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    Bulgaria e Macedonia del Nord hanno firmato il protocollo bilaterale sui negoziati di adesione Ue (anche dell’Albania)

    Bruxelles – Ci siamo, o quasi. Macedonia del Nord e Albania sono pronte per la prima conferenza intergovernativa, l’appuntamento che apre la strada ai negoziati di adesione all’Ue. A rendere possibile quello che l’alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ha definito un “momento storico” è stata la firma nella giornata di ieri (domenica 17 luglio) del protocollo bilaterale tra Macedonia del Nord e Bulgaria, che risolve momentaneamente la disputa tra i due Paesi per l’apertura del quadro negoziale Ue con Skopje (e Tirana, vincolata dallo stesso dossier). L’appuntamento di domani (19 luglio) a Bruxelles è un evento atteso da quasi due anni, da quando Sofia ha posto il veto in Consiglio. Tuttavia, aldilà dell’entusiasmo di Bruxelles, sono diversi i fattori che appesantiscono il clima e che anticipano lo scenario di un negoziato che durerà anni e che creerà non pochi problemi per i rapporti tra l’Unione e la Macedonia del Nord.
    Il primo ministro della Macedonia del Nord, Dimitar Kovačevski, e il presidente del Consiglio UE, Charles Michel
    Ad aprire la possibilità della prima conferenza intergovernativa questa settimana è stato il voto favorevole di sabato (16 luglio) da parte del Parlamento macedone sulla proposta aggiornata di mediazione francese per lo sblocco dei negoziati di adesione Ue. Il via libera è arrivato grazie a 68 deputati su 120 (era richiesta la maggioranza semplice di 61), che si sono espressi a favore di una proposta che – dopo la prima versione definita “irricevibile” – riconosce la lingua e l’identità nazionale macedone, il fatto che le questioni storiche, culturali e di istruzione (quelle che fanno parte della contesta identitaria con la Bulgaria) devono essere escluse dal quadro negoziale a livello Ue e l’obbligo di riconoscere la minoranza bulgara tra i popoli costituenti della Macedonia del Nord attraverso un emendamento alla Costituzione. Da parte bulgara, invece, il via libera del Parlamento alla revoca del veto era arrivato lo scorso 24 giugno (anche se sulla base della versione originaria della proposta di mediazione francese), a poche ore dal voto di sfiducia all’esecutivo guidato da Kiril Petkov.
    In virtù di queste due decisioni da Skopje e Sofia, nella giornata di ieri i rispettivi ministri degli Esteri, Bujar Osmani e Teodora Genchovska, hanno firmato il protocollo bilaterale parallelo al quadro negoziale Ue, che si inserisce tra le condizioni della proposta francese di risoluzione della controversia tra i due Paesi. Il contenuto del documento non è stato ancora reso pubblico (si prevede la pubblicazione sempre nella giornata di domani), ma è noto che è costituito di una decina di pagine e che contiene misure e scadenze specifiche nelle relazioni tra Sofia e Skopje. Dopo la firma del protocollo bilaterale le delegazioni di Skopje e Tirana sono state convocate a Bruxelles per la prima conferenza intergovernativa, che segnerà l’apertura ufficiale del gruppo di capitoli da affrontare prima di poter aderire formalmente all’UE.
    Tuttavia, nonostante l’apparente successo diplomatico, c’è poco per cui stare sereni sul breve e medio termine: i veri problemi per i negoziati di adesione Ue della Macedonia del Nord arrivano adesso. Al momento del voto di sabato, l’opposizione nazionalista di Vmro-Dpmne (Partito Democratico per l’Unità Nazionale Macedone) è uscita dall’Aula e il leader, Hristijan Mickoski, ha annunciato che i suoi 44 parlamentari non accetteranno mai di emendare la Costituzione: “Non arretreremo di un millimetro“, è stato il commento lapidario, accompagnato dalla richiesta di nuove elezioni e il prosieguo delle proteste popolari. La questione è particolarmente rilevante, dal momento in cui per le modifiche costituzionali è necessaria la maggioranza dei due terzi del Parlamento, cioè 80 deputati, e senza i 44 voti della coalizione nazionalista si bloccherà immediatamente il processo richiesto dalla Commissione Europea per la convocazione della seconda conferenza intergovernativa e l’adesione Ue della Macedonia del Nord.
    A rendere ancora più complessa la questione è, ancora una volta, la posizione intransigente della Bulgaria, che ha fatto sapere di non aver cambiato la propria posizione sul macedone come lingua ufficiale della Macedonia del Nord: “Non la riconosciamo, ma la questione ha aspetti specifici nel contesto degli altri 26 Paesi membri, che hanno una loro posizione e non possiamo obbligarli in alcun modo ad accettare la nostra”, ha commentato a margine della firma del protocollo la ministra Genchovska. È attesa ora da Sofia una dichiarazione unilaterale di non-riconoscimento della lingua macedone, che appesantisce un processo di allineamento agli standard Ue su tutti i cluster che costituiscono il processo negoziale di adesione Ue.
    Le buone notizie riguardano piuttosto il clima favorevole che invece può ripristinarsi in Albania, in particolare dopo il fallimento del vertice Ue-Balcani Occidentali di fine giugno. Il premier albanese Edi Rama, si è detto “felice” che “l’assurdo ostaggio dell’Albania sia finito”, considerato il fatto che le aspirazioni di Tirana sono legate a doppio filo con quelle di Skopje: “Ci sono voluti ben tre faticosi anni dalla decisione del Consiglio di aprire la strada ai negoziati perché gli ostacoli artificiali sollevati sul cammino dell’Albania potessero essere completamente eliminati”, ha commentato Rama, sottolineando che “queste sfide hanno messo alla prova non solo il governo, ma anche il Paese, come comunità e come maggioranza di governo“. Era stato lo stesso primo ministro albanese ad attaccare l’Unione europea al vertice di Bruxelles per la sua incapacità di “liberare due ostaggi, che sono anche membri NATO, dalla Bulgaria”.

    Il 19 luglio si terrà a Bruxelles la prima conferenza intergovernativa con i due Paesi balcanici candidati all’adesione all’Unione. Decisivo il voto al Parlamento macedone sulla proposta di mediazione francese con Sofia: ma i negoziati per Skopje sono già in salita

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    I giorni caldi di Skopje. La Macedonia del Nord di fronte alla proposta aggiornata per lo sblocco dei negoziati adesione UE

    Bruxelles – Siamo entrati nella settimana più calda a Skopje, in cui potrebbero essere decise le sorti di una nazione. Dopo aver rispedito al mittente quella che anche a Eunews avevamo definito una proposta irricevibile, il governo e il Parlamento della Macedonia del Nord stanno vagliando la nuova versione della mediazione francese per sbloccare lo stallo sull’avvio dei negoziati di adesione all’UE (causato dal veto della Bulgaria per questioni bilaterali di natura puramente identitaria). Preso tra i due fuochi delle proteste dell’opposizione nazionalista – che vuole rifiutare anche l’ultimo tentativo di compromesso – e delle pressioni di Bruxelles e di Tirana – a causa del legame imposto all’Albania nel dossier di adesione – l’esecutivo guidato da Dimitar Kovačevski sta valutando attentamente gli sviluppi, sempre più propenso ad accettare l’offerta di Parigi.
    Per sgombrare il campo dagli ultimi dubbi, a Skopje è volato oggi (martedì 5 luglio) il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, dopo il viaggio di sole tre settimane fa. “Avete l’occasione di decidere del vostro futuro, con questa proposta siamo al punto di svolta per il processo di adesione all’UE, con un compromesso che risponde alle vostre preoccupazioni”, ha voluto sottolineare nel corso della conferenza stampa congiunta con il premier della Macedonia del Nord. “Se dite di sì, la prima conferenza intergovernativa sarà convocata nei prossimi giorni e poi procederemo spediti”, ha aggiunto Michel. Secondo quanto hanno fatto sapere entrambi i politici, la proposta francese aggiornata tiene conto di “tutte le preoccupazioni” di Skopje, in particolare sul riconoscimento della lingua macedone al pari di tutte le altre in uso nel Paesi membri dell’Unione. Inoltre, le questioni storiche, culturali e di istruzione (quelle che fanno parte della contesta identitaria con la Bulgaria) non dovrebbero entrare nel quadro dei negoziati a livello UE e dovranno essere trattate a parte tra i due Paesi. “La proposta in discussone in questi giorni include le nostre osservazioni e le opinioni da noi chiaramente espresse“, ha confermato esplicitamente il primo ministro del Paese balcanico: “Stiamo proteggendo l’interesse pubblico e l’identità nazionale macedone, per raggiungere il nostro obiettivo strategico, che è la piena adesione all’UE”.
    “È una vostra decisione sovrana, ma anche un’opportunità storica, troppo importante da lasciarsi sfuggire”, ha incalzato Michel a Skopje, ribadendo con fermezza che “mi schiererò sempre per il rispetto dei diritti dei macedoni, attraverso un dialogo costruttivo“. Questo impegno dichiarato riguarda, appunto, “anche il riconoscimento della vostra lingua e delle vostre legittime preoccupazioni sull’identità nazionale, che devono rispettare le relazioni di buon vicinato”. Il richiamo alla Bulgaria è implicito, ma non per questo di secondaria importanza: “Se introdurrete gli emendamenti costituzionali per il rispetto di tutte le minoranze, dimostrerete alti standard di impegno e noi automaticamente inizieremmo i negoziati di adesione”, che “non potranno mai essere minati da questioni non legittime da un punto di vista dei valori europei“. In altre parole, “il processo di allargamento dell’Unione procederà senza trappole”, ha assicurato il numero uno del Consiglio.
    Il premier Kovačevski ha però avvertito che “spetta al Parlamento prendere una decisione definitiva” in merito alla proposta francese, che consenta l’avvio dei negoziati di adesione UE della Macedonia del Nord: “Solo a quel punto il governo potrà presentare ufficialmente la sua risposta all’Unione Europea”. Ammesso e non concesso che la maggioranza parlamentare darà il via libera alla proposta (anche se ormai sembra sempre più verosimile), come la teoria dell’eterno ritorno, non è da escludere che la nuova proposta aggiornata non susciterà obiezioni a Sofia, dove lo scorso 24 giugno il Parlamento aveva sì revocato il veto all’avvio dei negoziati di adesione UE della Macedonia del Nord, ma sulla base della prima versione della proposta di mediazione francese.

    You are deciding on your future. And on the pivotal next steps.
    North Macedonia belongs in the EU. Your future is with us.
    Together we are on the eve of a possible breakthrough in your country’s EU accession process.@DKovachevski @SPendarovski pic.twitter.com/XbbXUpWMWX
    — Charles Michel (@CharlesMichel) July 5, 2022

    Tra proteste e pressioni
    Quello che preoccupa però Skopje e Bruxelles è soprattutto l’ondata di proteste guidate dall’opposizione in Macedonia del Nord, che resta contraria a qualsiasi soluzione di compromesso che vada incontro anche a parte delle richieste identitarie della Bulgaria. L’ultima è andata in scena nella capitale macedone proprio durate i colloqui del presidente del Consiglio UE con la dirigenza politica del Paese: gli slogan dei gruppi nazionalisti hanno coinvolto non solo la disputa con Sofia, ma anche quella con la Grecia – “solo Macedonia, mai Macedonia del Nord” (in riferimento all’accordo di Prespa del 2018, sul cambio del nome del Paese per risolvere la questione identitaria decennale con Atene). Soprattutto per l’opposizione di VMRO-DPMNE (Partito Democratico per l’Unità Nazionale Macedone) di ispirazione nazionalista-conservatrice, da Parigi è arrivato un “ultimatum inaccettabile” ispirato dalla Bulgaria: secondo il leader Hristijan Mickoski sarebbe “contrario agli interessi nazionali” e in linea con una volontà di favorire “l’assimilazione e la bulgarizzazione” della popolazione.
    Per il premier Kovačevski si tratta invece dell’ultima possibilità concreta per arrivare finalmente all’avvio dei negoziati di adesione all’UE. A maggior ragione se si considerano le pressioni che arrivano dall’altro Paese balcanico che fa parte del dossier sull’avvio dei negoziati UE, l’Albania del premier Edi Rama. “Si tratta di scelte, e questo è il momento di farne una, il mio istinto mi dice che sarebbe un grosso errore non accettare” la proposta francese, ha dichiarato nel corso di un’intervista alla TV macedone Kanal 5 – riportata da Albanian Daily News: “Sarebbe un grosso errore perché il Paese potrebbe essere lasciato indietro e nessuno avrebbe più la volontà di tornare indietro”. In ogni caso, se Skopje deciderà di rifiutare, Tirana spingerà per la prima volta per continuare separatamente, sostenuta in modo esplicito anche dall’Italia: “Abbiamo superato il punto in cui ci è negato di farlo, ma [i politici macedoni, ndr] devono accettare la proposta, perché non ce ne sarà un’altra, e rischiano di rimanere davanti alla porta dell’UE per altri 17 anni”, ha esortato il premier albanese. E al governo Kovačevski è arrivata una sponda proprio dalla minoranza etnica albanese in Macedonia del Nord, che sarebbe pronta ad appoggiare la maggioranza in Parlamento (nonostante il partito Alleanza per gli Albanesi sia seduto nei banchi dell’opposizione) per dare il via libera alla proposta francese, a patto che la lingua albanese sia inserita nella Costituzione nazionale.

    Mentre il governo di Dimitar Kovačevski è sotto pressione per le proteste guidate dall’opposizione, il presidente del Consiglio UE, Charles Michel, è volato a Skopje per spingere il nuovo tentativo di mediazione sulla contesta con la Bulgaria (che ora considera le preoccupazioni macedoni)

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    L’irricevibile proposta francese per lo sblocco dei negoziati di adesione della Macedonia del Nord all’Unione Europea

    Bruxelles – Con la revoca del veto della Bulgaria all’avvio dei negoziati di adesione UE della Macedonia del Nord approvata oggi (venerdì 24 giugno) dal Parlamento di Sofia, si iniziano già a sentire le fanfare del momento storico per lo sblocco di uno stallo divenuto ormai cronico. Il presidente francese, Emmanuel Macron, artefice della proposta ‘risolutoria’ – a cui Eunews ha avuto accesso – ha già iniziato a esultare per “l’inizio dei lavori sulla formalizzazione di un accordo nei prossimi giorni, la macchina si è avviata” e probabilmente, in tutto questo trionfalismo, si cercherà di aprire presto i negoziati (il commissario europeo per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, già punta alla convocazione delle prime conferenze intergovernative).
    Ma basta spostarsi di un paio di centinaia di chilometri dalla sede del Parlamento bulgaro per capire che per la controparte macedone la proposta francese è semplicemente irricevibile. Fonti qualificate a Skopje, che conoscono a fondo la proposta, in un briefing con Eunews hanno definito così il tentativo di trasferire a livello di negoziati tra UE e Paese candidato una questione bilaterale – con la Bulgaria – di natura puramente identitaria, con pesanti conseguenze sullo stesso processo di allargamento dell’Unione. In tutti gli sforzi passati delle presidenze del Consiglio dell’UE che hanno preceduto quella francese da metà 2020 (tedesca, portoghese e slovena) la linea rossa da non varcare sul futuro negoziato con Skopje era proprio questa, mentre l’Eliseo ha deciso di forzarla. Le stesse fonti hanno riferito che la maggior parte dei governi UE la considerano un “vaso di Pandora”, che solo il commissario ungherese Várhelyi aveva osato socchiudere: se aperto, potrebbe portare alla “morte” del processo di allargamento.
    Ci sono tre elementi che giustificano le rimostranze di Skopje e che fanno parlare di una delocalizzazione del problema, più che di revoca del veto bulgaro. Per prima cosa, l’UE imporrebbe alla Macedonia del Nord di includere la componente bulgara nel preambolo della Costituzione nazionale, non come minoranza ma come popolo costituente, con l’inizio della riforma da programmare prima dell’inizio dei negoziati. Il problema è che il governo non può contare sulla maggioranza dei due terzi in Parlamento per cambiare la Carta fondamentale del Paese (ammesso e non concesso che abbia intenzione di farlo) e che alcuni partiti al governo hanno già annunciato che in caso di via libera sono pronti a farlo cadere. “Significherebbe un’agonia per trovare una maggioranza nei prossimi anni”, hanno spiegato le fonti di Skopje, rilevando la contemporanea intransigenza di Sofia, che “inequivocabilmente” non riconoscerà nel corso dei negoziati di adesione UE la lingua e “qualsiasi menzione” di natura identitaria macedone. Una chiara violazione dell’articolo 3 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), che prevede il “rispetto della ricchezza della sua diversità culturale e linguistica” del patrimonio culturale europeo.
    Il premier della Macedonia del Nord, Dimitar Kovačevski, con il presidente del Consiglio UE, Charles Michel, a Bruxelles
    Seconda criticità. Come si legge nella nuova proposta che modificherebbe la posizione del Consiglio del dicembre 2020, durante il rilevamento dei progressi nei negoziati attraverso gli annuali Pacchetti allargamento della Commissione, si assisterebbe a un’inedito screening di DG NEAR (il direttorato generale responsabile delle politiche in materia di allargamento UE) sulle questioni storiche, culturali e di istruzione. Nulla che sia previsto dai criteri di Copenaghen, cioè le basilari condizioni democratiche, economiche e politiche (istituzioni stabili, Stato di diritto, diritti umani, economia di mercato, capacità di mantenere l’impegno) che devono essere rispettate dal Paese candidato.
    A questo si aggiunge il fatto che nel cluster Fundamentals’ sono stati inseriti nuovi paragrafi che non sono mai stati previsti nella storia dell’allargamento: tra questi una serie di elementi – hate speech, storia, istruzione – che vanno al di là della tradizionale definizione di ‘protezione dei diritti delle minoranze’. Questo elemento porta direttamente al terzo e più preoccupante problema: i report della Commissione dovranno passare dall’approvazione degli Stati membri, perché possano mantenere il pieno controllo dei negoziati, ancora sotto la scure dell’unanimità. In altre parole, se la Bulgaria deciderà di mettere il veto alla posizione del Consiglio sui cluster – quello sui principi fondamentali sarà il primo ad aprirsi e l’ultimo a chiudersi – non se ne farà niente. Come nell’ultimo anno e mezzo.
    Per tutte queste ragioni è chiaro che a Skopje non c’è spazio per la proposta francese “e forse è un bene per l’autorità morale dell’UE nella regione”. Le fonti macedoni pongono l’attenzione sul fatto che il primo ministro non ha spazio di manovra politica, ma soprattutto che “sono già stati fatti danni”, avvelenando il processo di allargamento con questioni bilaterali, “che comunque non sarebbero risolte”. Questa decisione del presidente francese Macron è frutto quantomeno della fretta di cercare “qualche successo, anche se è falso” sullo stato di avanzamento dell’allargamento alla regione balcanica, considerate le contemporanee richieste di adesione di Ucraina, Moldova e Georgia. È necessaria però una riflessione su cosa sta diventando il processo di allargamento in ostaggio dell’unanimità: anche se i negoziati con Skopje iniziassero, il diritto di veto della Bulgaria penderebbe ancora sulla testa dei macedoni.
    A quanto si apprende, il clima generale in Consiglio non è positivo, con la maggioranza degli Stati membri consci del problema anche per l’Unione. La linea che prevale sarebbe un ‘no’, a meno che sia a Sofia sia a Skopje si registrasse un voto favorevole sulla questione (già arrivato dalla Bulgaria, difficilmente dalla Macedonia del Nord). L’opinione pubblica macedone è tendenzialmente contraria e il premier Kovačevski ha già messo in chiaro ieri, al termine del vertice UE-Balcani Occidentali, le linee rosse del suo governo. La speranza è di “non essere soli”, dal momento in cui a Skopje è ancora riconosciuto il credito dell’accordo di Prespa nel 2018 (con la Grecia, sul cambio di nome in Macedonia del Nord) come “campione di compromesso”. I Ventisette – meno uno – sono consapevoli delle ragioni di un’eventuale opposizione: “Sanno che sarebbe balcanizzata l’Unione, quando dovrebbero unire i Balcani“, avvertono con molta cautela le fonti macedoni.
    Una posizione che viene messa in luce anche dall’ex-ministro degli Esteri, Nikola Dimitrov, che in un tweet ha spiegato che “nonostante i titoli dei giornali parlino del via libera di Sofia alla Macedonia del Nord e all’Albania, il testo adottato dice in realtà qualcosa di molto diverso”, considerato il fatto che “il Parlamento ha posto 4 nuove precondizioni e se saranno soddisfatte la Bulgaria potrà sostenere i colloqui di adesione con la Macedonia del Nord”. Proprio lo stesso Dimitrov, in un editoriale per European Western Balkans, ha fatto notare che “il diavolo sta nei dettagli”.

    Although the news headlines speak of Sofia’s green light to North Macedonia & 🇦🇱 the adopted text actually says something very different. The Parliament set 4 new preconditions and once/if they are fulfilled 🇧🇬 will be able to support the accession talks with 🇲🇰 Here they are 1/5
    — Nikola Dimitrov (@Dimitrov_Nikola) June 24, 2022

    Il tentativo di mediazione del presidente Macron porta a livello UE le ragioni del veto di Sofia, creando nuovi ostacoli al cammino di Skopje. Fonti macedoni qualificate spiegano come sarebbero minati i principi dell’intero processo di allargamento

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    Il Parlamento della Bulgaria ha approvato la revoca del veto alla richiesta di adesione UE della Macedonia del Nord

    Bruxelles – Con 170 favorevoli, 37 contrari e 21 astensioni, la sessione plenaria del Parlamento della Bulgaria ha approvato la revoca del veto sull’avvio dei negoziati di adesione all’Unione Europea della Macedonia del Nord. La notizia è stata diffusa dall’ambasciata bulgara presso l’Unione Europea, che ha reso noto il via libera alla proposta di portare i negoziati all’interno di un quadro UE, secondo quanto previsto dalla mediazione avanzata all’inizio del mese dal presidente della Francia (e di turno del Consiglio dell’UE), Emmanuel Macron. Il blocco bulgaro va avanti dal dicembre del 2020, quando Sofia aveva esercitato il proprio decisivo diritto di veto in seno al Consiglio, considerata la necessità di raggiungere l’unanimità tra i Ventisette per dare il via ai negoziati di adesione (sia con la Macedonia del Nord, sia con l’Albania, legata dallo stesso dossier).

    Le parlement bulgare a approuvé les propositions de la @Europe2022FR pour le cadre des négociations d’adhésion de la République de la Macédoine du Nord dans l’UE. 🇪🇺
    — Bulgaria in the EU (@BGPermRepEU) June 24, 2022

    Dopo un vertice UE-Balcani Occidentali fallimentare sul piano dello sblocco dei negoziati di adesione UE della Macedonia del Nord, ieri pomeriggio (giovedì 23 giugno) la commissione Esteri del Parlamento bulgaro aveva dato il via libera alla proposta di mediazione – francese ed europea – che prevede di inserire buona parte delle richieste bulgare nel quadro dei negoziati a livello UE. Contro la proposta si sono schierati i socialisti di BSP, i nazionalisti filo-russi di Vazrazhdane e il movimento populista fondato dallo showman Slavi Trifonov C’è un popolo come questo (ITN), co-responsabile della caduta del governo guidato da Kiril Petkov e del voto di sfiducia arrivato mercoledì (22 giugno), che ha impedito di arrivare a un tentativo di risoluzione della disputa già al summit di ieri. A favore si sono schierati invece il partito Noi continuiamo il cambiamento del premier sfiduciato Petkov, Il Movimento dei Diritti e delle Libertà (minoranza turca) e i conservatori di GERB (Cittadini per lo Sviluppo Europeo della Bulgaria) dell’ex-premier Boyko Borissov.
    Dopo il voto favorevole del Parlamento bulgaro, la palla passa a Skopje. Ma è proprio qui che potrebbero arrivare altri problemi e non tutti per colpa della controparte macedone. La proposta di mediazione francese prevede di inserire nel quadro negoziale dell’Unione con Skopje buona parte delle richieste bulgare: in altre parole, significa elevare la disputa bilaterale a livello UE, accogliendo – acriticamente – la posizione di Sofia. Una questione particolarmente spinosa, dal momento in cui si tratta di questioni di natura storico-culturale e identitaria, che spaziano dai padri fondatori delle due nazioni alla lingua in uso.
    Il primo ministro della Macedonia del Nord, Dimitar Kovačevski, e l’omologo della Bulgaria, Kiril Petkov (25 gennaio 2022)
    La questione identitaria è dominante nella disputa tra Bulgaria e Macedonia del Nord. Sofia non riconosce l’esistenza di una nazione macedone distinta da quella bulgara, negando la possibilità di utilizzare l’attributo ‘macedone’ in ogni aspetto socio-culturale. Ne deriva di conseguenza l’opposizione al riconoscimento dell’esistenza di una minoranza macedone sul proprio territorio, o di una bulgara in Macedonia del Nord, dal momento in cui si tratterebbe dello stesso popolo (anche se Sofia esige che venga inserita nel preambolo della Costituzione macedone, tra i popoli costituenti). Questa intransigenza si riflette anche in ambito linguistico: secondo il governo di Sofia la lingua macedone altro non è che un dialetto del bulgaro, artificialmente elevato a lingua sotto il regime di Tito (tra il 1944 e il 1991 la Repubblica Socialista di Macedonia era una delle sei repubbliche della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia).
    Se non esiste un’identità macedone nel presente, non poteva esistere nemmeno nel passato: è così che entrambi i Paesi sostengono di essere eredi esclusivi di alcuni personaggi storici, in particolare Goce Delčev, il patriota che ha dato il via all’insurrezione balcanica anti-ottomana del 1903. Qualche decennio prima, il territorio macedone era stato acquisito dal neonato regno di Bulgaria con il trattato di Santo Stefano, stipulato dopo la guerra russo-turca (1877-78), ma con la seconda guerra balcanica del 1913 era divenuto parte del Regno dei Serbi (poi Regno dei Serbi, Croati e Sloveni al termine della prima guerra mondiale). In virtù di tutte queste considerazioni, Sofia si rifiuta categoricamente di considerare come un’invasione la sua occupazione militare del territorio macedone nel maggio del 1941, quando la Bulgaria monarchica era alleata della Germania nazista. Il motivo è sempre lo stesso: non esiste una nazione macedone distinta da quella bulgara e, al tempo, si trattava di un territorio sottratto alla Bulgaria ingiustamente.

    Con 170 favorevoli, 37 contrari e 21 astensioni, la sessione plenaria ha dato il via libera allo sblocco dello stallo sull’avvio dei negoziati con Skopje. Ora tutta l’attenzione è sul vicino balcanico, che dovrà valutare la proposta di mediazione dell’Unione (presentata dalla presidenza francese)

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    Perché Bulgaria e Macedonia del Nord non riescono a trovare una soluzione alla disputa che blocca l’adesione UE di Skopje

    Bruxelles – Raccolte le macerie del fallimento del vertice UE-Balcani Occidentali, per tutti i convenuti a Bruxelles è tempo di guardare oltre e capire quali sono le prospettive per mettere in salvo i resti del processo di allargamento dell’Unione nella regione. Senza entrare nel merito delle aspettative tradite su Kosovo e Bosnia ed Erzegovina (a cui solo in serata i leader UE hanno cercato di mettere una pezza), può essere utile capire in quale direzione può andare la questione del veto della Bulgaria all’apertura dei negoziati di adesione della Macedonia del Nord, ma anche dell’Albania, che è legata a Skopje dallo stesso dossier. “Niente è mai facile per i Balcani Occidentali, ma penso che ci potrebbe essere una probabilità del 50, forse 60 per cento di una svolta entro la prossima settimana”, ha fatto sapere alla stampa il premier dei Paesi Bassi, Mark Rutte, a margine del vertice.
    Il primo ministro (sfiduciato) della Bulgaria, Kiril Petkov (23 giugno 2022)
    Ciò a cui si riferisce Rutte è il voto del Parlamento bulgaro sulla proposta francese per risolvere la disputa sull’avvio dei negoziati: questo pomeriggio la commissione Esteri ha dato il via libera e domani (venerdì 24 giugno) si svolgerà la decisiva votazione della sessione plenaria. Contro la proposta del presidente francese, Emmanuel Macron – che prevede di inserire buona parte delle richieste bulgare nel quadro dei negoziati a livello UE – si sono schierati i socialisti di BSP, i nazionalisti filo-russi di Vazrazhdane e il movimento populista fondato dallo showman Slavi Trifonov C’è un popolo come questo (ITN), co-responsabile della caduta del governo guidato da Kiril Petkov e del voto di sfiducia arrivato ieri (mercoledì 22 giugno). Proprio la sfiducia all’esecutivo da parte del Parlamento di Sofia ha impedito di arrivare a una rimozione immediata del veto bulgaro già al vertice UE-Balcani Occidentali di questa mattina. A favore della scelta di affidare in extremis allo stesso primo ministro sfiduciato il mandato di negoziare a Bruxelles lo sblocco dei negoziati sull’adesione della Macedonia del Nord sono il partito Noi continuiamo il cambiamento di Petkov, Il Movimento dei Diritti e delle Libertà (minoranza turca) e i conservatori di GERB (Cittadini per lo Sviluppo Europeo della Bulgaria) dell’ex-premier Boyko Borissov.
    “Abbiamo messo pressione sulla Bulgaria, con la proposta di integrare richieste compatibili con ciò che la Macedonia del Nord può rispettare“, ha spiegato in conferenza stampa il presidente francese Macron. “Nelle prossime ore dobbiamo aspettarci che il Parlamento bulgaro voti sulla strada europea comune che abbiamo concordato” e, se questo avverrà, “possiamo ritornare al Coreper [gli ambasciatori dei 27 Stati membri riuniti nel Comitato dei rappresentanti permanenti del Consiglio, ndr] e sbloccare i negoziati”, ha precisato Macron. Il problema a Sofia è che quasi nessun partito vuole assumersi una responsabilità storica di fronte all’elettorato, in vista di probabili elezioni anticipate. Nonostante il gabinetto Petkov si sia speso per trovare una soluzione alla disputa storico-culturale con Skopje, è compito del Parlamento prendere posizione sulla revoca del veto. Secondo l’ormai ex-premier bulgaro, l’opposizione ha utilizzato la questione macedone per ricattare l’esecutivo ogni volta che si poneva il rischio di mettere in luce i casi di corruzione del precedente gabinetto Borissov, definito da Petkov alla stampa europea “la persona più disonesta che conosca”.
    Il primo ministro della Macedonia del Nord, Dimitar Kovačevski (23 giugno 2022)
    Dall’altra parte della barricata, sponda macedone, il premier Dimitar Kovačevski ha messo in chiaro quali sono le linee rosse di Skopje sulla proposta francese, che “deve garantire alcuni elementi-chiave imprescindibili”. Nel corso della conferenza stampa congiunta con il premier albanese, Edi Rama, e il presidente della Serbia, Aleksandar Vučić, Kovačevski ha sottolineato che ci deve essere un “chiaro riconoscimento della lingua e dell’identità macedone nel quadro negoziale” a livello UE e che “le questioni storiche non possono essere criteri vincolanti”. Con particolare enfasi, il primo ministro macedone ha messo in chiaro che “i negoziati tra Skopje e l’Unione devono essere avviati prima dell’inizio della procedura per i cambiamenti costituzionali” per l’inclusione nel preambolo della Costituzione macedone di “bulgari, croati e montenegrini come minoranze tutelate al pari delle altre”. Dovranno essere fornite “forti garanzie dalla Bulgaria e dall’UE che Sofia non farà nuove richieste vincolanti su quanto dovrà essere concordato sul quadro negoziale e sul protocollo bilaterale” e che “qualsiasi soluzione dovrà passare dalla consultazione e dall’accordo con le istituzioni macedoni”.
    La cause della disputa
    È dalla fine del 2020 che la Bulgaria ha posto il veto all’adesione UE della Macedonia del Nord per questioni di natura storico-culturale e identitaria, che spaziano dai padri fondatori delle due nazioni alla lingua in uso. Tre anni prima, il primo agosto 2017, era stato firmato il Trattato di amicizia tra i due Paesi, che aveva istituito una commissione accademica congiunta per valutare eventi storici comuni e questioni identitarie controverse. Coincidenza ha voluto che la firma arrivasse a un giorno dell’anniversario della rivolta di Ilinden del 1903, l’insurrezione anti-ottomana che è il caposaldo dell’identità nazionale di entrambi i Paesi (anche se per Skopje sarebbe più corretto riferirsi agli slavo-macedoni, la componente maggioritaria di una società multietnica composta anche di minoranze consistenti di albanesi, serbi, turchi e rom).
    La questione identitaria è dominante nella disputa tra Bulgaria e Macedonia del Nord. Sofia non riconosce l’esistenza di una nazione macedone distinta da quella bulgara, negando la possibilità di utilizzare l’attributo ‘macedone’ in ogni aspetto socio-culturale. Ne deriva di conseguenza l’opposizione al riconoscimento dell’esistenza di una minoranza macedone sul proprio territorio, o di una bulgara in Macedonia del Nord, dal momento in cui si tratterebbe dello stesso popolo (anche se Sofia esige che venga inserita nel preambolo della Costituzione macedone, tra i popoli costituenti). Questa intransigenza si riflette anche in ambito linguistico: secondo il governo di Sofia la lingua macedone altro non è che un dialetto del bulgaro, artificialmente elevato a lingua sotto il regime di Tito (tra il 1944 e il 1991 la Repubblica Socialista di Macedonia era una delle sei repubbliche della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia).
    La storia – come spesso accade – è fonte delle divisioni più dure tra Sofia e Skopje. Se non esiste un’identità macedone nel presente, non poteva esistere nemmeno nel passato: è così che entrambi i Paesi sostengono di essere eredi esclusivi di alcuni personaggi storici, in particolare Goce Delčev, il patriota che ha dato il via all’insurrezione balcanica anti-ottomana del 1903. Qualche decennio prima, il territorio macedone era stato acquisito dal neonato regno di Bulgaria con il trattato di Santo Stefano, stipulato dopo la guerra russo-turca (1877-78), ma con la seconda guerra balcanica del 1913 era divenuto parte del Regno dei Serbi (poi Regno dei Serbi, Croati e Sloveni al termine della prima guerra mondiale). In virtù di tutte queste considerazioni, Sofia si rifiuta categoricamente di considerare come un’invasione la sua occupazione militare del territorio macedone nel maggio del 1941, quando la Bulgaria monarchica era alleata della Germania nazista. Il motivo è sempre lo stesso: non esiste una nazione macedone distinta da quella bulgara e, al tempo, si trattava di un territorio sottratto alla Bulgaria ingiustamente.

    Quali sono le cause della disputa storico-culturale tra Sofia e Skopje che dal 2020 sono alla base del veto bulgaro sull’apertura dei negoziati di adesione macedone (e albanese) all’UE. Si guarda ai prossimi giorni per una svolta, le cui possibilità di riuscita vengono date al 50/60 per cento

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    Macron tenta il colpaccio in extremis. Proverà la mediazione Skopje-Sofia per l’adesione UE della Macedonia del Nord

    Bruxelles – Tre settimane per riuscire dove tre presidenze di turno del Consiglio dell’UE (tedesca, portoghese e slovena) hanno fallito prima di lui. Il presidente francese, Emmanuel Macron, vuole mettere la ciliegina sulla torta di un semestre in cui l’Eliseo ha dovuto affrontare – insieme a Consiglio, Commissione e Parlamento – prove inaspettate per l’Unione Europea, come la guerra in Ucraina e le conseguenze globali sul piano energetico, umanitario, alimentare e militare. Ma c’è un’altra sfida che si protrae ormai da decenni e che negli ultimi mesi sta dimostrando tutta la sua urgenza: il processo di adesione dei Paesi dei Balcani Occidentali all’UE e, in particolare, l’avvio dei negoziati con Macedonia del Nord e Albania.
    È per questo motivo che, a 23 giorni dalla fine della presidenza di turno francese del Consiglio dell’UE, l’inquilino dell’Eliseo vuole entrare nella storia dell’Unione anche per aver sbloccato lo stallo causato dal veto della Bulgaria all’accesso della Macedonia del Nord all’UE (che porta con sé anche quello dell’Albania, all’interno dello stesso pacchetto). Come si legge in una nota, Macron si è detto “pronto” ad accogliere a Parigi le autorità bulgare e macedoni “al momento opportuno” per concludere l’accordo bilaterale. L’annuncio è arrivato al termine dell’incontro di ieri sera (lunedì 6 giugno) con il presidente della Bulgaria, Rumen Radev, e il premier della Macedonia del Nord, Dimitar Kovačevski, nel contesto degli sforzi condotti nelle ultime settimane per trovare una soluzione alla controversia tra i due Paesi e “concretizzare la prospettiva europea” di Skopje. L’accordo “contribuirebbe alle relazioni di buon vicinato e al rispetto dei diritti fondamentali dei cittadini che dichiarano di appartenere ad altre comunità o minoranze”, specifica l’Eliseo.
    Lo stop bulgaro all’avvio dei negoziati di adesione UE della Macedonia del Nord risale al dicembre del 2020, anche se negli ultimi mesi i due nuovi governi nazionali hanno mostrato un rinnovato impegno per il dialogo su temi comuni come la storia, la cultura, i diritti umani e l’integrazione europea, vale a dire su tutte le questioni alla base delle frizioni nazionalistiche tra i due Paesi. In realtà, già due anni prima il dossier macedone-albanese si era bloccato in Consiglio per l’opposizione proprio della Francia – oltre a Danimarca e Paesi Bassi – nei confronti dell’Albania, con la richiesta di un’implementazione delle riforme. Nel 2018 e nel 2020 c’era sempre Macron all’Eliseo, ma da presidente anche del Consiglio dell’UE oggi sta cercando di dare uno scossone a una politica di allargamento che, tra mille stenti, sta rischiando di creare disillusioni pericolose in una penisola delicata quale è quella balcanica. A maggior ragione se si considera l’opera di destabilizzazione della Russia e gli interessi economici della Cina nel ‘buco nero’ del continente europeo.
    Se il tempismo è tutto, l’ultimo annuncio di Macron arriva a due settimane da un Consiglio Europeo (l’ultimo sotto presidenza francese) che metterà al centro la questione dell’allargamento dell’UE e la dimensione geopolitica dell’Europa oltre l’Unione. Non solo a margine del Consiglio si terrà un nuovo vertice UE-Balcani Occidentali (dopo quello inconcludente dell’ottobre dello scorso anno), per un confronto diretto tra i Ventisette e tutti i leader della regione, ma i capi di Stato e di governo dell’Unione dovranno anche discutere della proposta del presidente Macron di una comunità geopolitica europea e del possibile processo “graduale e reversibile” per l’adesione all’UE avanzato dal numero uno del Consiglio, Charles Michel. Il tutto con le richieste di ingresso nell’Unione da parte di Ucraina, Georgia e Moldova sul tavolo, se la Commissione fornirà in tempo i pareri formali. Macron è pronto a mettere la ciliegina dell’intesa tra Bulgaria e Macedonia del Nord sul proprio semestre di presidenza, ma per l’Unione Europea sono ancora molti gli strati da completare prima di considerare la torta dell’allargamento UE pronta da servire.

    L’inquilino dell’Eliseo si è detto “pronto” a concludere l’accordo bilaterale tra Bulgaria e Macedonia del Nord, per sbloccare uno stallo sull’avvio dei negoziati (anche con l’Albania) che si protrae da un anno e mezzo. Data ultima: 30 giugno, fine della presidenza di turno francese del Consiglio

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    L’Unione Europea loda i nuovi sforzi di Macedonia del Nord e Bulgaria di risolvere le tensioni regionali

    Bruxelles – Si riaccendono le speranze per l’UE di sbloccare lo stallo sui negoziati di adesione all’Unione della Macedonia del Nord, bloccati dal veto della Bulgaria da oltre un anno. L’inizio del dialogo avviato la settimana scorsa dai due nuovi primi ministri macedone, Dimitar Kovačevski, e bulgaro, Kiril Petkov, sembra andare ormai verso la direzione di un disgelo nei rapporti tesissimi tra Skopje e Sofia e le istituzioni comunitarie lo considerano a tutti gli effetti “uno slancio positivo“, in particolare per l’allargamento dell’Unione nella regione balcanica.
    Lo hanno riferito i presidenti del Consiglio UE, Charles Michel, e della Commissione, Ursula von der Leyen, al premier della Macedonia del Nord oggi (venerdì 4 febbraio) in visita per la prima volta a Bruxelles, complimentandosi per aver posto la distensione dei rapporti con la Bulgaria tra i primi punti nell’agenda del nuovo governo. “Lodo i recenti sforzi di Skopje e Sofia per risolvere le questioni in sospeso“, ha commentato Michel su Twitter, dopo aver sottolineato che al centro del colloquio con Kovačevski c’è stata proprio l’apertura dei negoziati di adesione, oltre alla cooperazione in materia di sicurezza e l’avanzamento delle riforme.
    Gli ha fatto eco la presidente della Commissione von der Leyen: “Incoraggio la Macedonia del Nord a continuare a realizzare le riforme e a mantenere il momento positivo con la Bulgaria, nel suo percorso di adesione all’UE“. Da martedì scorso (25 gennaio) i due governi hanno formato una serie di gruppi di lavoro che dovranno discutere di economia, infrastrutture e cooperazione europea e risolvere le frizioni nazionalistiche determinate da questioni storico-culturali e identitarie.

    🇲🇰 Glad to meet Prime Minister Kovachevski and congratulate him in person on his appointment. ⁰Welcome to Brussels! I encourage North Macedonia to continue delivering on reforms and to keep up the positive momentum with Bulgaria, on its accession path to the EU. pic.twitter.com/tVhC9xsukv
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) February 4, 2022

    I passi avanti per un compromesso si stanno evidenziando anche in Bulgaria, dove il premier Petkov ha preso una posizione forte contro il presidente Rumen Radev: “La mia visita in Macedonia del Nord non soltanto non è stata frettolosa, ma è avvenuta terribilmente tardi”, ha risposto mercoledì (2 febbraio) alle critiche mosse dal presidente sul fatto che l’incontro non fosse stato ben preparato. “La verità è che abbiamo perso 30 anni di rapporti tra i due Paesi, nel corso dei quali la parte bulgara doveva avere una posizione attiva, un tono di azione costruttivo, obiettivi chiari e un approccio preciso”, ha aggiunto Petkov.
    Una posizione che fa ancor più sperare Bruxelles che in breve tempo Sofia possa abbandonare la posizione contraria all’avvio dei negoziati di adesione UE della Macedonia del Nord (e dell’Albania, legata allo stesso dossier). L’obiettivo è fare in modo che “i Balcani non siano più la regione più povera e corrotta d’Europa” e per questo il premier bulgaro chiede a tutti gli attori – bulgari, macedoni e comunitari – “un approccio basato sul buon vicinato e sullo sviluppo economico“.

    I presidenti della Commissione von der Leyen e del Consiglio Michel hanno accolto per la prima volta a Bruxelles il premier macedone Kovačevski, parlando di “slancio positivo” per l’adesione di Skopje all’Unione

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    Prove di disgelo tra i due nuovi premier di Macedonia del Nord e Bulgaria sull’adesione UE di Skopje

    Bruxelles – Due nuovi premier per un vecchio problema. Kiril Petkov e Dimitar Kovačevski, rispettivamente primo ministro della Bulgaria da metà novembre e della Macedonia del Nord da meno di due settimane, sembrano fare sul serio per risolvere un rapporto particolarmente teso tra i due Paesi confinanti. L’Unione Europea è alla finestra, attenta a cogliere ogni minima apertura sull’inizio dei negoziati di adesione all’UE da parte della Macedonia del Nord, bloccati dal veto bulgaro da oltre un anno.
    L’incontro di ieri (martedì 25 gennaio) a Sofia tra i due primi ministri si inserisce proprio in questo nuovo tentativo di dare un’accelerata alle relazioni di buon vicinato, dopo gli incoraggianti segnali lanciati dalla visita del premier bulgaro a Skopje il 18 gennaio, a un solo giorno dall’insediamento di Kovačevski a capo del governo macedone. “Siamo qui perché non abbiamo paura delle crisi e perché crediamo di poterle risolvere”, ha commentato Petkov in apertura dei lavori a livello ministeriale, sottolineando che “questo dialogo sostituirà il nazionalismo e l’incitamento all’odio, perché la gente si aspetta risultati reali, non retorica politica”.
    L’incontro a livello ministeriale tra i governi della Macedonia del Nord e della Bulgaria a Sofia (25 gennaio 2022)
    Al centro del dialogo tra Bulgaria e Macedonia del Nord ci sono temi comuni come la storia, la cultura, i diritti umani e l’integrazione europea: tutte questioni alla base delle frizioni nazionalistiche tra i due Paesi, che hanno portato al veto di Sofia in seno al Consiglio UE sull’accesso di Skopje all’Unione. Come promesso da Petkov all’indomani della vittoria alle elezioni di novembre in Bulgaria, al tavolo dei negoziati non ci sono solo politici e membri dei rispettivi governi, ma anche tecnici ed esperti che si incontreranno mensilmente in gruppi di lavoro per discutere di economia, infrastrutture e cooperazione europea.
    Il vertice ministeriale di Sofia ha lasciato in eredità una serie di memorandum d’intesa su agricoltura, industria e trasporti, oltre a una dichiarazione d’intenti per ridurre le tariffe di roaming tra i due Paesi e una per aprire un nuovo valico di frontiera. Attualmente non ci sono collegamenti aerei o ferroviari che collegano i due vicini balcanici e per questo motivo è stato specificato che dovranno essere ripresi i lavori per la costruzione del Corridoio paneuropeo 8. “Petkov e io siamo persone pragmatiche, a cui piacciono grafici, scadenze e risultati”, ha sottolineato Kovačevski, ribadendo che “l’integrazione europea può essere facilitata dallo sviluppo di progetti economici e infrastrutturali congiunti”.
    Nonostante le tensioni politiche scatenate dai partiti nazionalisti di opposizione dei due Paesi, la bussola sembra puntare in direzione di un nuovo approccio, meno rigido, per la normalizzazione dei rapporti bilaterali tra Bulgaria e Macedonia del Nord. Fino a oggi, Sofia ha accusato Skopje di non rispettare il Trattato di amicizia e buon vicinato del 2017 e di non rispettare i diritti della minoranza bulgara nel Paese. “La Bulgaria è membro dell’Unione Europea da 15 anni e ha una ricca esperienza da cui possiamo attingere“, ha commentato con entusiasmo Kovačevski parlando del futuro della Macedonia nell’UE.

    Al centro della ripresa del dialogo a livello ministeriale tra i due governi nati da pochi mesi c’è la cooperazione regionale con tavoli di lavoro mensili e il superamento del veto di Sofia in seno al Consiglio Europeo