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Papa Francesco: 'Omelie di non più di 10 minuti, o il fedele si perde'

   Nel suo discorso ai vescovi e al clero della Slovacchia nella Cattedrale di San Martino, a Bratislava, papa Francesco ha voluto toccare un argomento che gli sta particolarmente a cuore, aprendo un’ampia parentesi ‘a braccio’ sulla predicazione. “Qualcuno mi ha detto che in ‘Evangelii gaudium’ mi sono fermato troppo sull’omelia, perché è uno dei problemi di questo tempo – ha esordito -. Sì, l’omelia non è un sacramento, come pretendevano alcuni protestanti, ma è un sacramentale! Non è una predica di Quaresima, no, è un’altra cosa. È nel cuore dell’Eucaristia”.
    “E pensiamo ai fedeli – ha quindi avvertito -, che devono sentire omelie di 40 minuti, 50 minuti, su argomenti che non capiscono, che non li toccano…”. “Per favore, sacerdoti e vescovi – ha esortato Francesco -, pensate bene come preparare l’omelia, come farla, perché ci sia un contatto con la gente e prendano ispirazione dal testo biblico”.
    “Un’omelia, di solito – ha prescritto -, non deve andare oltre i dieci minuti, perché la gente dopo otto minuti perde l’attenzione, a patto che sia molto interessante. Ma il tempo dovrebbe essere 10-15 minuti, non di più”.
    “Un professore che ho avuto di omiletica – ha ricordato il Papa -, diceva che un’omelia deve avere coerenza interna: un’idea, un’immagine e un affetto; che la gente se ne vada con un’idea, un’immagine e qualcosa che si è mosso nel cuore”.
    “Così, semplice, è l’annuncio del Vangelo! – ha sottolineato – E così predicava, Gesù che prendeva gli uccelli, che prendeva i campi, che prendeva questo… le cose concrete, ma che la gente capiva. Scusatemi se torno su questo, ma a me preoccupa…”.
    E dopo l’immediato applauso scaturito dalla navata, Bergoglio ha aggiunto: “Mi permetto una malignità: l’applauso lo hanno incominciato le suore, che sono vittime delle nostre omelie!”.
    Sempre nel discorso in Cattedrale ai vescovi e ai sacerdoti slovacchi, il Papa si è concesso un altro inciso ‘a braccio’ toccando il tema della Chiesa che dev’essere “segno di libertà e di accoglienza” e dell’annuncio del Vangelo che “sia liberante, mai opprimente”. “Sono sicuro che questo mai si saprà da dove viene – ha raccontato -. Vi dico una cosa che è successa tempo fa. La lettera di un Vescovo, parlando di un Nunzio. Diceva: ‘Mah, noi siamo stati 400 anni sotto i turchi e abbiamo sofferto. Poi 50 sotto il comunismo e abbiamo sofferto. Ma i sette anni con questo Nunzio sono stati peggiori delle altre due cose!’. A volte mi domando: quanta gente può dire lo stesso del vescovo che ha o del parroco? Quanta gente? No, senza libertà, senza paternità le cose non vanno”. (ANSA).
   


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