grano”, nello sforzo di evitare “una catastrofe che si avvicina inesorabilmente”, è stato il tetro avvertimento del premier Draghi, che ha parlato di “scadenze sempre più urgenti” in vista di consegne che a questo punto non potranno arrivare “prima della fine di settembre”.

    Nel viaggio nella capitale ucraina, i tre leader europei (insieme al presidente della Romania, Klaus Iohannis) hanno ribadito il sostegno al Paese invaso dall’esercito russo anche a livello di armamenti e sul conferimento dello status di candidato all’adesione UE

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    Vertice UE, Scholz promette l’invio (indiretto) di carri armati all’Ucraina

    Bruxelles – La Germania continuerà a contribuire – in forma indiretta – all’invio di carri armati verso l’Ucraina, con un nuovo accordo con la Grecia e forse la Polonia. È quanto è emerso dopo il vertice UE dal cancelliere tedesco Olaf Scholz. Tra i temi Scholz ha ribadito anche l’obiettivo dell’indipendenza dall’energia russa, sotto forma di petrolio e gas.
    Era già successo con la Repubblica Ceca: la Germania aveva annunciato a metà mese la donazione di 15 mezzi corazzati al Paese, in sostituzione di quelli di epoca sovietica inviati all’Ucraina per la difesa dai russi. Continueremo la pratica della scambio circolare, ha dichiarato Scholz in conferenza stampa, annunciando che, questa volta, sarà la Grecia a essere rifornita, e anticipando che accordi simili potrebbero essere stipulati anche con la Polonia. “Oggi ne ho parlato con il primo ministro greco e abbiamo deciso” di procedere in tal senso, ha continuato il cancelliere tedesco: “I ministri della difesa lavoreranno ai dettagli e implementeranno rapidamente questo accordo”. La Germania è stata criticata a più riprese per il mancato invio di armi pesanti all’Ucraina, come anche dal negoziatore nelle trattative di pace Mykhailo Podolyak, che ha twittato in settimana: “Alcuni partner evitano di darci le armi necessarie per paura di un’escalation”.

    Einig und entschlossen setzen wir mit dem 6. EU-Sanktionspaket Russland weiter unter Druck. Das Öl-Embargo umfasst 90 % der Importe aus 🇷🇺. Außerdem hat 🇩🇪 einen Ringtausch mit 🇬🇷 vereinbart. So können Panzer sowjetischer Produktion schnell in die Ukraine geliefert werden. #EUCO
    — Bundeskanzler Olaf Scholz (@Bundeskanzler) May 31, 2022

    Sulla questione energetica, Scholz ha invece ribadito l’impegno tedesco di eliminare la dipendenza dalla Russia, nel caso del petrolio, entro la fine dell’anno. “Sarà una grande sfida per tutti noi”, ha sottolineato il cancelliere, che ha aggiunto, “speriamo che entro la fine dell’anno avvenga la maggior parte dei cambiamenti”. Il leader tedesco ha comunque definito il sesto pacchetto di sanzioni, frutto del vertice UE, un “successo”, difendendo l’esclusione dall’embargo degli oleodotti. “Era importante”, ha scandito il cancelliere, perché alcuni Paesi non sarebbero stati in grado di attuare le misure transitorie con la stessa rapidità di altri. È dal vice-cancelliere tedesco Robert Habeck, citato dalla DPA, che è invece arrivato l’attacco diretto al premier ungherese Viktor Orban, definendo il suo ruolo nelle trattative un poker ‘scellerato’ volto a perseguire “i propri interessi”.

    Annunciato un nuovo accordo con la Grecia per rifornire il Paese dei mezzi corazzati inviati verso Kiev. Il cancelliere tedesco ribadisce l’obiettivo dell’indipendenza dal petrolio russo entro la fine dell’anno

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    La Russia annuncia il ritiro di parte delle truppe dal confine con l’Ucraina. Cauto ottimismo tra i governi europei

    Bruxelles – Alla vigilia del giorno X per l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia – almeno secondo quanto emerso negli ultimi giorni dalle previsioni dell’intelligence statunitense – Mosca sembra essere pronta a ritirare dalla frontiera occidentale alcune delle truppe schierate per esercitazioni militari. A riferirlo è l’agenzia di stampa Tass, citando il portavoce del ministero della Difesa russo: “Considerato che l’addestramento militare sta per terminare, le unità dei distretti militari sud e ovest hanno già iniziato a caricare il personale e l’equipaggiamento sui mezzi di trasporto ferroviario e automobilistico e oggi inizieranno a dirigersi verso le loro basi militari”.
    Nel giorno della visita a Mosca da parte del cancelliere tedesco, Olaf Scholz – che ha ribadito la necessità di “ritirare le truppe dal confine con l’Ucraina” – il ministro degli Esteri della Russia, Sergej Lavrov, ha accusato l’Occidente di “terrorismo mediatico” e ha dichiarato che la parziale smobilitazione delle forze “era pianificata e non dipende dall’isteria delle potenze occidentali”. A frenare gli entusiasmi è stato il segretario della NATO, Jens Stoltenberg, prima dell’incontro di domani (mercoledì 16 febbraio) tra i ministri della Difesa dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord. “Non ci sono segnali sul terreno che confermino la riduzione delle truppe della Russia ai confini dell’Ucraina“, ha messo in chiaro Stoltenberg, senza comunque chiudere ai “segnali da Mosca che la diplomazia deve continuare, un motivo di cauto ottimismo”. Per considerarla una vera e propria de-escalation, la NATO vuole vedere il “ritiro di mezzi pesanti e dell’equipaggiamento, non solo quello dei soldati”, considerato il fatto che il vero problema riguarda il mantenimento delle infrastrutture militari “dalla scorsa primavera”.
    Anche se l’annuncio del ritiro delle truppe dalla frontiera con l’Ucraina deve essere ancora confermato dai fatti, come scrivevamo ieri la minaccia reale alla sicurezza europea portata dalla Russia di Vladimir Putin ha comunque fatto scoprire all’Unione Europea di essere più unita di quanto si potesse immaginare. E ora l’ottimismo (cauto) può essere una chiave su cui impostare le prossime giornate comunque molto tese. “Ogni vero passo di de-escalation sarebbe un motivo di speranza“, ha dichiarato la ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock, che ha però avvertito che “gli annunci devono ora essere seguiti da azioni”. Sulla stessa linea il governo francese: “Se questa notizia positiva venisse confermata, sarebbe un segnale di de-escalation che chiediamo da settimane“, ha riferito in conferenza stampa il portavoce dell’Eliseo, Gabriel Attal.

    Discussed with Prime Minister of Italy #MarioDraghi the security challenges facing Ukraine and Europe today. Exchanged views on intensifying the work of all negotiation formats and unblocking the peace process. I appreciate 🇮🇹’s support for 🇺🇦!
    — Володимир Зеленський (@ZelenskyyUa) February 15, 2022

    Dall’altra parte della frontiera, il ministro degli Esteri dell’Ucraina, Dmytro Kuleba, ha avvertito che “solo quando ci sarà un ritiro effettivo delle truppe della Russia, parleremo di de-escalation”, perché a Kiev “abbiamo una regola, crediamo solo a quello che vediamo”. Parlando alla BBC, Kuleba ha spiegato che l’Ucraina è al lavoro con i partner occidentali per “prevenire un’ulteriore escalation”. Nel frattempo, il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha fatto sapere con un tweet di aver avuto uno “scambio di opinioni” con il premier Mario Draghi “sull’intensificazione del lavoro di tutti i formati negoziali e sullo sblocco del processo di pace”. Palazzo Chigi ha reso noto invece che il premier Draghi ha ribadito il sostegno dell’Italia all’integrità territoriale dell’Ucraina. Proprio a Kiev è atteso oggi (martedì 15 febbraio) il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, nel primo appuntamento della missione diplomatica sulla frontiera orientale che giovedì lo dovrebbe portare a Mosca a colloquio con Lavrov.
    Una nuova preoccupazione per l’Unione Europea riguarda però le zone ucraine non controllate dal governo di Kiev, ovvero le regioni di Donetsk e Luhansk: oggi la Duma di Stato russa ha presentato un appello al presiedente Putin perché le riconosca come entità indipendenti. “Si tratterebbe di una chiara violazione degli accordi di Minsk“, ha attaccato l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell. Il sostegno di Bruxelles all’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale ucraina all’interno dei suoi confini “rimane incrollabile” e Borrell ha esortato il Cremlino a “mantenere i suoi impegni in buona fede”. Gli ha fatto eco il cancelliere tedesco Scholz, al termine del colloquio con Putin: “Il riconoscimento da parte di Mosca delle due repubbliche separatiste sarebbe una catastrofe politica“.
    Intanto dal Parlamento UE è arrivato il via libera alla decisione della Commissione UE di stanziare un piano di aiuti da 1,2 miliardi di euro per aiutare l’Ucraina a “coprire il fabbisogno di finanziamento residuo nel 2022”, si legge nel testo approvato con 598 voti a favore, 53 contrari e 43 astenuti. Secondo la relazione, le motivazioni vanno ricercate nelle “crescenti tensioni geopolitiche”, che “stanno avendo effetti negativi sulla già precaria stabilità economica e finanziaria dell’Ucraina“. Più nello specifico, “le persistenti minacce per la sicurezza hanno determinato un sostanziale deflusso di capitali” e “l’impatto negativo sugli investimenti futuri riduce ulteriormente la resilienza del Paese agli shock economici e politici”, sottolineano gli eurodeputati.

    The EU strongly condemns the Russian State Duma’s decision to submit a call to President Putin to recognise the non-government controlled areas of Donetsk and Luhansk oblasts of Ukraine as independent entities. This recognition would be a clear violation of the Minsk agreements.
    — Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) February 15, 2022

    Si attendono segnali sul terreno di una smobilitazione di truppe e infrastrutture dalla frontiera occidentale. Ma intanto preoccupa il possibile riconoscimento di Mosca delle repubbliche separatiste di Donetsk e Luhansk