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    L’Ue rischia di avere un problema con il Montenegro nel processo di allargamento nei Balcani Occidentali

    Bruxelles – L’appellativo di ‘Paese più avanzato sulla strada di adesione all’Ue’ rischia di diventare un lontano ricordo per il Montenegro, considerati gli sviluppi politici dell’ultimo mese. Violente proteste sono scoppiate nella capitale Podgorica lunedì (12 dicembre) davanti alla sede dell’Assemblea nazionale, mentre una maggioranza risicatissima di forze filo-serbe ha dato il via libera a una contestata legge sui poteri presidenziali, che ha diversi tratti di potenziale incostituzionalità.
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il presidente del Montenegro, Milo Đukanović
    La gravità della crisi politico-istituzionale nel Paese balcanico ha raggiunto livelli allarmanti, anche considerato il fatto che manca ancora la nomina di tutti i membri della Corte Costituzionale. Senza la piena operatività dell’unico organismo che può valutare la legge sui poteri di nomina dell’esecutivo, lo stesso voto dell’Assemblea nazionale viene considerato dalle istituzioni internazionali non in linea con la raccomandazione della Commissione di Venezia (organo consultivo del Consiglio d’Europa, che ha un ruolo-chiave nell’adozione di Costituzioni conformi agli standard europei). “La nomina dei membri della Corte Costituzionale è necessaria per salvaguardare i diritti fondamentali dei cittadini”, ha messo in chiaro il commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi. Per Bruxelles “tutte le parti politiche interessate devono agire con urgenza per garantire la funzionalità operativa” della Corte, ha aggiunto il commissario, ribandendo che “per proseguire il percorso europeo, è necessario anche rispettare la decisione della Commissione di Venezia“.
    A scatenare le dure reazioni dei manifestanti montenegrini e le critiche internazionali è il via libera con una maggioranza risicatissima di 41 deputati (su 81) agli emendamenti alla legge sui poteri presidenziali da parte dell’Assemblea nazionale. Già lo scorso primo novembre, con la stessa maggioranza, era arrivata la prima approvazione al disegno di legge che permetterà agli stessi parlamentari di firmare una petizione per la designazione di un primo ministro (con il supporto della maggioranza assoluta, cioè 41), nel caso in cui il presidente si rifiutasse di proporre un candidato. In caso di assenza della maggioranza, lo stesso presidente avrà l’obbligo di organizzare un secondo giro di consultazioni con i partiti e proporre un candidato.
    Il premier dimissionario del Montenegro, Dritan Abazović
    Secondo la Costituzione del Montenegro il presidente deve organizzare le consultazioni e proporre un premier designato con il sostegno firmato di almeno 41 parlamentari entro 30 giorni. Tuttavia, lo scorso 20 settembre il numero uno del Paese, Milo Đukanović, ha proposto di tornare alle urne – a due anni dalle ultime elezioni parlamentari – dopo essersi rifiutato di confermare il leader dell’Alleanza Democratica (Demos), Miodrag Lekić, come nuovo primo ministro, a causa del ritardo nella presentazione delle 41 firme a suo sostegno. Il premier dimissionario, Dritan Abazović, ha scaricato le responsabilità della fragilità istituzionale sui presunti abusi dei diritti costituzionali da parte di Đukanović, mentre il Partito Democratico dei Socialisti (Dps) del leader montenegrino ha definito l’approvazione della legge un “colpo di stato costituzionale”.
    “Tutti gli attori politici in Montenegro devono agire con urgenza per garantire la funzionalità operativa della Corte Costituzionale e revocare gli emendamenti alla legge sui poteri del presidente, è fondamentale che tutti esercitino la massima moderazione e si astengano da ulteriori atti provocatori”, ha attaccato la portavoce della Commissione Ue per la Politica di vicinato e l’allargamento, Ana Pisonero. Il Montenegro “ha perso un’altra occasione per porre fine alla lunga crisi istituzionale”, dal momento in cui una Corte Costituzionale “pienamente funzionante e composta da membri competenti è fondamentale per salvaguardare i diritti fondamentali dei cittadini e progredire nel suo percorso europeo“, ha aggiunto la portavoce, chiedendo a Podgorica di “portare avanti senza indugio un processo di selezione adeguato e inclusivo”.
    L’instabilità del Montenegro
    Con le elezioni del 30 agosto 2020 in Montenegro erano cambiati gli equilibri politici, dopo 30 anni di governo ininterrotto del Partito Democratico dei Socialisti (Dps) del presidente Đukanović. Al potere era andata per poco più di un anno una colazione formata dai filo-serbi di ‘Per il futuro del Montenegro’ (dell’allora premier, Zdravko Krivokapić), dai moderati di ‘La pace è la nostra nazione’ (dell’ex-presidente del Parlamento, Aleksa Bečić) e dalla piattaforma civica ‘Nero su bianco’, dominata dal Movimento Civico Azione Riformista Unita (Ura) di Abazović. Lo scorso 4 febbraio era stata proprio la piattaforma civica ‘Nero su bianco’ a togliere l’appoggio al governo Krivokapić, appoggiando una mozione di sfiducia dell’opposizione e aprendo la strada a un governo di minoranza guidato da Abazović. L’obiettivo dichiarato dell’esecutivo inaugurato a fine aprile era quello di preparare le elezioni nella primavera 2023.
    Il premier dimissionario del Montenegro, Dritan Abazović, e il il commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi
    Lo stesso governo Abazović è crollato però il 19 agosto (il più breve della storia del Paese) con la mozione di sfiducia dei nuovi alleati del Dps di Đukanović, a causa del cosiddetto ‘accordo fondamentale’ con la Chiesa ortodossa serba. L’intesa per regolare i rapporti reciproci – con il riconoscimento della presenza e della continuità della Chiesa ortodossa serba in Montenegro dal 1219 – è stato appoggiato dai partiti filo-serbi, mentre tutti gli altri l’hanno rigettato, perché considerato un’ingerenza di Belgrado nel Paese e un ostacolo per la strada verso l’adesione all’Unione Europea. Da allora a Podgorica si è aggravata l’instabilità politica e istituzionale, con tentativi di ricreare l’iniziale maggioranza Krivokapić e appelli al ritorno alle urne.
    Dopo gli sviluppi del primo novembre all’Assemblea nazionale la tensione è aumentata esponenzialmente, fino al voto risicatissimo del 12 dicembre. Rimane evidente che né la maggioranza né l’opposizione sembrano in grado di formare un governo stabile e il voto sembrerebbe la soluzione più efficace, per permettere agli elettori di esprimersi su quale indirizzo dovrà prendere il Paese. In questo scenario va fatta attenzione a Europe Now, nuovo movimento europeista non rappresentato in Parlamento, che ha fatto registrare un notevole exploit alle amministrative di ottobre nella capitale montenegrina. La priorità rimane però la nomina di tutti i membri della Corte Costituzionale, mentre quello che fino a oggi poteva fregiarsi del titolo di ‘Paese più avanzato sulla strada di adesione all’Ue’ sta rischiando di scivolare verso il caos istituzionale.

    Diventano sempre più violente le proteste a Podgorica contro l’adozione della legge sui poteri presidenziali da parte dell’Assemblea nazionale, che violerebbe la Costituzione. L’Ue denuncia anche la mancata nomina dei membri della Corte Costituzionale, perché abbia pieni poteri

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    La Commissione europea lavora al nono pacchetto di sanzioni contro la Russia

    Bruxelles – A quasi due mesi di distanza dall’ultimo via libera, la Commissione europea ha confermato oggi (24 novembre) i lavori in corso a Bruxelles sul nono pacchetto di sanzioni contro la Russia per l’invasione dell’Ucraina. “Stiamo lavorando al nono pacchetto di sanzioni contro la Russia”, ha dichiarato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nel corso di un intervento in Finlandia, dove ha preso parte all’evento Into the woods, organizzato nel quadro del nuovo Bauhaus europeo.
    Senza fornire ulteriori dettagli su quali settori o quali misure potrebbero rientrare nel nuovo pacchetto di misure restrittive, la presidente ha chiarito che la Commissione europea sta lavorando “duramente per colpire la Russia dove fa male. Per ridurre ulteriormente la sua capacità di condurre una guerra contro l’Ucraina”, ha detto la leader dell’esecutivo comunitario . “Oggi posso annunciare che stiamo lavorando a pieno ritmo su un nono pacchetto di sanzioni”, ha aggiunto. “Sono fiduciosa che molto presto approveremo un tetto al prezzo globale sul petrolio russo con il G7 e gli altri principali partner. Non ci fermeremo finché l’Ucraina non avrà prevalso su Putin e sulla sua guerra illegale e barbara”, ha concluso. Fulcro dell’ottavo pacchetto di sanzioni contro la Russia era proprio la decisione di fissare un prezzo al petrolio russo trasportato via nave verso Paesi terzi.
    E’ nel contesto del G7 (che riunisce oltre all’Unione europea, Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito e USA) che si è concordato all’inizio del mese di settembre in linea di principio di introdurre un tetto massimo sul prezzo del petrolio russo trasportato verso i Paesi terzi, dal momento che i governi Ue avevano già deciso nel sesto pacchetto di sanzioni contro Mosca adottato a inizio giugno di tagliare entro la fine del 2022 il 90 per cento delle importazioni russe di petrolio in arrivo nel continente europeo, attraverso un embargo su tutto il petrolio in arrivo via mare e un impegno di Germania e Polonia a tagliare anche le proprie importazioni attraverso l’oleodotto Druzhba, che è rimasto esentato dall’embargo per andare incontro alle richieste del premier ungherese Viktor Orbán. L’embargo europeo dovrebbe entrare ufficialmente in vigore dal 5 dicembre.
    Von der Leyen ha ricordato che in Ucraina “a causa del barbaro e terroristico attacco di Putin al Paese”, le infrastrutture civili devono affrontare l’inverno in arrivo senza elettricità e, in molti luoghi, senza acqua corrente. Per colpa sua, i bambini, i loro genitori e i loro nonni stanno congelando al buio”, ha detto, condannando “fermamente questi attacchi barbarici” e definendoli “crimini di guerra”. Convinta che “i nostri amici ucraini supereranno questa tragedia. Perché sono forti e la loro causa è giusta”.

    Lo conferma Ursula von der Leyen, non entrando nel merito di quali settori o quali misure saranno contenute nel nuovo pacchetto di misure restrittive contro Mosca per l’invasione dell’Ucraina

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    Alleanza Russia-Iran è ricetta per la “guerra perpetua”. Von der Leyen annuncia che l’Ue lavora a nuove sanzioni contro Teheran sui droni

    Bruxelles – Da una parte l’Iran dall’altra la Russia. Ursula von der Leyen li mette nello stesso discorso per avvertire che con “la loro alleanza, Iran e Russia stanno minando le regole e i principi di base del nostro ordine globale”. E questa è la ricetta “per la guerra perpetua”. La presidente della Commissione europea lancia l’avvertimento durante i Manama Dialogue in Bahrein, organizzati dall’International Institute for Strategic Studies (Iiss), in un duro intervento sulle conseguenze (energetiche e sulla sicurezza globale) della guerra di Russia in Ucraina e sull’alleanza con l’Iran, che rischia di sovvertire l’ordine internazionale.
    La presidente della Commissione europea si scaglia contro i droni iraniani, lanciati anche in Europa dalla “Russia ha lanciato questi stessi droni iraniani, ripetutamente, contro obiettivi civili nelle città ucraine”. Per la presidente della Commissione europea “queste sono palesi violazioni del diritto umanitario e si qualificano come crimini di guerra”, ha detto sottolineando che “mentre lavoriamo per impedire all’Iran di sviluppare armi nucleari, dobbiamo anche concentrarci su altre forme di proliferazione di armi, dai droni ai missili balistici. È un rischio per la sicurezza, non solo per il Medio Oriente ma per tutti noi”, ha messo in guardia. Ha poi ricordato che l’Unione Europea “ha già sanzionato individui ed entità iraniane legate alla Guardia rivoluzionaria iraniana, responsabili della fornitura di droni alla Russia” ma Bruxelles si sta già coordinando con “partner e alleati per adottare ulteriori sanzioni contro l’Iran in risposta alla proliferazione di droni iraniani”.
    Per von der Leyen “alleandosi, Iran e Russia stanno minando le regole e i principi di base del nostro ordine globale”. La storia mostra che questa è una ricetta per la guerra perpetua. È una ricetta per la corsa agli armamenti e la proliferazione di armi di distruzione di massa. È una ricetta per la costante interferenza straniera, per la violenza e l’instabilità senza fine. E semplicemente non possiamo accettarlo”.

    A pleasure to be back at the @IISS_org Manama Dialogue.
    Bahrain is a driving force for dialogue and engagement in the region and beyond.
    I believe we face a historic opportunity⁰to build new ties between the EU and the Gulf ↓https://t.co/CJC3vQwNpl
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) November 18, 2022

    L’intervento della presidente della Commissione europea ai Manama Dialogue in Bahrein

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    I Ventisette hanno autorizzato la Commissione ad avviare i negoziati per dispiegare Frontex nei Balcani Occidentali

    Bruxelles – Il dispiegamento degli agenti Frontex su tutte le frontiere dei Balcani Occidentali si avvicina sempre di più. Dopo la raccomandazione della Commissione Europea dello scorso 26 ottobre, il Consiglio dell’Ue ha deciso oggi (venerdì 18 novembre) di autorizzare i negoziati con Albania, Bosnia ed Erzegovina, Montenegro e Serbia per ampliare gli accordi sulla cooperazione dell’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera.
    Gli accordi negoziati nell’ambito del nuovo mandato di Frontex consentiranno all’agenzia di assistere i quattro Paesi balcanici nella gestione delle persone migranti in arrivo, nel contrastare l’immigrazione irregolare e nell’affrontare la criminalità trans-frontaliera. I nuovi accordi consentiranno al personale Frontex di esercitare poteri esecutivi, come i controlli di frontiera e la registrazione delle persone.
    In altre parole, se il nuovo quadro giuridico sarà negoziato secondo i termini di Bruxelles, i corpi permanenti dell’Agenzia Ue potranno essere dispiegati in tutta regione: non più solo alle frontiere esterne dell’Ue ma anche alle frontiere interne tra Paesi terzi. In questo scenario, Frontex potrà operare con pieni poteri esecutivi anche alle frontiere tra Macedonia del Nord-Albania, Macedonia del Nord-Serbia, Albania-Montenegro, Montenegro-Serbia, Montenegro-Bosnia ed Erzegovina e Serbia-Bosnia ed Erzegovina. Rimane anche sul fronte della gestione congiunta delle frontiere il buco nero del Kosovo, dal momento in cui non c’è ancora l’unanimità tra i Ventisette sul riconoscimento della sua sovranità (Cipro, Grecia, Romania, Spagna e Slovacchia si oppongono).
    A oggi, il dispiegamento degli agenti può avvenire solo alle frontiere degli Stati membri dell’Unione (e senza poteri esecutivi). “Le sfide migratorie nella rotta dei Balcani Occidentali non iniziano alle frontiere dell’Unione”, ha commentato il ministro dell’Interno della Repubblica Ceca e presidente di turno del Consiglio dell’Ue, Vít Rakušan: “La cooperazione con i nostri partner, anche attraverso l’invio di personale Frontex, è essenziale per individuare e bloccare tempestivamente i movimenti migratori irregolari“. Secondo il ministro ceco, questo accordo “migliorerà la protezione delle frontiere esterne dell’Unione”, contribuendo allo stesso tempo “agli sforzi dei Paesi dei Balcani Occidentali per impedire ai contrabbandieri di utilizzare i loro territori come tappe di transito“.
    Lo stato dell’arte degli accordi Frontex con i Balcani Occidentali
    Gli accordi sullo status di Frontex nell’ambito del precedente mandato dell’Agenzia europea sono stati conclusi con l’Albania nell’ottobre 2018, con il Montenegro nell’ottobre 2019 e con la Serbia un mese più tardi, mentre dal 2017 è in stallo quello con la Bosnia ed Erzegovina, mai firmato dal momento dell’entrata in vigore del regolamento rivisto. È per questo motivo che per la Commissione era considerato cruciale il via libera alle raccomandazioni dal Consiglio dell’Ue, per autorizzare lo stesso esecutivo ad avviare i negoziati con Tirana, Podgorica, Belgrado e Sarajevo.
    Nel corso del tappa a Skopje dello scorso 26 ottobre (nel contesto del suo viaggio nei Balcani Occidentali), la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha messo il cappello sulla firma del secondo accordo con la Macedonia del Nord, che permetterà a Frontex di dispiegare squadre di gestione delle frontiere, sia alle frontiere con l’Unione (Grecia e Bulgaria) sia con gli altri Paesi balcanici extra-Ue (Serbia, Kosovo e Albania). Si tratta del primo documento ufficiale firmato dal momento dell’avvio dei negoziati di adesione all’Ue della Macedonia del Nord, in cui ha rivestito un ruolo significativo la traduzione anche in lingua macedone, “senza note, senza asterischi, su un piano di parità con tutte le 24 lingue dell’Unione Europea”, ha sottolineato von der Leyen.
    A questo si aggiunge un nuovo pacchetto di assistenza da 39,2 milioni di euro nell’ambito dello strumento di assistenza pre-adesione (IPA III) per rafforzare la gestione delle frontiere nei Balcani Occidentali. I finanziamenti di Bruxelles – arrivati a 171,7 milioni di euro – serviranno principalmente per l’acquisto di attrezzature specializzate, come sistemi di sorveglianza mobile, droni, dispositivi biometrici, formazione e sostegno ai Centri nazionali di coordinamento e creazione di strutture per “accoglienza e detenzione”, specifica l’esecutivo Ue.

    Con il via libera del Consiglio dell’Ue, l’esecutivo comunitario potrà negoziare con Albania, Bosnia ed Erzegovina, Montenegro e Serbia l’operatività dei corpi permanenti non più solo alle frontiere esterne dell’Unione ma anche alle frontiere interne tra Paesi terzi, garantendo poteri esecutivi

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    L’Ue partecipa allo sforzo collettivo per il potenziamento da 1 miliardo per i corridoi di solidarietà all’Ucraina

    Bruxelles – Un nuovo stanziamento di denaro per potenziare la capacità dei corridoi di solidarietà, per aumentare la sicurezza alimentare globale e per “fornire un’ancora di salvezza all’economia ucraina”. In una dichiarazione congiunta pubblicata oggi (venerdì 11 novembre), la Commissione Ue, la Repubblica Ceca, la Polonia, la Romania, la Slovacchia, la Repubblica di Moldova, la Banca europea per gli investimenti, la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo e il Gruppo Banca mondiale hanno annunciato una nuova mobilitazione pari a un miliardo di euro a sostegno dei corridoi di solidarietà, nell’ambito dell’iniziativa lanciata dell’Ue lo scorso 12 maggio per facilitare le esportazioni agricole dall’Ucraina e l’importazione di altri beni nel Paese aggredito militarmente dalla Russia.
    La Commissione Europea stanzierà “urgentemente” 250 milioni di euro in sovvenzioni per potenziare i corridoi di solidarietà: “A breve termine, sosterremo miglioramenti rapidi, in particolare con attrezzature mobili, per ridurre i tempi di attesa e migliorare la circolazione attraverso i valichi di frontiera e le loro vie di accesso”, si legge nella dichiarazione, mentre a medio termine “stiamo mobilitando il Meccanismo per collegare l’Europa (Cef) e 50 milioni di euro per sostenere gli sviluppi infrastrutturali necessari ad aumentare ulteriormente la capacità delle corsie preferenziali”.
    A questo importo si aggiungeranno altri 300 milioni di euro dalla Banca europea per gli investimenti entro la fine del 2023 “in progetti che rispondono agli obiettivi delle corsie di solidarietà” (come l’ammodernamento di strade e ferrovie), 300 milioni dalla Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo nel periodo 2022-2023 e 100 milioni dal Gruppo della Banca Mondiale da erogare nel 2023, soprattutto per riparazioni delle infrastrutture ferroviarie e stradali danneggiate dalla guerra. È in corso anche una discussione sul ripristino delle infrastrutture ferroviarie in Romania e Repubblica di Moldova fino ai confini dell’Ucraina, per sostenere le esportazioni e le importazioni critiche.
    L’obiettivo dello stanziamento complessivo da un miliardo di euro è quello di potenziare i corridoi di solidarietà, che “stanno raggiungendo i loro limiti di capacità”, sottolineano i sottoscriventi della dichiarazione: “Persistono colli di bottiglia e i costi logistici sono elevati“. Ecco perché, di fronte a un inverno in cui la situazione rimarrà delicata, è necessaria la mobilitazione di “investimenti significativi” per continuare a spingere le esportazioni di grano dall’Ucraina in tutto il mondo, ma anche l’importazione di beni essenziali nel Paese attraverso programmi nazionali e comunitari. “Le facilitazioni amministrative e operative devono continuare, anche per quanto riguarda lo snellimento delle procedure di attraversamento delle frontiere“, è l’avvertimento contenuto nella dichiarazione.

    Where Russia sowed destruction, Europe restored hope.
    The Solidarity Lanes have brought food to the world and revenues to 🇺🇦.
    Today we are investing €1 billion to boost the Lanes.
    The @EU_Commission is joining forces with 🇨🇿🇵🇱🇷🇴🇸🇰🇲🇩 @EIB @EBRD @worldbank.
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) November 11, 2022

    In soli sei mesi “sono state esportate più di 15 milioni di tonnellate di prodotti agricoli ucraini” – come grano, semi oleosi e prodotti correlati – su strada, ferrovia e attraverso i porti del Mar Nero e del Danubio, grazie ai corridoi di solidarietà. A questo va aggiunta l’Iniziativa sul Grano – che “ha contribuito a rilanciare le spedizioni di grano dai porti ucraini del Mar Nero, riducendo ulteriormente i prezzi dei prodotti alimentari a livello globale” – e si raggiungono così complessivamente “25 milioni di tonnellate di grano ucraino, semi oleosi e prodotti correlati tra maggio e fine ottobre verso i mercati mondiali, compresi i Paesi più bisognosi”, specifica la dichiarazione.
    Al momento però i corridoi di solidarietà sono “l’unica opzione per l’esportazione di tutti gli altri beni non agricoli ucraini verso il resto del mondo e per l’importazione di tutti i beni di cui l’Ucraina ha bisogno, come il carburante e l’assistenza umanitaria” ed è per questo che l’iniziativa europea costituisce a tutti gli effetti “l’ancora di salvezza dell’economia ucraina, restituendo agli agricoltori e alle imprese ucraine più di 15 miliardi di euro di reddito necessario”.
    Ma non solo. “I nostri corridoi di solidarietà mantengono l’Ucraina collegata al mondo ora e stanno avvicinando l’economia ucraina all’Ue, a lungo termine”, ha sottolineato la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, in un messaggio rivolto al presidente ucraino, Volodymyr Zelensky: “Puoi contare sulla solidarietà dell’Ue nei confronti dell’Ucraina per tutto il tempo necessario”.

    Dear @ZelenskyyUa, you can count on the EU’s solidarity with Ukraine for as long as it takes.
    Our Solidarity Lanes keep Ukraine connected to the world now.
    And they are bringing Ukraine’s economy closer to the EU, in the long-term. https://t.co/PHdJ9wfRMc
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) November 11, 2022

    In una dichiarazione congiunta la Commissione Ue ha annunciato che stanzierà “urgentemente” 250 milioni in sovvenzioni e altri 50 per gli sviluppi infrastrutturali. Dall’istituzione del canale di facilitazione delle esportazioni di grano, “sono state esportate più di 15 milioni di tonnellate”

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    La proposta della Commissione sui 18 miliardi di euro per l’Ucraina: la garanzia dal margine di manovra del bilancio Ue

    Bruxelles – Dopo poco più di due settimane dalle anticipazioni della presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, la proposta è arrivata. Come seguito delle discussioni dell’ultimo vertice dei leader Ue di fine ottobre, l’esecutivo comunitario ha presentato oggi (mercoledì 9 novembre) il suo piano per un pacchetto di sostegno da 18 miliardi di euro all’Ucraina per il 2023, come prestiti “altamente agevolati” da erogare in rate “regolari” e secondo un memorandum d’intesa con Kiev sulle riforme da attuare per garantire l’esborso dell’assistenza macro-finanziaria per tutto il prossimo anno.
    “La contrazione dell’economia ucraina è stimata del 35 per centro nel 2022 e l’inflazione al 30 per cento“, ha spiegato in conferenza stampa il vicepresidente della Commissione per l’Economia, Valdis Dombrovskis: “L’Ucraina ha bisogno del nostro sostegno, da febbraio Team Europe ha fornito insieme ai partner internazionali 19,7 miliardi di euro, più l’assistenza militare a parte”. Ma di fronte alle richieste di Kiev di rendere “stabile e prevedibile” l’assistenza europea, l’Unione sta delineando un nuovo modo di sostenere il Paese aggredito militarmente dalla Russia. Il nuovo strumento di assistenza macrofinanziaria Amf+ consentirebbe di rimborsare i prestiti in un periodo massimo di 35 anni, a partire dal 2033, mentre i tassi d’interesse dovrebbero essere coperti direttamente dagli Stati membri Ue “attraverso ulteriori pagamenti mirati”, che il vicepresidente Dombrovskis ha stimato sui “600 milioni di euro d’interessi all’anno a partire dal 2024”.
    Da sinistra: il vicepresidente della Commissione per l’Economia, Valdis Dombrovskis, e il commissario europeo per il Bilancio, Johannes Hahn (9 novembre 2022)
    Per garantire questa nuova assistenza macrofinanziaria all’Ucraina, la Commissione Ue ha proposto di utilizzare il margine di manovra del bilancio comunitario 2021-2027 (la differenza tra il massimale delle risorse proprie e i fondi effettivamente necessari per coprire le spese previste dal bilancio) in modo mirato per l’Ucraina e limitato nel tempo. Lo spazio di manovra è già utilizzato per garantire i prestiti per i programmi di assistenza finanziaria agli Stati membri ed è pensato per garantire agli investitori obbligazionari che gli importi prestati all’Ue per finanziare i prestiti ucraini saranno rimborsati in ogni circostanza. “Speriamo nell’approvazione dei co-legislatori del Parlamento e del Consiglio dell’Ue entro la fine dell’anno, per una prima erogazione a gennaio”, ha specificato Dombrovskis.
    In caso di via libera alle tre proposte legislative presentate dalla Commissione, i fondi saranno convogliati attraverso il bilancio dell’Ue con una media mensile di 1,5 miliardi di euro – che “risponde a necessità reali su salari, pensioni, ripristino del sistema energetico e idrico, alloggi, scuole e ospedali distrutti” – e il commissario europeo per il Bilancio, Johannes Hahn, ha reso noto che “vogliamo fornire a gennaio più della quota mensile” e che l’idea di massima è “un esborso trimestrale di 4,5 miliardi, in modo da garantire sempre una certa liquidità” a Kiev. A questo si aggiungerebbe un memorandum d’intesa con il governo ucraino per un piano di riforme, tra cui la lotta alla corruzione e le riforme giudiziarie, il rispetto dello Stato di diritto e la modernizzazione delle istituzioni nazionali e locali: “Per ogni tranche dovrà sempre essere rispettato, ma è un Paese in guerra e bisogna avere condizionalità realistiche e pragmatiche, date le circostanze“, ha precisato Dombrovskis.
    L’assistenza all’Ucraina nel 2022
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen (24 agosto 2022)
    Per quanto riguarda il sostegno già fornito nel corso di quest’anno, ancora prima dello scoppio della guerra in Ucraina l’Ue aveva stanziato un pacchetto da 1,2 miliardi, proprio considerato il rischio di invasione russa. Al Consiglio Europeo di fine maggio era stata presa la decisione di stanziare un pacchetto di assistenza macro-finanziaria complessivo da 9 miliardi. La prima tranche da un miliardo è stata erogata a inizio agosto, mentre il via libera ad altri 5 miliardi è arrivato a metà settembre: di questi ne sono già stati sborsati due, mentre sui rimanenti tre il vicepresidente della Commissione Ue Dombrovskis ha anticipato che “il prossimo pagamento da 2,5 miliardi dovrebbe arrivare entro la fine del mese e il restante mezzo miliardo entro la fine dicembre“. Del pacchetto complessivo da 9 miliardi manca però ancora una terza tranche da 3 miliardi, su cui la Commissione per il momento non ha fornito ulteriori informazioni.
    Dal 24 febbraio sono arrivati anche aiuti umanitari (pari a 485 milioni), per aiutare i civili ucraini colpiti dalla guerra, e finanziamenti militari (3,1 miliardi) attraverso l’European Peace Facility, lo strumento fuori bilancio per la prevenzione dei conflitti, la costruzione della pace e il rafforzamento della sicurezza internazionale, attraverso il finanziamento di azioni operative nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune (Pesc) che hanno implicazioni nel settore militare o della difesa.

    Il nuovo strumento di assistenza macrofinanziaria Amf+ permetterebbe a Kiev di rimborsare i prestiti in 35 anni (a partire dal 2033), mentre gli Stati membri Ue coprirebbero i tassi d’interesse. Si prevede un esborso trimestrale di 4,5 miliardi, ma deve arrivare il via libera dei Ventisette

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    Alla Cop27 von der Leyen guarda al “Sud del mondo”, è iniziata la corsa Ue all’approvvigionamento di materie prime e idrogeno

    Bruxelles – Materie prime per costruire tecnologie chiave per la transizione e idrogeno verde per attuarla. L’Unione europea è in “missione” alla Cop27 di Sharm el-Sheikh – la 27esima edizione della Conferenza delle Nazioni Unite sul clima – per alzare le ambizioni globali sul clima e sulla riduzione delle emissioni, ma non solo. E’ iniziata la corsa dell’Unione europea ad accaparrarsi materie prime e altri materiali raffinati indispensabili per attuare la transizione verde del Green Deal, stipulando a margine dei lavori ‘ufficiali’ partnership con i Paesi in via di sviluppo sull’idrogeno e sulle tecnologie pulite.
    Nelle prime due giornate di Summit dei leader Bruxelles ha già siglato due memorandum d’intesa, prima con il Kazakistan (nella giornata di ieri) e oggi con la Namibia su materie prime, idrogeno rinnovabile e batterie, in attesa di un terzo partenariato con l’Egitto che seguirà in queste ore. Asia e Africa, che l’Unione europea ritiene continenti strategici per rafforzare la sua strategia sulle materie prime e affrancarsi dalla dipendenza dalla Russia e dalla Cina per la produzione di tecnologie pulite e idrogeno rinnovabile.“Il Sud del mondo ha risorse in abbondanza ma è necessario fare squadra, ed è per questo che l’Unione europea sta firmando nuovi partenariati per l’idrogeno con Egitto, Namibia e Kazakistan e sostiene partner come il Vietnam e il Sudafrica nella decarbonizzazione delle loro economie”, ha rivendicato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nel suo intervento di oggi (8 novembre) al Summit dei leader della Cop27.

    The climate is changing faster than our capacity to adapt.
    Let us not take the highway to hell, but earn our clean ticket to heaven!#REPowerEU
    Let’s do this together. #GlobalGateway@antonioguterres https://t.co/KuKXslaueg
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) November 8, 2022

    La crisi dell’energia dettata in parte dalla dipendenza dell’Unione europea dalla Russia in termini di risorse energetiche ha aperto alla riflessione sulla necessità di non ripetere lo stesso errore anche per quanto riguarda le materie prime considerate critiche. Materie come il litio e il cobalto servono a produrre batterie e motori elettrici e le materie critiche a costruire le turbine eoliche (con magneti in terre rare) e i semiconduttori (polisilicio) su cui nel primo trimestre del 2023 presenterà una proposta legislativa. Oltre alle materie prime critiche l’Europa guarda soprattutto all’idrogeno ‘verde’ per la decarbonizzazione dei settori industriali difficili da decarbonizzare, come il siderurgico. E guarda soprattutto al Sud del mondo che “ha risorse in abbondanza, ma dobbiamo fare squadra”, ha avvertito. Il Sud del mondo ha risorse ma manca di finanziamenti, il Nord ha i finanziamenti ma non le risorse e quindi serve stabilire un patto di reciproca convenienza.
    La crisi dell’energia e dei prezzi trainata dalla guerra di Russia in Ucraina per von der Leyen deve essere “un punto di svolta” nella lotta ai cambiamenti climatici.  Fare meglio e farlo più in fretta. “La crisi globale dei combustibili fossili deve cambiare le carte in tavola”, ha avvertito la presidente della Commissione europea, raccogliendo l’appello di ieri del segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, a “non prendere l’autostrada per l’inferno, ma guadagnamoci un biglietto pulito per il paradiso”. Dal canto suo, l’Unione europea – che conta ‘appena’ l’8% delle emissioni su scala globale – sta già mantenendo la rotta tracciata per la neutralità climatica al 2050, attraverso l’attuazione del pacchetto legislativo ‘Fit for 55’, presentato a luglio 2021 con l’idea di abbattere le emissioni di gas serra del 55% (rispetto ai livelli del 1990) entro il 2030, come tappa intermedia per il target ‘zero emissioni’ entro metà secolo.
    La leader tedesca ha rivendicato che l’Ue “sta mettendo in atto il quadro legislativo più ambizioso al mondo”, insistendo affinché tutti “i principali emettitori aumentino le proprie ambizioni” e facciano altrettanto. Non li cita direttamente, ma il riferimento è soprattutto alla Cina, gli Stati Uniti e l’India, che rispettivamente rappresentano il 28% delle emissioni globali di gas serra, il 14% e il 7%. Se prima della fine del secolo scorso la maggior parte delle emissioni veniva prodotta da Stati Uniti e Europa, oggi le cose stanno cambiando e si assiste a un aumento significativo delle emissioni prodotte in altre parti del mondo, come Asia e soprattutto Cina. Non c’è dubbio che questa crisi abbia rafforzato ulteriormente la determinazione dell’Unione europea a lottare contro il cambiamento climatico. “Siamo e resteremo leader dell’azione per il clima, siamo determinati ad accelerare, siamo determinati a proteggere l’ambiente”, ha sottolineato anche il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ribadendo che la Russia ha scelto di usare l’energia come arma di destabilizzazione di massa, “direttamente sull’Europa e sui mercati energetici mondiali, e allo stesso modo il Cremlino ha scelto di usare prodotti alimentari e fertilizzanti”.
    Per l’Europa la risposta ai cambiamenti climatici e alla dipendenza energetica dalla Russia si chiama ‘REPowerEU’, il piano da potenziali 300 miliardi di euro varato a maggio per affrancare l’Unione europea combustibili fossili importati da Mosca. Un piano per l’indipendenza energetica che dovrebbe passare anche dallo “sviluppo massiccio delle energie rinnovabili”, ha sottolineato von der Leyen. Secondo le indicazioni della presidente dell’esecutivo comunitario, la capacità rinnovabile aggiuntiva dell’UE è destinata a più che raddoppiare quest’anno, fino a 50 Gigawatt, con la prospettiva di stabilire il prossimo anno un nuovo record assoluto di oltre 100 GW, se pure a condizione di produrne di più.

    Bruxelles sigla a margine della Cop27 due memorandum di intesa con Kazakistan e Namibia su materie prime, idrogeno rinnovabile e batterie e von der Leyen rilancia la necessità di guardare al Sud del mondo ricco in risorse ma povero di finanziamenti

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    L’Ue pronta a dare il via libera alla seconda tranche di sostegno macro-finanziario all’Ucraina da 5 miliardi di euro

    Bruxelles – Sbloccare due terzi dei fondi previsti dal pacchetto di prestiti di assistenza macro-finanziaria Ue all’Ucraina da 9 miliardi di euro annunciato dalla Commissione e approvato dal Consiglio a maggio. È sotto questa spinta che l’esecutivo comunitario ha presentato oggi (mercoledì 7 settembre) la proposta per dare il via libera alla seconda tranche da 5 miliardi di euro, dopo la prima da un miliardo già erogata a inizio agosto (mentre i restanti 3 arriveranno “al più presto”, precisano da Berlaymont).
    “Il sostegno dell’Ue all’Ucraina è incrollabile”, ha assicurato la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ricordando che il pacchetto di assistenza macro-finanziaria si pone l’obiettivo di “aiutare l’Ucraina a far fronte alle immediate necessità finanziarie causate dalla brutale invasione russa”. Nel momento dell’intesa con gli Stati membri al vertice dei leader Ue di fine maggio era stata proprio la numero uno dell’esecutivo comunitario a ricordare che “Kiev ha bisogno di 5 miliardi di euro al mese solo per garantire i servizi di base, come salari e pensioni” e Bruxelles deve tenere in considerazione questi bisogni quando promette supporto “incondizionato” al partner sotto attacco. Il pacchetto da 1,2 miliardi approvato a febbraio non è più sufficiente ed è per questo che le istituzioni europee hanno ritenuto necessario ampliarlo con un secondo filone da 9 miliardi totali – di cui 6 saranno presto sul piatto, non appena Parlamento Europeo e Consiglio dell’Ue approveranno la proposta arrivata oggi – sotto forma di “prestiti a lungo termine a condizioni favorevoli, da erogare in un numero ridotto di rate”, spiega la Commissione.
    Con il (quasi) via libera alla seconda tranche di fondi Ue di assistenza macro-finanziaria, sale a 10 miliardi di euro il supporto che Bruxelles ha fornito all’Ucraina in aiuti finanziari, umanitari e militari. Oltre ai 5+1 miliardi del secondo pacchetto e all’1,2 del primo, vanno considerati anche i 335 milioni dell’assistenza umanitaria per aiutare i civili ucraini colpiti dalla guerra e i 2,5 miliardi come finanziamenti militari attraverso l’European Peace Facility, lo strumento fuori bilancio per la prevenzione dei conflitti, la costruzione della pace e il rafforzamento della sicurezza internazionale, attraverso il finanziamento di azioni operative nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune (Pesc) che hanno implicazioni nel settore militare o della difesa.

    The situation in Ukraine requires our full support.
    Today the @EU_Commission proposes an additional €5 billion in macro-financial assistance for the country.
    This is on top of the €10 billion the EU already provided in financial, humanitarian and military aid. pic.twitter.com/B60lueYl0Q
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) September 7, 2022

    La Commissione ha presentato la proposta per sbloccare due terzi dei 9 miliardi promessi a Kiev (uno è già stato approvato). A questi fondi si aggiungono altri 4 miliardi tra i finanziamenti militari dell’European Peace Facility, il supporto umanitario e il piano approvato a febbraio