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    Da Coca-Cola a Pirelli, Nestlé e Ferragamo: i colossi globali che ancora non si sono ritirati dalla Russia

    Bruxelles – Una sorta di boycott Russia, ma questa volta organizzato dalle multinazionali, non dai consumatori. Quella scatenata da  Mosca contro Kiev (che ha il sostegno dell’Occidente) è una guerra che si combatte ormai su tutti i fronti: militare, politico, finanziario ed economico. Oltre all’unità e alla velocità delle sanzioni delle potenze occidentali, ciò che Vladimir Putin difficilmente si poteva aspettare era il boicottaggio su larga scala da parte delle aziende di tutto il mondo contro il mercato e la produzione in Russia. Una ricerca della Yale School of Management ha individuato 250 colossi globali che hanno annunciato il proprio ritiro dalla Russia in segno di protesta contro l’invasione dell’Ucraina e come conseguenza delle misure restrittive messe in campo dall’Unione Europea.
    L’argomento rimane delicato, soprattutto quando c’entrano i soldi: “Altre aziende hanno continuato a operare in Russia imperterrite“, si legge nello studio, complice anche la percentuale di fatturato o produzione che viene realizzata sul territorio russo. Giorno dopo giorno si allunga la lista delle imprese multinazionali che boicottano il Cremlino, ma a oggi (martedì 8 marzo) è possibile identificarne 35 che hanno “un’esposizione particolarmente significativa ai mercati russi”. Non è da escludere che nei prossimi giorni, sull’onda del contraccolpo dell’opinione pubblica, diverse di queste aziende ancora reticenti decidano di seguire l’esempio di chi ha già ritirato o sospeso i propri affari in Russia.

    È soprattutto il settore dell’alimentazione che sta cercando di non esporsi eccessivamente contro Mosca. Coca-Cola, come la principale concorrente Pepsi (che fattura 3,4 miliardi di dollari l’anno in Russia), rischiano di accusare pesantemente il colpo da un eventuale ritiro da questo mercato. Così come Nestlé (1,7 miliardi annuali), Starbucks (130 punti vendita) e McDonald’s (tra Russia e Ucraina balla quasi un 10 per cento del fatturato globale). Ne risentirebbero pesantemente anche i colossi del settore alberghiero, su tutti Marriott (10 strutture in Russia), Hilton (29) e Accor (55). Rimane in attesa anche la casa di moda italiana Salvatore Ferragamo, che vede arrivare dalla Russia l’uno per cento dei propri ricavi (circa 10 milioni di dollari), così come i maggiori operatori nel settore degli pneumatici (Pirelli e Bridgeston, a differenza di quanto deciso da Michelin) e dell’industria del tabacco.
    Ma la questione della perdita di fatturato o di produzione è una scusante fino a un certo punto, considerato il fatto che le 250 aziende che si sono già ritirate dalla Russia hanno dovuto rinunciare a una fetta di mercato difficilmente sostituibile nel breve periodo. L’elenco comprende ogni settore economico e vede una serie di misure che vanno dallo stop delle vendite, delle operazioni commerciali, dei voli sul territorio russo al taglio delle connessioni, delle prenotazioni e delle spedizioni, fino alla chiusura dei punti vendita e degli uffici. Nell’ambito tecnologico ci sono Apple (chiusi i negozi), Alphabet, Microsoft, Netflix, Nintendo, Panasonic e TikTok (operazioni sospese), Meta e Amazon (inserzionisti e venditori russi disattivati), eBay, Ericsson, Nokia e Samsung (stop alle spedizioni), Intel e Sandvik (sospesa la vendita di tecnologie sensibili), Spotify, Twitter e YouTube (che eliminano la propaganda di regime sulle piattaforme).
    Di primo piano, per la questione energetica, sono le decisioni prese da compagnie attive in questo settore. Eni ha deciso di cedere la propria quota del gasdotto Blue Stream con Gazprom, ExxonMobil uscirà dalle joint venture con la russa Rosneft, così come BP (che cederà le sue quote), e Shell ha annunciato oggi che si ritirerà da ogni coinvolgimento in idrocarburi russi e chiuderà tutte le stazioni di rifornimento nel Paese. Sul fronte bancario/finanziario vanno ricordati il taglio dei servizi e dell’accesso ai mercati di capitali da parte di American Express, Asian Infrastructure Investment Bank, Bank of China, BlackRock, Credit Suisse, HSBC, London Stock Exchange, JP Morgan, Mastercard, Nasdaq, PayPal, mentre, su quello della consulenza e assicurazioni, hanno abbandonato la Russia Accenture, Allianz, Generali Assicurazioni, Deloitte, KPMG, McKinsey.
    Nella moda hanno fatto un passo indietro Chanel, H&M, Hermes, Levi Strauss, Mango, Moncler, Nike, Prada e Puma, ed è stata intensa anche la reazione del settore dei motori: hanno fermato le spedizioni e le vendite Stellantis, Aston Martin, Bentley, Ford, General Motors, Harley Davidson, Honda, Jaguar, Mazda, Mercedes-Benz, Nissan, Renault, Rolls Royce, Subaru, Toyota, Volkswagen e Volvo. A mettere sotto pressione il mercato russo saranno soprattutto i colossi della logistica a livello globale, FedEx e Maersk su tutti, ma anche grandi aziende come Ikea, Lego, Danone e Swatch. Tra le prime ad attivarsi già a poche ore dall’invasione dell’Ucraina erano state le federazioni sportive: a oggi sono stati annullati eventi in territorio russo o sono state sospese le squadre russe da Formula 1, calcio a livello UEFA e FIFA, tennis maschile e femminile, rugby, ciclismo, pattinaggio su ghiaccio, hockey, pugilato, atletica e sollevamento pesi, mentre il Comitato Olimpico Internazionale ha impedito a tutti gli atleti russi la partecipazione alle competizioni. A livello di spettacoli ed entertainment, Live Nation ha sospeso tutti i concerti in Russia, Disney, Paramount, Sony e Warner Media hanno messo in pausa ogni nuova uscita di film, e la Federazione Internazionale Felina ha messo al bando i gatti russi da tutte le competizioni internazionali.

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    L’UE introdurrà meccanismo di sanzioni contro propaganda di regime e disinformazione (a partire dalla Russia)

    Bruxelles – Come bombe, mortai e mitragliatrici, “anche la propaganda di Vladimir Putin è uno strumento di guerra che bombarda le menti di russi, ucraini e cerca di colpire anche le nostre”. L’avvertimento è arrivato dall’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, intervenuto questa mattina (martedì 8 marzo) al dibattito in sessione plenaria del Parlamento UE sulle interferenze straniere nell’Unione Europea. La risposta di Bruxelles è già arrivata la settimana scorsa, con la sospensione della distribuzione dei media statali Russia Today e Sputnik, ma in cantiere è in costruzione una visione più ampia: “Proporrò presto un meccanismo UE per imporre sanzioni alle fonti maligne di informazioni e di propaganda, stiamo mettendo insieme gli strumenti necessari”, ha anticipato Borrell.
    Di fronte a una plenaria quasi all’unanimità compatta dietro alla relazione presentata dall’eurodeputata lettone Sandra Kalniete (PPE), l’alto rappresentante UE ha fornito qualche dettaglio sulla futura proposta di un meccanismo per le sanzioni contro la propaganda di regimi oppressivi: “Lo struttureremo attorno al rafforzamento della resilienza dell’Unione e dei nostri partner, in particolare della società civile, e attorno all’individuazione nel dettaglio di attività di ingerenza”, partendo dal “concetto di contrasto alla disinformazione portato avanti in due anni di pandemia”.
    La guerra in atto in Ucraina “ci mostra come la manipolazione delle informazioni sia uno strumento che si affianca all’assalto militare” e che colpisce indiscriminatamente all’esterno come all’interno del Paese. “Si è arrivati a un completo isolamento della popolazione russa, con una bolla che impedisce di sapere cosa sta accadendo”, ha messo in chiaro l’alto rappresentante UE.
    Borrell ha ricordato che la disinformazione colpisce la popolazione russa sia sulle ragioni dell’invasione, sia sulla situazione attuale in Ucraina: “Nelle settimane prima dell’assalto ha preparato il terreno all’invasione, invertendo causa ed effetto, dipingendo la Russia come vittima di un genocidio e l’Ucraina di Volodymyr Zelensky come un governo nazista da abbattere“. Si tratta non solo di “una distorsione della Storia”, ma anche “un racconto usuale per i russi”, che non possono avere accesso a un’informazione libera. Al contrario “il giro di vite contro i media in Russia ha portato alla criminalizzazione di quella che il Cremlino definisce falsa informazione”. In breve, “parlare di guerra anziché di operazione militare speciale può costare 15 anni detenzione“, ha ricordato l’alto rappresentante Borrell.
    Parlando di quanto l’UE vorrebbe fare per contrastare la propaganda russa (e non solo) con un regime di sanzioni pari a quelle contro oligarchi ed entità vicine al potere autocratico, Borrell ha precisato che “io non sono il ministro della verità, l’essenza delle nostre azioni è colpire gli attori esterni che cercano di influenzare in modo strutturale l’ambiente mediatico per danneggiarci”. Due esempi su tutti, Russia Today e Sputnik: “Sono asset nelle mani del Cremlino con la capacità di condurre guerre di informazione”, che “andavano bloccate perché sul combustibile dell’informazione si basano le azioni politiche dei cittadini e lo stato della democrazia“. Un pericolo che si avverte anche sul territorio dei Ventisette, Italia inclusa: “Bisogna individuare i casi più pericolosi, anche consultando la task force East StratCom” del Servizio europeo di azione esterna (SEAE).
    Prendendo parola dopo l’alto rappresentante, la vicepresidente della Commissione UE per i Valori e la trasparenza, Věra Jourová, si è detta “soddisfatta” che piattaforme come Netflix si siano ritirate dalla Russia, così come del fatto che diversi amministratori delegati di Big Tech “vogliano stare dalla parte giusta della Storia”. Jourová ha attaccato con forza il regime di Putin (“il copione non è cambiato dai tempi dell’Unione Sovietica“) e ha avvertito che “la verità è il nemico peggiore dei regimi oppressivi”. Di qui la necessità per Bruxelles di fare tutto il possibile per bloccare la disinformazione orchestrata dall’esterno, Russia di Putin in prima linea.

    La Commissione Europea si prepara a lavorare su misure restrittive che colpiscano i megafoni dei governi repressivi, come dimostrato dalla disinformazione e dalle ingerenze della Russia “come strumento di guerra”

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    La Russia tagliata dal programma di ricerca UE nello stesso giorno dell’attacco alla centrale nucleare di Zaporizhzhia

    Bruxelles – L’isolamento internazionale della Russia si intensifica e taglia fuori Mosca ormai su tutti i fronti, dallo sport all’industria, dall’economia alla finanza, fino alla ricerca e l’innovazione. Nello stesso giorno dell’attacco russo alla centrale nucleare di Zaporizhzhia (nel sud-est dell’Ucraina) che ha scatenato un incendio negli edifici secondari della struttura, l’UE ha deciso di sospendere la cooperazione con entità della Russia nell’ambito della ricerca e dell’innovazione sia del programma Horizon Europe sia del precedente Horizon 2020.
    “Ho chiesto ai miei servizi di sospendere qualsiasi pagamento agli enti russi nell’ambito dei contratti esistenti“, ha annunciato la commissaria europea per l’Innovazione e la ricerca, Mariya Gabriel. Inoltre, è stata decisa la “sospensione della preparazione dell’accordo di sovvenzione per quattro progetti del programma Horizon Europe che coinvolgono cinque organizzazioni di ricerca russe”, ha aggiunto la commissaria, specificando che “la firma di qualsiasi nuovo contratto sarà sospesa fino a nuovo avviso“. Durissimo il commento della vicepresidente della Commissione UE per il Digitale, Margrethe Vestager: “La cooperazione nella ricerca dell’UE si basa sul rispetto delle libertà e dei diritti che sono alla base dell’eccellenza e dell’innovazione” e “l’atroce aggressione militare della Russia contro l’Ucraina è un attacco contro questi stessi valori”.
    In quest’ottica è stato però rafforzato il sostegno a scienziati e ricercatori ucraini “che hanno dimostrato eccellenza e leadership nell’innovazione in molti campi”. La commissaria Gabriel ha spiegato che “siamo fortemente impegnati a garantire una continua e proficua partecipazione dell’Ucraina e delle entità ucraine”, da quando Kiev ha firmato l’accordo associazione per il programma UE sulla ricerca e l’innovazione Horizon Europe e per la Comunità europea dell’energia atomica (Euratom) nell’ottobre 2021. L’accordo di associazione entrerà in vigore quando l’Ucraina notificherà alla Commissione Europea il completamento del processo di ratifica. “Nel frattempo abbiamo adottato misure amministrative per garantire che i beneficiari ucraini possano ricevere finanziamenti dai programmi dell’UE”, ha ricordato la commissaria Gabriel: “Questa cooperazione nella scienza, nella ricerca e nell’innovazione rafforza l’alleanza tra l’UE e l’Ucraina per realizzare le priorità comuni”.
    Nel frattempo, il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, ha tenuto una conversazione telefonica con la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, sull’attacco alla centrale di Zaporizhzhia: “L’ho informata sul terrorismo nucleare dell’aggressore russo”, si legge in un tweet del presidente ucraino. “Prevenire è il nostro compito comune”, ha sottolineato Zelensky, aggiungendo che “all’ordine del giorno c’è stata anche la questione dell’adesione dell’Ucraina all’UE“.

    Talked to President of the European Commission @vonderleyen. Informed about the aggressor’s nuclear terrorism. Preventing it is our common task. Discussed strengthening sanctions against Russia. The issue of 🇺🇦’s membership in the #EU was also on the agenda. #StopRussia
    — Володимир Зеленський (@ZelenskyyUa) March 4, 2022

    Bruxelles ha sospeso qualsiasi pagamento a enti di ricerca russi nell’ambito dei contratti esistenti e la firma di nuovi contratti “fino a nuovo avviso”. Parallelamente è stato rafforzato il sostegno a scienziati e ricercatori ucraini

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    La cyber guerra

    Da anni ormai i conflitti conoscono un nuovo campo di battaglia, quello informatico: fra i confini, da attaccare o difendere, sempre più spesso, rientra anche quello della cyber sfera e il recente attacco della Russia all’Ucraina non fa eccezione.
    Ma cosa si intende per cyberguerra e in che modo agisce? Il termine si riferisce all’utilizzo di attacchi elettronici per compromettere l’infrastruttura informatica di un avversario, danneggiandone l’economia e diffondendo un senso di insicurezza e vulnerabilità tra la popolazione. Non è un mistero che la Russia, più di altri Stati, abbia sempre usato la minaccia informatica per determinare e difendere il suo potere, e sicuramente, meglio di altri paesi, è riuscita a integrare il cyberspazio nella sua dottrina della “guerra ibrida”. Questo ovviamente è stato possibile anche grazie a una legislazione ambigua in materia e all’assenza di organi di controllo specifici riconosciuti.
    Quello che sorprende nell’analizzare il conflitto in atto, sotto la lente della cybersicurezza,  è il numero di gruppi che si stanno posizionando su una o sull’altra fazione. Secondo alcuni media che in queste ore stanno osservando la situazione, nel conflitto russo-ucraino ci sono due fazioni compatte: hacker russi di varia natura e affiliazione (con un ruolo predominante dell’intelligence militare), hacker bielorussi di regime, gruppi cybercriminali di matrice russa da un lato e  hacker ucraini e patriottici, cyberpartigiani bielorussi anti-Lukashenko, pezzi di hacktivism come Anonymous e GhostSec, dall’altro. In particolare, le cronache si sono concentrate sugli hacker russi del gruppo di Sandworm, a favore del Governo di Putin, e su quelli internazionali di Anonymous, apertamente a sostegno dell’Ucraina.
    La minaccia informatica è così importante per leggere questo conflitto nella sua complessità che l’inizio delle ostilità è stato preceduto da un azzeramento delle telecomunicazioni all’interno dell’Ucraina, mentre la presa di posizione di Anonymous con il conseguente blocco di siti strategici essenziali per la Russia – dal Cremlino alla Difesa, dall’agenzia spaziale agli organi di stampa – è la dimostrazione del potere che questi “cyber eserciti” possono esercitare all’interno delle politiche nazionali e sociali.
    Insomma, che il conflitto si combatta anche in rete è un’evidenza, non a caso dopo circa 24 ore dall’inizio della guerra il governo ucraino ha iniziato a reclutare volontari della comunità tech e hacker del Paese, ma anche dall’estero. La richiesta è stata non solo quella di contribuire a proteggere i sistemi nazionali, ma anche quella di condurre azioni contro i russi.
    Ma quali sono gli  attacchi informatici che vengono usati per combattere questa guerra digitale?  Uno di questi è il Distributed Denial of Service (DDos), una minaccia informatica tanto semplice da realizzare quanto efficace, poiché è in grado di mettere al tappeto un sito, un’azienda o intere infrastrutture critiche. Il DDos consiste nell’aumentare artificialmente il traffico verso un determinato sito, sovraccaricando il server e rendendolo così non accessibile agli utenti. Si è consumato così l’attacco del 23 febbraio scorso, diretto contro i siti del ministero ucraino degli Esteri, della Presidenza del consiglio dei ministri e del Parlamento. Simile a questo esiste anche il Telephone Denial Of service (TDos) un attacco informatico che, usando la medesima tecnica di mettere sotto pressione le linee telefoniche, è capace di interrompere le comunicazioni di una determinata area. Non mancano all’appello l’utilizzo di ransomware e phishing. I primi sono virus che possono bloccare l’accesso a un dispositivo o a un server richiedendo alle vittime di pagare un riscatto, mentre i secondi sono attacchi hacker in grado di sottrarre informazioni riservate. Interessante in questo senso l’annuncio di sostegno alla Russia lanciato via web dal team Conti – che usando l’omonimo ransomware ha fatto non pochi danni a enti pubblici, aziende sanitarie e imprese, anche in Italia. L’adesione non è certo stata una sorpresa visto che alcuni dei suoi componenti sarebbero basati in Russia e sembrerebbero collegati all’apparato di intelligence del Cremlino.
    Ma la domanda che ora tutti si pongono è se questo aspetto del conflitto potrà coinvolgere gli stati vicini. Italia compresa.
    Nicola Mugnato è co-founder di Gyala, startup che produce prodotti di cyber sicurezza

    Da anni ormai i conflitti conoscono un nuovo campo di battaglia, quello informatico: fra i confini, da attaccare o difendere, sempre più spesso, rientra anche questo e il recente attacco della Russia all’Ucraina non fa eccezione

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    Da oggi nell’UE è sospesa la diffusione della propaganda di Russia Today e Sputnik: “In guerra, le parole contano”

    Bruxelles – È anche una guerra di disinformazione e propaganda quella scatenata dalla Russia contro l’Ucraina. Mosca sta cercando di diffondere immagini e narrazioni dell’invasione in atto da una settimana totalmente manipolate sia in patria sia all’estero. Ed è questo che l’Unione Europea non può più accettare. Dopo l’annuncio della presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, di domenica (27 febbraio), sono state adottate oggi le sanzioni contro gli organi di propaganda del regime di Vladimir Putin, attraverso la sospensione della distribuzione dei media statali Russia Today e Sputnik su tutto il territorio dell’Unione.
    La decisione è stata presa dal Consiglio dell’UE all’interno del nuovo pacchetto di sanzioni contro la Russia di Putin, che hanno colpito, oltre alla propaganda di regime, anche la Banca centrale russa e l’accesso di sette banche al sistema di pagamenti internazionali Swift. “Russia Today e Sputnik sono essenziali e strumentali nel portare avanti e sostenere l’aggressione della Russia contro l’Ucraina”, si legge nella nota del Consiglio. Per Bruxelles si tratta di “una minaccia significativa e diretta” all’ordine pubblico e alla sicurezza dell’Unione Europea, dal momento in cui “entrambi fanno parte di uno sforzo coordinato di manipolazione delle informazioni”, come documentato dalla task force East StratCom del Servizio europeo di azione esterna (SEAE) contro la disinformazione. Già la settimana scorsa, nel pacchetto di sanzioni contro la cerchia più stretta di Putin, era stata inclusa la caporedattrice della sezione inglese di Russia Today, Margarita Simonyan, per i contenuti di disinformazione che prendevano di mira l’Ucraina e il suo presidente, Volodymyr Zelensky.
    “Data la gravità della situazione” e “in risposta alle azioni di propaganda della Russia che destabilizzano la situazione in Ucraina”, l’UE ha ritenuto “necessario e coerente con i diritti e le libertà fondamentali” introdurre nuove sanzioni per sospendere le attività di trasmissione dei due organi di disinformazione attraverso tutti i mezzi di distribuzione: cavo, satellite, IPTV (sistema di trasmissione di segnali televisivi su reti informatiche), piattaforme, siti web e app. Licenze, autorizzazioni e accordi di distribuzione sono “immediatamente sospesi” sul territorio di tutti i 27 Stati membri.
    “In questo tempo di guerra, le parole contano“, ha attaccato la presidente von der Leyen. È per questo motivo che “non permetteremo agli apologeti del Cremlino di versare le loro bugie tossiche che giustificano la guerra di Putin o di seminare i semi della divisione nella nostra Unione”, dopo aver preso di mira “in modo oltraggioso un Paese libero e indipendente”. Durissimo anche l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell: “La manipolazione sistematica dell’informazione è applicata come strumento operativo nell’assalto all’Ucraina”. Borrell ha definito le sanzioni contro la propaganda della Russia come “un passo importante contro l’operazione di manipolazione di Putin, chiudendo il rubinetto dell’UE ai media controllati dallo Stato“.

    In this time of war, words matter.
    The EU adopted sanctions against the Kremlin’s disinformation and information manipulation assets.
    State-owned outlets Russia Today and Sputnik are suspended across the EU, as of today.
    Learn more → https://t.co/EmOYaxmQ9f pic.twitter.com/xsbcr1lmMt
    — European Commission 🇪🇺 (@EU_Commission) March 2, 2022

    Nel nuovo pacchetto di misure restrittive contro la Russia è stata inclusa la sospensione della distribuzione dei due media statali su tutti i mezzi, per arginare la disinformazione sull’invasione dell’Ucraina da parte del regime di Putin

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    E ora l’UE prepara un nuovo pacchetto di sanzioni “per sopprimere la crescita della Russia e far salire l’inflazione”

    Bruxelles – “Saranno sanzioni durissime, che sopprimeranno la crescita economica e industriale della Russia”. Oltre le parole di condanna, la reazione dell’UE di fronte all’invasione dell’Ucraina di questa notte da parte delle forze armate di Mosca rimane sui binari delle sanzioni contro la Russia del presidente Vladimir Putin. Uno strumento da impiegare “in maniera massiccia”, con effetti “enormi” sull’economia, le finanze e l’industria, che “renderà al Cremlino impossibile continuare con la sua azione aggressiva in Ucraina“. A confermarlo è la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, nel corso della conferenza stampa congiunta con il presidente del Consiglio UE, Charles Michel, e il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg.
    A nemmeno 24 ore dall’approvazione del primo pacchetto di sanzioni, l’UE è pronta a mettere sul tavolo nuove misure restrittive contro la Russia, che “limiteranno l’accesso ai mercati dei capitali, eroderanno la base industriale, aumenteranno l’inflazione, intensificheranno i deflussi di capitale e aumenteranno i costi di prestito”. Secondo quanto anticipato dalla leader dell’esecutivo comunitario, le sanzioni “limiteranno anche l’acceso alle tecnologie critiche, per tagliare fuori l’industria russa da tutto ciò che può rispondere ai bisogni a livello high-tech e di software d’avanguardia”. Il coordinamento sulle misure restrittive sarà non solo con i partner degli Stati Uniti, Canada e Regno Unito, ma “anche con Norvegia, Giappone e Australia”, mentre con il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, è stato concordato un “supporto per l’organizzazione della difesa dall’attacco militare in corso“, ha aggiunto von der Leyen: “La Russia pagherà un prezzo pesante”.

    Spoke to President @ZelenskyyUa as he organises defence to the military attack from Russia.
    I reassured him that we are working non-stop to provide as much support as possible. Will discuss with other G7 leaders and at #EUCO later today.
    Russia will pay a heavy price.
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) February 24, 2022

    Oltre alle sanzioni contro la Russia, come confermato da entrambi i leader UE, “eravamo pronti da settimane al peggio” e per questo motivo “abbiamo rafforzato la nostra preparazione” sul piano delle forniture di gas, della sicurezza informatica e per l’accoglienza “immediata” di rifugiati dall’Ucraina. L’attacco a Putin è unanime: “Dovrà spiegare tutte queste cose ai suoi cittadini, sappiamo che il popolo russo non ha mai voluto questa guerra“. Ma per l’UE e la NATO, “è un dovere morale scagliarci contro un atto di aggressione sul suolo europeo”, che “ha ottenuto l’effetto esattamente opposto a quello sperato: siamo ancora più uniti e determinati di prima, nelle volontà e nelle azioni”, hanno ribadito con forza von der Leyen, Michel e Stoltenberg.
    Una manifestazione davanti all’Ambasciata russa a Bruxelles (Foto: Sebastian Robustelli Balfour)
    Proprio Stoltenberg aveva poco prima sottolineato l’unità tra gli alleati NATO nella risposta all’invasione russa dell’Ucraina e nel rafforzamento del fianco orientale dell’Alleanza. Ricordando che “è nostro dovere difendere tutti gli alleati”, il segretario generale NATO ha confermato ai due leader UE che “le sanzioni contro la Russia sono un grande segnale di unità e dimostrano quanto Mosca sia isolata“. A questo proposito, una discussione sulla portata del nuovo pacchetto di misure restrittive sarà sul tavolo dei capi di Stato e di governo dell’Unione Europea questa sera a Bruxelles, insieme a un pacchetto a sostegno del popolo ucraino. Attenzionata speciale è anche la Bielorussia di Alexander Lukashenko, da cui è partita un’incursione russa su territorio ucraino: “Avete l’opportunità di non seguire la Russia e di non far parte di questa tragedia ai danni dei vostri vicini”, si è appellato Michel a Minsk.

    I presidenti del Consiglio, Charles Michel, e della Commissione UE, Ursula von del Leyen, annunciano nuove misure restrittive “durissime” che “renderà al Cremlino impossibile continuare con la sua azione aggressiva in Ucraina”

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    L’UE invierà (in Ucraina) per la prima volta una squadra di esperti per sostenere un Paese sotto attacco informatico

    Bruxelles – Non ci sono solo le sanzioni contro la Russia e le autoproclamate Repubbliche Donetsk e Luhansk nella risposta dell’UE alla “violazione della sovranità dell’Ucraina”. Secondo quanto riferito ieri sera (22 febbraio) in conferenza stampa dall’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, Bruxelles è pronta a “inviare una missione di esperti per aiutare l’Ucraina ad affrontare gli attacchi informatici” che sta subendo da settimane.
    Si tratta del primo dispiegamento del Cyber Rapid Response Team, la squadra operativa di intervento rapido del programma di cooperazione per la difesa PESCO. Comprende una decina di funzionari nazionali di sicurezza informatica di sei Paesi membri (Croazia, Estonia, Lituania, Paesi Bassi, Polonia e Romania), che possono fornire assistenza ai Paesi UE ed extra-UE sotto cyberattacco. La richiesta di Kiev di ricevere il sostegno UE per affrontare gli attacchi informatici costanti alle infrastrutture critiche (civili e militari) era arrivata lo scorso 18 febbraio, in una lettera inviata dal ministro degli Esteri, Dmytro Kuleba, a Bruxelles che chiedeva anche l’invio di attrezzature tecniche e software.
    Il via libera è stato deciso durante il Consiglio Affari Esteri di lunedì (21 febbraio), al margine del quale l’alto rappresentante Borrell ha incontrato anche il ministro ucraino, confermandogli il sostegno dell’UE nell’affrontare gli attacchi informatici. A dire il vero, la disponibilità dell’Unione era già nota da metà gennaio, in occasione del primo cyberattacco su larga scala contro le infrastrutture di Kiev. Allora, Borrell aveva dichiarato senza mezzi termini che “l’Unione Europea sta mobilitando tutte le sue risorse per offrire supporto all’Ucraina” ed era anche stata convocata una riunione d’emergenza degli ambasciatori del comitato politico e di sicurezza “per capire quale assistenza tecnica si può fornire a Kiev”.
    Dopo l’episodio di gennaio, i siti web del governo ucraino sono stati colpiti la scorsa settimana da un’enorme quantità di attacchi mirati, che i servizi di sicurezza nazionali avevano indicato come “il più grande cyberattacco di sempre” al Paese. Nel 2017 l’Ucraina era stata anche l’epicentro di una ‘pandemia informatica’ di malware (programmi informatici usati per disturbare le operazioni svolte dagli utenti) nota come NotPetya, che aveva colpito l’Europa tra il 2016 e il 2017 e che si era poi diffusa in tutto il mondo, paralizzando multinazionali come il gigante danese delle spedizioni Maersk, della logistica FedEx e la società farmaceutica Merck.

    Quello a sostegno di Kiev sarà il primo dispiegamento del Cyber Rapid Response Team, la squadra operativa del programma di cooperazione per la difesa (PESCO) specializzata in risposte ai cyberattacchi

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    Singapore potrebbe diventare un partner dell’UE per espandere il commercio nella sfera digitale

    Bruxelles – Nella strategia UE per l’autonomia strategica nella sfera digitale, una parte consistente del lavoro della Commissione Europea riguarda la ricerca di parter affidabili con cui stringere accordi di collaborazione e di commercio. È per questo motivo che assume particolare importanza l’incontro di oggi (lunedì 14 febbraio) tra il commissario europeo per il Mercato interno, Thierry Breton, e il ministro per le Relazioni commerciali di Singapore, S Iswaran, che ha portato a un accordo informale sull’accelerazione del progetto di partnership digitale tra l’Unione e la città-Stato del Sudest asiatico entro la fine dell’anno.
    Alla luce della recente proposta dell’esecutivo comunitario sulla strategia UE sui microchip, il commissario Breton ha portato la discussione sul piano della “potenziale cooperazione” con Singapore per quanto riguarda l’approvvigionamento nell’industria dei semiconduttori. Dopo il confronto sulle priorità dell’European Chips Act, le due parti hanno concordato di affrontare la questione all’interno di gruppi di lavoro tecnici. Cooperazione e commercio bilaterale sono stati affrontati anche su altri temi digitali, come il rafforzamento della connettività e l’interoperabilità di mercati e quadri politici. Al centro del confronto ci sono lo sviluppo di infrastrutture sicure, flussi di dati affidabili, innovazione, competenze digitali per i lavoratori, trasformazione digitale di imprese e servizi pubblici.
    Un partenariato digitale tra UE e Singapore porterebbe a un rafforzamento degli investimenti reciproci, alla costruzione di catene di approvvigionamento più solide e alla facilitazione di opportunità imprenditoriali per l’innovazione di piccole e medie imprese e start-up. Breton e Iswaran hanno sottolineato che “il partenariato digitale dovrebbe essere una struttura flessibile che va oltre il dialogo e lo scambio di informazioni”, con l’obiettivo di “fornire risultati concreti” anche sul fronte delle tecnologie emergenti come il 5G e il 6G, l’intelligenza artificiale e l’identità digitale. Con l’obiettivo di siglare un accordo politico entro il 2022, dopo l’eventuale firma si terrà ogni anno una riunione ministeriale presieduta dal commissario Breton e dal ministro Iswaran, per fare il punto sui progressi rispetto alle priorità condivise.

    Today, #Singapore’s Minister S Iswaran and I confirmed our shared ambition to build a comprehensive 🇪🇺🇸🇬#DigitalPartnership!
    Concrete benefits for people and businesses. 5G/6G, AI, data, chips & more to come.
    See our joint statement here👇https://t.co/2uFX7kvdRR pic.twitter.com/9j62yJ9YJ1
    — Thierry Breton (@ThierryBreton) February 14, 2022

    Il commissario per il Mercato interno, Thierry Breton, ha concordato con il ministro del Commercio della città-Stato, S Iswaran, di rafforzare la connettività e l’interoperabilità dei mercati digitali anche sul fronte dei microchip